Il gigante sepolto è il settimo romanzo di Kazuo Ishiguro, il più recente, pubblicato nel marzo 2015, circa dieci anni dopo il celeberrimo, Non lasciarmi.
Anche in questo nuovo romanzo emergono due “linee guida” della scrittura di Ishiguro: l’uso libero e personale dei generi letterari e il tema ricorrente del ricordo e della sua fallacia. In Quando eravamo orfani l’autore ha giocato con il romanzo poliziesco; nella distopia Non lasciarmi con la fantascienza. Ora, ne Il gigante sepolto, usa in maniera complessa e originale gli stilemi del mito e del fantasy.
La prima cosa da dire su Il Gigante sepolto è che ha l’apparenza di un’opera fantasy ma non ne ha l’anima. Nonostante racconti (anche) di orchi, draghi e di un gigante e nonostante alcuni personaggi si aggirino brandendo spade e coperti di armatura, Ishiguro porta nel suo nuovo universo narrativo il medesimo semplice e splendente realismo di Ciò che resta del giorno, tutto ciò che evoca è solido, terreno, carico di umanità.
Dalle indicazioni possiamo situare il romanzo intorno al 500 d.C., diversi anni dopo la morte di Artù (personaggio di incertissima individuazione e datazione) in un’Inghilterra non troppo lontana dall’Età del ferro, nella quale vivono, in una pace incerta e conseguita a caro prezzo, Britanni, a ovest e Sassoni a est. Spesso i gruppi di Britanni vivono in insediamenti scavati dentro le colline. La descrizione della loro vita è realistica e attenta, ma Il Gigante sepolto non è un romanzo storico e le terre sono funestate da orchi che rapiscono bambini, e numerosi sono i riferimenti alla Materia di Britannia, soprattutto al ciclo arturiano.
Axl e Beatrice sono una coppia anziana, legata da un amore profondo e quotidiano; soggiogati da una misteriosa amnesia che ha colpito l’intera Britannia, improvvisamente i due trovano la forza di lasciare il villaggio e mettersi in viaggio per ritrovare un figlio di cui avevano dimenticato perfino l’esistenza. Nel corso del loro vagare faticoso incontrano numerosi personaggi, ognuno portatore di segreti e spinto al viaggio da motivi differenti: il guerriero sassone Wistan è una sorta di Beowulf incaricato di compiere una missione svelata in seguito; Edwin, il ragazzino che Wistan ha salvato da un orco, è dotato di particolari poteri e cerca di ricongiungersi alla madre perduta; un misterioso barcaiolo ha il compito di traghettare le persone a un’isola di morti, consentendo soltanto agli amanti sinceri di fare la traversata insieme; alcuni monaci espiano nel loro monastero peccati altrui che non hanno saputo o voluto impedire; Sir Galvano, ormai vecchissimo ma perennemente armato di spada e racchiuso in un’armatura arrugginita, è ben deciso a contrastare Wistan per compiere una missione alternativa.
Poco a poco i personaggi si rivelano al lettore, confrontandosi con le proprie ossessioni e, tutti, con la nebbia che ha fatto sprofondare la contrada in un oblio insieme mortifero, perché priva gli umani dei ricordi che lo rendono unico, ma anche salvifico perché – cancellando la memoria dei massacri compiuti dai Britanni per respingere i Sassoni – consente ai due popoli di vivere in una pace precaria. Il tema della memoria, molto caro a Ishiguro, attraversa l’intero romanzo; l’amore, il confronto tra la gioventù determinata di Wistan ed Edwin e la vecchiaia – che sfuma in impotenza – della coppia, dei monaci e di Galvano, il richiamo ad Artù e Merlino, ormai scomparsi da tempo, i ricordi di Axl che riemergono a sprazzi senza mai restituirgli un’identità definita, l’incontro di alcuni di loro fra le rovine di una villa romana in rovina, sottolineano che il loro tempo ormai trascorso. Alcune pagine, più struggenti, illuminano bene questa situazione: quando Beatrice si inerpica faticosamente lungo il fianco di una collina, chiedendo spesso a Axl che la segue: «Ci sei ancora, Axl?», «Ancora qui, principessa», risponde invariabilmente lui. Uno scambio di battute ordinario, che però sintetizza la sostanza, talvolta faticosa ma necessaria, di un matrimonio: esserci sempre, non perdere il contatto e insieme spinge il lettore e chiedersi quanto ancora durerà. L’intera narrazione è intrisa di malinconia, alla quale contribuisce la nebbia onnipresente che vela il paesaggio e lo rende indefinito, il continuo interrogarsi di Beatrice sul giudizio che il traghettatore darà del loro amore, il confondersi voluto dei piani narrativi, la scelta, insolita in Ishiguro, di narrare in terza persona, quasi a voler mantenere le distanze. Ne Il gigante sepolto, come negli altri romanzi dell’autore, ogni tema rimanda a un altro e da ognuno si diramano altri spunti, inaspettati e di grande impatto. Il paragrafo finale in questo senso è pieno di echi: equivoco nel senso migliore, non scioglie e non tranquillizza.
Collocando il suo romanzo più recente a fianco delle altre opere dell’autore, ci rendiamo conto che ogni romanzo ha un gigante sepolto, con il quale i personaggi – e i lettori – dovranno fare i conti. In Un artista del mondo fluttuante, il narratore – un maestro di pittura in pensione nel Giappone del Dopoguerra – si rivelerà, a causa delle proprie scelte passate, molto meno apprezzabile di quanto ami rappresentarsi; in Ciò che resta del giorno il dignitoso maggiordomo di uno statista dovrà ammettere che non c’è dignità nel servire un datore di lavoro dal passato tanto compromesso; in Non lasciarmi, la rivelazione non riguarda le scelte del narratore bensì quelle di un’intera società. Talvolta, come in Un pallido orizzonte di colline e in Gli inconsolabili, i misteri non vengono interamente risolti. Sempre e comunque, i lettori hanno la sensazione che un’informazione cruciale sia stata omessa nella narrazione e le rivelazioni portano a un profondo senso di rimpianto.
Già esplorato da Ishiguro nei romanzi precedenti, il tema della memoria ha ne Il Gigante sepolto, come l’autore ha affermato l’autore in un’intervista1 del 2015, due dimensioni. Una privata, che impoverisce il passato e il futuro dei due coniugi cancellando la profondità del loro amore, la vita costruita insieme e il ricordo del figlio e, impedendo ad Axl e Beatrice di rispondere adeguatamente al traghettatore, negherà loro il viaggio insieme all’Isola dei Morti. D’altra parte l’oblio ha reso il loro amore innocente, cancellando gli screzi, i tradimenti, la superficialità che potrebbero averli divisi: se la memoria tornasse si amerebbero ancora? L’altra dimensione è collettiva: l’oblio potrebbe essere la salvezza di due popoli che altrimenti si odierebbero a morte.
Ma, chiede Ishiguro ai suoi personaggi e ai lettori, sprofondare nell’oblio è una strada praticabile? Il quesito è sempre attuale, gli umani di oggi – come quelli di ogni tempo – ci si devono confrontare su entrambi i piani, quello privato e quello collettivo.
A volte dimenticare è la scelta migliore perché mette fine ai desideri di vendetta e alla violenza che ne consegue […] È proprio vero che a volte non può esserci alcun reale progresso finché non si decide di abbandonare al passato qualcosa di doloroso; ma quanto si può andare avanti facendo finta che questo qualcosa non sia mai accaduto? 1
La nebbia evocata da Merlino – che nel romanzo cancella il ricordo dei massacri e del desiderio di vendetta – impedisce però di affrontarli e superarli: seppellire gli orrori è una soluzione che il nostro presente, funestato da ogni tipo di guerra civile, non può permettersi.
La scelta tra ricordare e dimenticare ciò che ci ha ferito come individui e come collettività rimanda al concetto di perdono; perdonare torti e ingiustizie nella convinzione che la controparte non li ha commessi per pura malvagità è un esercizio di saggezza difficile, che possiamo almeno sperare di cominciare a praticare.
Il Gigante sepolto suggerisce ai lettori interessati anche alla scrittura un problema interessante: la scelta della voce narrante. Contrariamente a quanto ha fatto in altri suoi romanzi, qui l’autore utilizza una terza persona che rispecchia il punto di vista di Axl e di Edwin con frequenti interventi del narratore onnisciente che, lontano dal tempo della narrazione, si rivolge direttamente ai lettori:
Non ho alcun desiderio di lasciar intendere che allora il territorio britannico fosse grossomodo questo e nient’altro […] Se aveste avuto l’agio di vagare per quelle terre in lungo e in largo […] Mi dispiace offrire quest’immagine del nostro paese al tempo, ma le cose stavano così.

Kazuo Ishiguro
L’autore spiega la propria scelta in un’interessante intervista di Anderson Tepper pubblicata nel marzo 2015 su Goodreads2 [traduzione mia].
Ci sono due passaggi narrati da Galvano e uno dal traghettore proprio alla fine ma altrimenti Il gigante sepolto è scritto in una terza persona che cerca di riflettere il punto di vista sia di Axl sia di Edwin, il ragazzo. La mia decisione di non usare la prima persona in modo estensivo aveva tutto a che fare con la mia ambizione di scrivere un romanzo che riguardasse la memoria collettiva, non quella individuale. In libri come Ciò che resta del giorno e Non lasciarmi l’intero universo del romanzo è nella mente di un personaggio. Ma per tentare di scrivere su una nazione e la sua memoria collettiva sentivo di non poter fare questo. Fin dall’inizio io ho sentito il bisogno di uscire dalla prima persona per guardare da una prospettiva più ampia…
Neil Gaiman ha definito Il Gigante sepolto un romanzo facile da ammirare, da rispettare e godere, ma difficile da amare.
Ho incontrato Ishiguro molti anni fa, aprendo Un pallido orizzonte di colline. Mi piacque ma persi di vista l’autore, per incontrarlo diverso tempo dopo in Un artista del mondo fluttuante, che, per così dire, mi fidelizzò. Quando inizio un romanzo di Ishiguro so già che dubiterò di tutti i personaggi, che non vorrò identificarmi in nessuno e che comunque chiuderò il libro con un sospiro. Mi torna in mente una frase detta da un amico della prima ora di LN, che citerò a memoria: «Le storie che vale la pena di leggere ci portano là dove non vogliamo andare». Ecco, Ishiguro è un autore con il quale sono sempre disposta a mettermi in viaggio.
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Note:
1. intervista a Kazuo Ishiguro di Francesca Borrelli, in Alias domenica 20.9.2015
2. www.goodreads.com interview with katzuo Ishiguro
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Opere di Ishiguro, tutte pubblicate da Einaudi:
Un pallido orizzonte di colline (1982)
Un artista del mondo fluttuante (1986)
Quel che resta del giorno (1989)
Gli inconsolabili (1995)
Quando eravamo orfani (2000)
Non lasciarmi (2005)
Notturni: 5 storie di musica e crepuscolo (2009)
Il gigante sepolto (2015)
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Kazuo Ishiguro, Il Gigante sepolto, Einaudi Supercoralli 2015 [ed. orig. 2015], pp. 315, € 20, trad. di Susanna Basso
Kazuo Ishiguro, Il Gigante sepolto, Einaudi Super ET 2016, pp. 328, € 13,00
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