
Uscito in America nel 1979, Ghost Story di Peter Straub approdò per la prima volta in Italia nel 1982 per Mondadori, uscendo con il titolo di La casa dei fantasmi, per poi passare alla Sonzogno, alla Biblioteca del Brivido della Fabbri e infine alla Bompiani. L’ultima edizione risale infatti al 2013, e da lì in poi il libro non è stato più ristampato. Il nostro plauso va dunque alla casa editrice Fanucci (che di Straub aveva già pubblicato Koko, Mr. X e Mystery) per aver riportato nelle librerie una nuova edizione di Ghost Story con una nuova traduzione a firma di Tessa Bernardi e una splendida illustrazione di copertina di Daniele Serra.
Veniamo all’autore, Peter Francis Straub. Nato a Milwaukee nel 1943 e morto a New York nel 2022. Si laurea in inglese all’University of Wisconsin e alla Columbia University, e dopo una breve parentesi come insegnante di inglese nella scuola che ha frequentato, si dedica a tempo pieno alla scrittura. La sua carriera inizia negli anni ’70, quando escono i romanzi mainstreamMarriages (1973) e Under Venus (1974). Poi, nel 1975, è la volta del primo romanzo dalle tinte soprannaturali, Julie, da noi uscito nel 1979 per l’Editoriale Corno. Seguono If You Could See Me Now (1977; tr. it. Patto di sangue) e Ghost Story (1979), che diviene un vero e proprio successo editoriale, tanto che poco dopo, nel 1981, viene adattato in un film con Fred Astaire. Straub pubblica due romanzi in collaborazione con Stephen King, Il talismano (1984) e il suo seguito La casa del buio (2001). Altri suoi romanzi includono la “trilogia della Rosa Blu”, composta da Koko (1988), Mystery (1990) e The Throat (1993), eMr. X (1999), un romanzo sul tema del doppelgänger. Nel corso della sua carriera, Straub ha collezionato diversi premi, come il British Fantasy Award, dieci Bram Stoker Awards, tre International Horror Guild Awards, quattro World Fantasy Awards e il titolo onorifico di Gran Maestro alla World Horror Convention nel 1997. Il giorno della sua scomparsa, il 4 settembre 2022, Stephen King ha scritto su Twitter: «Lavorare con lui è stata una delle grandi gioie della mia vita creativa», definendolo un Philip Roth del fantastico.
Come scrive Stephen King nel suo saggio sulla letteratura dell’orrore Danse Macabre,
«Ghost Story di Peter Straub è probabilmente il migliore dei romanzi soprannaturali pubblicati sulla scia dei tre libri che diedero il via a una nuova “ondata” di orrore negli anni Settanta – quei tre libri erano, ovviamente, Rosemary’s Baby [di Ira Levin], L’esorcista [di William Peter Blatty] e L’altro [di Thomas Tryon]».
Con una simile presentazione la recensione potrebbe anche finire qui, ma prima di affrontare alcuni aspetti di questo romanzo diamo qualche accenno di trama.
Nella dormiente cittadina di Milburn, New York, quattro anziani dell’alta società si riuniscono per raccontarsi storie di fantasmi. I membri della Chowder Society – questo è il nome con cui hanno ribattezzato la loro congrega – sono Rick Hawthorne e il suo socio Sears James, due distinti avvocati; John Jaffrey, di professione medico; e Lewis Benedikt, «l’uomo più attraente di Milburn» (p. 42). Quando i membri della Chowder Society si riuniscono, devono indossare vestiti eleganti, sorseggiare bourbon, fumare sigari, ma soprattutto devono raccontare storie terrificanti. Storie che facciano paura, non importa se vere o inventate. Ma a Milburn incombe un’antica minaccia, una minaccia che proviene da un oscuro passato e che torna a tormentare i quattro anziani di notte, sotto forma di incubi, tanto che la Chowder Society si vede costretta a chiamare un giovane scrittore di romanzi horror, Don Wanderley, per risolvere un mistero nato da un errore custodito in segreto. Don Wanderley è l’autore di un romanzo intitolato I guardiani notturni ed è il nipote di Edward Wanderley, il quinto membro della Chowder Society, morto tragicamente un anno prima. Assistendo agli orrori lentamente disvelati dalla penna di Peter Straub, Don teme che le sue storie abbiano preso vita.

Come afferma lo stesso Straub in un estratto di una lettera a King pubblicato in Danse Macabre, Ghost Story contiene le proprie versioni de Il mio parente, Maggiore Molineux di Nathaniel Hawthorne, Il giro di vite di Henry James e La caduta della casa degli Usher di Edgar Allan Poe. Come nota King, Straub gioca abilmente con tutti gli elementi classici della tradizione gotica e dell’orrore, delineando quello che lo scrittore del Maine definisce «uno stravagante miscuglio di tutti gli elementi convenzionali horror e gotici». Ci sono possessioni demoniache, un esorcismo da mettere in atto per liberare la città da una maledizione, atti di vampirismo e licantropia. C’è il motivo classico della casa infestata (come ne L’incubo di Hill House di Shirley Jackson), e ci sono persino i morti viventi, guidati da una terribile entità mutaforma che assume le sembianze di una femme fatale, un po’ come ne Il figlio della notte di Jack Williamson. A partire dal titolo, Peter Straub omaggia quella tradizione di ghost stories che vantava esponenti di spicco in autori come Henry James, Montague Rhodes James e Nathaniel Hawthorne. All’occhio attento, tra l’altro, non sarà sfuggito che i cognomi dei due protagonisti, gli avvocati Rick Hawthorne e Sears James sono un chiaro riferimento agli autori sopracitati. Con la figura del guardiano notturno che si cela sotto le sembianze del musicista afroamericano dottor Rabbitfoot (il cui nome è ripreso dalla Rabbit’s Foot Company, una compagnia di musicisti di inizio ’900), Straub sembra interpretare in chiave dark la storia del pifferaio di Hamelin. Ma non è tutto: sempre in Danse Macabre, Straub afferma: «Volevo anche giocare con la realtà, confondere i personaggi riguardo alla vera realtà delle cose. Perciò: ho ideato situazioni in cui i personaggi pensano di 1.) interpretare i ruoli di un libro; 2.) assistere a un film; 3.) avere delle allucinazioni; 4.) sognare; 5.) essere finiti in una fantasticheria personale». Ed ecco che all’interno del romanzo troviamo un sapiente gioco di piani di realtà, che confonde tanto i personaggi quanto il lettore. Giochi metanarrativi come il raggelante racconto di Sears James in un incontro della Chowder Society, vera e propria ghost story nella Ghost Story che ricorda i racconti puritani di Hawthorne, o la vicenda personale di Don Wanderley che si cela dietro alla genesi del suo romanzo, o ancora lo scontro tra le forze del bene e del male che si scatena nel cinema Rialto di Milburn, mentre sul grande schermo è proiettato il capolavoro di George A. Romero, La notte dei morti viventi.

Nel corso della lettura, viene spontaneo chiedersi: “Cos’è un fantasma? Chi è il fantasma?”. Come è naturale, le risposte possibili sono tante quante le chiavi di lettura. I fantasmi sono i segreti tenuti nascosti, il senso di colpa, gli incubi che infestano la mente dei protagonisti come oscure conseguenze del passato che si riflettono sul presente, o in un’ottica cristiana, come peccati commessi che prima o poi tornano a galla per essere espiati. La risposta che ci dà Peter Straub è forse la più inquietante: i fantasmi siamo noi. Ed ecco che trovano spiegazione le epigrafi poste all’inizio di alcuni capitoli, personali riscritture del mito di Narciso. Quando i personaggi chiedono alle creature cosa siano veramente, esse rispondono: Io sono te. Quando osservano un fantasma diventano come Narciso, colpito dalla propria bellezza riflessa in uno specchio d’acqua.
Si deve poi sottolineare che nel romanzo Straub fornisce una descrizione non convenzionale dei fantasmi, non li dipinge nella maniera in cui siamo soliti conoscerli, ovvero come spettri incappucciati o ectoplasmi ricoperti da lenzuoli bianchi. Chi sono i guardiani notturni, gli esseri che infestano la tranquilla cittadina di Milburn? Difficile rispondere: sono creature per certi versi simili a vampiri, lupi mannari e ghoul che si nutrono di morte, ma non sono nessuna di queste cose. A volte assumono la forma di persone care scomparse, altre sono semplici voci nella testa. Quel che è certo è che i guardiani notturni sono le creature che hanno popolato le storie del soprannaturale di ogni popolo ed età, sono più antichi dell’uomo, e attingono alle paure più ataviche dell’umanità e ai recessi più profondi dell’inconscio, insinuandosi persino nei sogni per manipolare la realtà.
Opera raffinata e complessa, affresco gotico che racconta un «lato nascosto dell’America», come scrive Straub, che si rivela un narratore di classe e “invisibile”, dotato di potenza espressiva e di notevoli doti immaginative. La caratterizzazione dei personaggi è ottima, la prosa è cristallina e la trama è costruita in modo scrupoloso, con una particolare attenzione ai dettagli.
Peter Straub, Ghost Story, Fanucci 2023, pp. 535, € 20.00 trad. Tessa Bernardi
Nota: si ringrazia l’Ufficio Stampa Fanucci per aver gentilmente inviato una copia del libro al recensore.
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