E, dal momento che in questo periodo stiamo lavorando sugli autori e le opere dell’Est, possiamo andare su un romanzo del 1922, di Evgenij Zamjàtin, Noi letto nelle ultime settimane in una vetusta edizione Feltrinelli del 1963… Come mi sia ritrovato il libro in casa non saprei dirlo, sinceramente, ma ancora più sorprendente il dato che non l’abbia mai letto.
Noi è un romanzo ampiamente presentato, come 1984 o The brave new world o La notte della svastica o, ancora, Il racconto dell’ancella, come un esempio di letteratura distopica, ovvero dell’affermazione di una forma di convivenza in una società compiutamente autoritaria, dove esiste e prevale un solo punto di vista definitivo sul reale. Da questo punto di vista Noi è un esempio magistrale di tale visione deformata della realtà. Il protagonista, D-503 – il cui nome è divenuto una sigla numerica assecondando le norme vigenti sotto lo Stato Unico –, scrive un diario personale che noi, lettori di un altro tempo e altro luogo, abbiamo l’occasione di leggere. D-503 si presenta come un matematico – non casualmente l’occupazione di Zamjatin –, costruttore di un apparecchio, l’Integrale elettrico di vetro, in grado di raggiungere altri mondi e di diffondere il verbo del Benefattore, la forza e la grandezza dello Stato Unico e della sua vita matematicamente perfetta. D-503 ha un rapporto, matematicamente definito, con O-90, una femmina scelta per lui dai Guardiani e con la quale conduce una relazione che settimanalmente e per un’ora gli permette di abbassare le tendine – unico momento di privacy accettabile – e dedicarsi a lei. Che il loro sia amore è ovviamente non detto e da un certo punto di vista, inaccettabile: semplicemente il loro è una delle tante relazioni che Benefattore concede al popolo di numeri che vive nello Stato Unico. Il problema, minuziosamente descritto da D-503 nel suo diario, è l’incontro con I-330, una donna della quale il costruttore inopinatamente si innamora, comportandosi come tutti coloro che sono colpiti da un sentimento incomprensibile, da un istinto che li spinge a cercare una compagnia che i Guardiani non ammettono.
Affetto da ciò che ritiene una grave malattia, gradualmente D-503 trova sempre meno credibile la costruzione eretta dal Benefattore, ma se ne duole, cerca di resistere, mentre I-330 lo spinge gradualmente a una resistenza recalcitrante, al dubbio vissuto come un’imperdonabile affezione.
La fedeltà di D-503 allo Stato Unico conosce lunghi momenti di stasi: il rapporto con l’enigmatica I-330 lo svuota, lo spinge a volere e disvolere e anche i suoi rapporti con i colleghi e i superiori divengono altrettanto tesi e insostenibili. È soltanto quando una serie di eventi si sovrappongono, tra i quali la propaganda per la Grande Operazione, «quella che renderà gli uomini finalmente felici come macchine», creando una crisi temporanea dello Stato Unico, che emergono le reali intenzioni di I-330: impadronirsi dell’Integrale e favorire la rivoluzione.
– Questo è insensato! È assurdo! Non capisci che ciò voi tramate è la rivoluzione?
– Assurdo perché la rivoluzione non può essere. Perché la nostra rivoluzione […] è stata l’ultima. E non ci può essere nessun’altra rivoluzione.
– […] E tu quale ultima rivoluzione vuoi? Non c’è un’ultima rivoluzione, le rivoluzioni sono senza fine.
Ovviamente la rivoluzione, l’ultima rivoluzione, non può che fallire e D-503 non potrà che normalizzarsi, accettando il meccanismo che libererà la sua mente da ogni desiderio, sogno, speranza e amore. Un finale amaro e gelido chiude il testo.
Un romanzo nato dalla disillusione di chi ha “smesso di essere bolscevico”, da un musicista matematico che chiese e ottenne l’esilio per poter continuare a scrivere ciò che riteneva importante, rigettando la dottrina del “realismo socialista” e la “prevalenza del quotidiano sul contemporaneo” [1].
Tradotto in inglese e in francese senza mai essere apparso in lingua russa, Noi entrò meritatamente a far parte del gruppo dei romanzi distopici, anche se la sua fama rimase per lungo tempo involontariamente oscurata da 1984 di Orwell, uscito negli anni ’30.
Un romanzo che è comunque meritevole di lettura, indipendentemente dalla tesi politica in esso contenuta. Duecento pagine cariche di un’angoscia esistenziale che non è facile dimenticare né rimuovere. Freddamente condotto con precisione matematica e disperata follia fino al suo inevitabile exit. Davvero notevole.
[1] dalla prefazione del curatore e traduttore Ettore Lo Gatto.Evgenij Zamjàtin, Noi, Mondadori Oscar Moderni Cult, 2020, pp. 264, € 14,00, trad. Alessandro Niero
Idem in e-book, € 7,99
Evgenij Zamjàtin, Noi, Fanucci, piccola biblioteca del Fantastico, 2021, pp. 224, € 10,00, curatela e trad. di Alessandro Cifariello
Idem in e-book, € 6,99
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