Tra i nostri lettori più attenti alcuni avranno notato che si tratta di una recensione già a suo tempo uscita sulle pagine di LN-LibriNuovi. Ma non si tratta di una banale ripetizione: la recensione di Emilio Patavini, uscita con la nuova edizione negli Oscar Mondadori, è anche un’occasione per proporre una recensione personale e partecipata e un’attenta riflessione sulla vita di P.K.Dick e sulle circostanze che hanno suggerito e spinto la creazione del testo. Buona lettura!
La prima traduzione italiana di A Scanner Darkly (1977), a cura di Valerio Fissore e Sandro Pergameno, uscì come Scrutare nel buio per l’Editrice Nord. Poi fu la volta della traduzione – a dir poco magistrale – di Gabriele Frasca, pubblicata prima da Edizioni Cronopio, poi da Fanucci e mantenuta anche da Mondadori per quest’ultima edizione uscita il 18 aprile nella collana Oscar Fantastica. Gabriele Frasca, tra l’altro, ha dedicato a questo romanzo il saggio L’oscuro scrutare di Philip K. Dick, edito da Meltemi. Nell’aletta posteriore di questa nuova edizione leggiamo che Philip K. Dick «è considerato uno dei più importanti scrittori postmoderni, tra i classici della letteratura contemporanea». Nessuna menzione alla fantascienza. Questo fatto, forse, può essere letto come una sorta di riabilitazione. Una ascesa al nobile pantheon degli scrittori mainstream. Per tutta la sua carriera letteraria, Philip K. Dick ha cercato di emergere da quello che lui stesso definiva il ghetto degli scrittori di fantascienza ed essere conosciuto come un autore, senza etichette di genere. Oggi è conosciuto come forse il più grande scrittore di fantascienza dello scorso secolo. A parte Confessioni di un artista di merda (1975), i romanzi mainstream di Dick non videro mai la pubblicazione mentre il loro autore era in vita. Al contrario, le sue opere di fantascienza ricevettero numerosi premi e riconoscimenti, e sono tuttora lette e apprezzate da generazioni di lettori. A questo proposito sembrano premonitrici le parole di Lawrence Ashmead, editor della Doubleday (la casa editrice che pubblicava i romanzi di fantascienza di Dick):
«La fantascienza è molto ghettizzata. Ricordo che cercavo di dire alla gente alla Doubleday di leggere Philip K. Dick, e che questi mi rispondevano: “Io non leggo fantascienza”. Ho sempre pensato che i libri di Phil si venderanno ancora tra quarant’anni, cosa che probabilmente non è vera per la maggior parte dei suoi contemporanei. Ho tentato di farlo uscire dalla fantascienza, ma non c’era modo. Non prendevano sul serio quel genere, tutto lì, e lo consideravano strettamente in termine di vendite. Solo che non era una realtà commerciale» (Lawrence Sutin, Divine invasioni. Vita di Philip K. Dick, Fanucci 2001, pp. 269-70)
Che lo si voglia o no, in questo Un oscuro scrutare l’elemento fantascientifico è quasi assente. Il romanzo si muove piuttosto tra i toni di un cupo thriller e le atmosfere di una distopia allucinata. Ma veniamo alla trama.
Orange County, California, 1994. Gli Stati Uniti si sono trasformati in uno «stato di polizia fascista» (p. 15), piagati da una nuova dilagante droga – la Sostanza M (dove “M” sta per “morte”). Il suo nome chimico è Mors ontologica, perché annienta lentamente chi l’assume.Robert Arctor è un agente infiltrato della Narcotici dalla doppia vita e dalla doppia identità. Bob Arctor vive come un comune tossicodipendente assieme ai coinquilini Ernie Luckman e Jim Barris, suoi compagni avventure tragicomiche e grottesche e di conversazioni assurde e deliranti. Bob è innamorato della sua spacciatrice di Sostanza M, una ragazza dai capelli neridi nome Donna Hawthorne. Come agente sotto copertura assume l’identità di Fred ed è tenuto a indossare una “tuta disindividuante”, una membrana capace di ricombinare abiti e volti sempre diversi al fine di mantenere segreta la sua identità. Fred si ritrova a indagare sul suo caso e finisce per sorvegliare se stesso e i suoi amici. A scrutare ogni suo minimo movimento sono le “olocamere”, scanner di videosorveglianza che lui stesso ha fatto installare nella sua casa, mentre i microfoni registrano ogni sua parola.
«Che cosa vede una telecamera?, si chiese. Voglio dire, che cosa vede per davvero? E fin dove? Anche dentro la testa? Fin dentro il cuore? Una passiva telecamera a luci infrarosse, come quelle che si usavano una volta, o un’olocamera tridimensionale, del tipo che si usa oggi, l’ultimo tipo, può vedere fin dentro di me, fin dentro di noi, in modo chiaro o in modo confuso, oscuro? Io spero che possa, pensò, vedere con chiarezza, perché io non riesco a vedermi dentro ormai. Io vedo solo tenebre. Tenebre fuori; tenebre dentro. Spero, per il bene di tutti, che le olocamere facciano di meglio. Perché, pensò, se all’olocamera è concesso solo un oscuro scrutare, come è concesso a me, allora siamo maledetti, e ancora maledetti, come lo siamo sempre stati, e così finiremo tutti morti, conoscendo molto poco e comprendendo male perfino quel piccolo frammento» (p. 253)
Questo accade perché Bob Arctor ha il cervello bruciato dalla Sostanza M, uno stupefacente «basato su una combinazione degli effetti della metanfetamina (comunemente nota come meth o speed) e dell’eroina» (Tessa B. Dick, La mia vita con Philip Kindred Dick, Electric Sheep Comics 2017, p. 185). Al pari delle anfetamine la Sostanza M causa un prurito insopportabile che può essere parzialmente alleviato stando ore e ore sotto la doccia, come accade a Jerry Fabin, convinto di lavarsi da invisibili afidi. Mentre l’episodio in cui, verso la fine del romanzo, Bob Arctor è in crisi di astinenza da Sostanza M «mostra i sintomi classici dell’astinenza da eroina, che includono forti dolori addominali, vomito e collassi» (p. 186). Inoltre, la Sostanza M è responsabile della distruzione del corpo calloso, un fascio di nervi che mette in comunicazione i due emisferi cerebrali, causando il fenomeno della divisione cerebrale o split-brain. Dick si documentò molto sugli esperimenti sullo split-brain condotti tra il 1959 e il 1968 dal futuro Premio Nobel per la Medicina Roger Sperry, professore di psicobiologia al California Institute of Technology. Sperry studiò alcuni soggetti epilettici in cui il corpo calloso era stato reciso per scopi terapeutici e scoprì che i due emisferi cerebrali funzionavano in modo autonomo. Non a caso, in una lettera del 29 gennaio 1975, Dick presentava Un oscuro scrutare «come uno studio quasi scientifico sul “cervello danneggiato dalle droghe”, ed esprimendo il suo orrore per la “sottocultura della droga”» (Carlo Pagetti, introduzione a Philip K. Dick, Un oscuro scrutare, Fanucci 2019,p. 10). Nel romanzo Dick cita direttamente gli studi di Sperry e il saggio L’altro lato del cervello: una mente in apposizione (1969) di Joseph E. Bogen. Test psicologici ed esami medici rivelano infatti al protagonista che la Sostanza M gli ha causato una separazione tra l’emisfero destro e quello sinistro, ovvero una scissione tra il sistema percettivo e quello cognitivo. Bob Arctor e l’agente Fred diventano così due persone diverse nello stesso corpo e, per di più, Fred spia Bob senza sapere di spiare se stesso, arrivando a perdere completamente la propria autocoscienza. Troviamo così rielaborato in modo originale il motivo letterario del doppio e della crisi d’identità: in un cortocircuito logico che solo Dick poteva creare, Bob Arctor si chiede che vita sociale abbiano gli agenti infiltrati della Narcotici, dove vivano; si domanda come qualcuno possa spacciarsi per uno di loro. Dall’altra parte dello schermo, alla stazione di polizia, Fred vede scorrere davanti a sé i filmati degli olovisori. Osserva le immagini registrate in casa sua, rivede se stesso e i suoi amici. I suoi colleghi, anch’essi avvolti da tute disindividuanti, gli fanno notare che sta osservando se stesso, in quella scena, senza sapere quale sia dei tre. Ma Fred ribatte che non andrebbe mai in giro con gli sbandati che abitano in quella casa, a fare discorsi senza capo né coda per ore e ore, e torna così a chiedersi cosa voglia dire spacciarsi per un impostore, per uno della Narcotici. Ma non trova risposta alla sua domanda. Chi abusa di Sostanza M comincia a percepire il mondo come rovesciato, riflesso in uno specchio. Ciò che è sinistro diventa destro, ciò che è destro diventa sinistro. Il mondo si tramuta in un oscuro scrutare. Il titolo originale, A Scanner Darkly, allude a un passo della Prima Lettera ai Corinzi(13:12), che nella versione della Bibbia di Re Giacomo recita: «for now we see through a glass darkly» (“poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro”). Uno dei primi romanzi di Dick, La città sostituita (The Cosmic Puppets, 1957) fu pubblicato inizialmente con il titolo alternativo di A Glass of Darkness (1956) su Satellite Science Fiction, riprendendo proprio questo passo delle epistole paoline. Degna di nota è anche la raccolta di racconti gotici In a Glass Darkly (1872) pubblicata dall’irlandese Sheridan Le Fanu.
«Attraverso uno specchio» ripeté Fred. Uno specchio oscurato, pensò; un visore oscurato, attraverso cui scrutare» (p. 288)
Per comprendere pienamente il romanzo, e cogliere i numerosi spunti autobiografici disseminati nelle sue pagine, bisogna tenere presente questa serie di eventi cruciali legati alla vita di Philip K. Dick:
1970. Agosto: Nancy Hackett – quarta moglie dello scrittore californiano – lascia Phil, portando con sé la figlia Isolde “Isa” Freya Dick. Dick si ritrova a vivere da solo, al 707 di Hacienda Way, Santa Venetia, Marin County, California. Apre la sua casa prima agli amici, poi a chiunque si presenti: alcolizzati, tossicodipendenti, spacciatori e strambi freaks di ogni tipo si trasferivano in casa sua senza pagare l’affitto e approfittavano della generosità di Phil, che era solito regalare le sue pillole. Abusa di anfetamina: «Queste pillole per la felicità si stanno rivelando pillole per gli incubi» (Sutin, cit., p. 227), annota nel suo diario. La sua casa è nota come la “Casa dell’Eremita”, ma Phil è un eremita gentile con tutti. Tom Schmidt, uno dei suoi coinquilini di allora, ricorda: «Tra le persone che ho conosciuto, dovessi passare l’eternità con una di loro, la passerei con Phil» (Sutin, cit., p. 229). Verso la fine del 1970 conosce una ragazza dai capelli neri, Kathy Demuelle, che all’epoca aveva diciassette anni: sarà lei a ispirare la Donna Hawthorne di Un oscuro scrutare, la Gloria di Valis e la Angel Archer de La trasmigrazione di Timothy Archer.
1971. Marzo: in preda alla depressione, dice a sua madre Dorothy di aver tentato il suicidio. Maggio: viene ricoverato nel reparto psichiatrico dello Stanford University Hospital. Dichiara di assumere mille pasticche di metedrina a settimana, dieci mg di stelazina quattro volte al giorno e altri tranquillanti. Giugno: un freak di nome Daniel viene a vivere da Phil. Ha una strana mania: è convinto che il suo corpo sia invaso da afidi, proprio come Jerry Fabin in Un oscuro scrutare. Agosto: ricoverato al Marin General Psychiatric Hospital e alla Ross Psychiatric Clinic. In questo periodo di paranoia Phil sostiene che la CIA o l’FBI controlli il suo telefono e faccia irruzione in casa sua quando lui non c’è. È insospettito da una serie di presagi che gli fanno credere che la sua casa sarà attaccata. Phil e i suoi amici rischiano la vita sul monte Tamalpais a causa della rottura dei freni della sua auto (un episodio simile accadrà a Bob e ai suoi amici in Un oscuro scrutare). 17 novembre: la sua casa di San Rafael viene svaligiata. Finestre rotte; porte forzate; archivio a prova di incendio fatto saltare con l’esplosivo; carte, lettere e documenti rubati. “Grazie a Dio, non sono pazzo!” si disse Phil, rimanendo profondamente scosso da questo evento che si rivelerà centrale nella sua vicenda biografica. Elabora numerose teorie, senza mai trovare un vero colpevole: incolpa CIA, FBI, fanatici religiosi, agenti antidroga, neonazisti, Pantere Nere, spacciatori di droga. Uno dei suoi coinquilini, Tom Schmidt, arriva a ipotizzare che sia stato lo stesso Phil a farlo. Quest’ultima ipotesi, appoggiata peraltro dalla polizia, è molto suggestiva e permetterebbe un parallelo tra il protagonista di Un oscuro scrutare, Bob/Fred, e il suo autore, Phil, che avrebbe scassinato il suo stesso schedario in preda a una sorta di stato dissociativo. Secondo l’amico e collega scrittore Ray Nelson, invece, lo schedario di Phil venne fatto saltare perché conteneva una busta di eroina, affidatagli nientemeno che dal fornitore di William Burroughs, lo scrittore junkie per eccellenza e padre della Beat Generation. Forse Phil è stato tradito proprio da Kathy, che secondo Ray Nelson era «una spacciatrice e un’informatrice della polizia» (Anthony Peake, Philip K. Dick. L’uomo che ricordava il futuro, Gremese 2017,p. 112) – questa ipotesi, se fosse vera, coinciderebbe perfettamente con il personaggio di Donna Hawthorne descritto da Dick in Un oscuro scrutare.
1972. Febbraio: viene invitato alla convention di fantascienza di Vancouver come ospite d’onore. Phil vorrebbe essere accompagnato da Kathy, ma viene abbandonato all’ultimo minuto. Va in Canada da solo, portandosi con sé una valigia e una Bibbia. La sua casa di Santa Venetia viene pignorata. Tiene un discorso all’Università della Columbia Britannica, poi pubblicato come L’androide e l’umano. In questo discorso troviamo in germe alcuni spunti che verranno ulteriormente sviluppati nel romanzo Un oscuro scrutare. Per esempio, si prenda in considerazione questo passaggio:
«“Vediamo come in uno specchio, in maniera confusa” diceva Paolo nella Prima lettera ai Corinzi. Non è che un giorno verrà proposta la seguente parafrasi: “Vediamo come in uno scanner passivo a raffi infrarossi, in maniera confusa”? Uno scanner che, come in 1984 di Orwell, ci osserva ininterrottamente? Il nostro televisore che ci osserva mentre noi lo guardiamo, divertito, annoiato o comunque intrigato così come noi lo siamo per quello che vediamo sul suo implacabile volto? Troppo pessimistico, troppo paranoico per i miei gusti. Credo che la Prima lettera ai Corinzi sarà riscritta in questo modo: “Lo scanner passivo a raggi infrarossi vede dentro di noi in maniera confusa”, cioè non abbastanza bene da inquadrarci. Non che noi si sappia poi inquadrare bene il nostro prossimo o anche noi stessi. Ma forse anche questo è un bene: significa che siamo ancora aperti alla sorpresa e – contrariamente alle autorità, cui invece non piacciono affatto queste cose – potremmo scoprire alla dine che certi eventi e casi sono in realtà per noi assolutamente favorevoli» (Philip K. Dick, Lawrence Sutin (a cura di), Mutazioni. Scritti inediti, filosofici, autobiografici e letterari, Feltrinelli 1997, pp. 248-249)
Marzo: chiede di poter vivere a Center Point, centro di riabilitazione della Bay Area, e domanda alla scrittrice Ursula K. Le Guin di poterlo ospitare; entrambi rifiutano. Dopo la perdita «di tutto il suo mondo della Bay Area, Phil cadde in una dimensione sepolcrale. In seguito rivelò alla quinta moglie Tessa di certi tizi simili a mafiosi, vestiti con completi scuri, che lo infilarono in una limousine e lo portarono in giro in macchina per ore, facendogli domande che non ricordava. In tutto: un vuoto di memoria di due settimane. Quando ne uscì, stava per suicidarsi. Lo scenario fu il suo appartamento appena preso in affitto, e semivuoto, a Vancouver, il 23 marzo. Phil prese 700 mg di bromuro di potassio, un sedativo. Aveva scritto su un pezzo di cartone il numero di emergenza di un centro per la prevenzione dei suicidi, nel caso ci avesse ripensato all’ultimo momento» (Sutin, cit., p. 256). All’ultimo momento ci ripensa e viene salvato dai paramedici. Pur non essendo un tossicodipendente, viene portato all’X-Kalay, un centro di riabilitazione per eroinomani con regole molto rigide, su modello della comunità Synanon di Los Angeles. Resta all’X-Kalay per tre settimane: pulisce i bagni, lava i piatti, dà da mangiare ai bambini e partecipa a giochi di reciproche offese; tutti elementi che verranno trasposti in Un oscuro scrutare. Decide di smettere con le droghe.
Aprile: ritorna in California, si stabilisce a Fullerton, Orange County. Luglio: incontra Leslie “Tessa” Busby, una diciottenne dai capelli neri. Nell’aprile 1973 diverrà la sua quinta moglie. Inizia a scrivere Un oscuro scrutare, una dura condanna della sottocultura della droga, un’opera al tempo stesso cupa e commovente, quasi priva di elementi fantascientifici, ma che non manca di ironia. La prima stesura lo tiene occupato dal febbraio all’aprile 1973, per poi essere revisionata nell’estate 1975. In una lettera del 18 agosto 1975 scrive a Lawrence Ashmead, l’editor della Doubleday, che «Un oscuro scrutare non è fantascienza, no davvero, anche se suppongo che potresti metterlo sul mercato come fantascienza» (Pagetti, cit., p. 11). O ancora, in una lettera alla editor della Ballantine, Judy-Lynn Del Rey, ribadisce lo status di Un oscuro scrutare come romanzo mainstream:«Non è ambientato in un autentico futuro, è in effetti una metafora del nostro presente politico recente. Non è assolutamente autentica fantascienza. Pensavo che si fosse compreso. Evidentemente non è così» (Ibidem, pp. 11-12).
Un oscuro scrutare è forse il più personale dei romanzi dickiani. Come scrive Phil nella Nota dell’autore:«Io stesso non sono un personaggio di questo romanzo: io sono il romanzo» (p. 372). Molti sono infatti gli spunti autobiografici disseminati nel romanzo. A p. 187, per esempio, Bob Arctor sente alla radio un dj dedicare un brano a Phil e Jane. La scelta di questi due nomi – Phil e Jane – è tutt’altro che causale e non può passare inosservata a chiunque conosca la vicenda biografica di PKD, e in particolare l’ossessione di Phil per la sorella gemella Jane, morta qualche settimana dopo il parto prematuro. All’inizio del secondo capitolo del romanzo Dick racconta la storia dell’inventore della tuta disindividuante, un dipendente dei laboratori Bell di nome S.A. Powers (Powers come Tim, amico e collega scrittore di Phil). Dopo essersi iniettato in vena «una sostanza considerata innocua e lievemente euforizzante» (p. 31), Powers sperimenta «un’impressionante attività di fosfeni proiettati contro la parete della sua camera da letto, un montaggio in progressione frenetica di ciò che, in quel momento, gli parve pittura astratta moderna»: in stato di trance, assiste infatti al susseguirsi di migliaia di quadri di Picasso, Paul Klee, Modigliani e Kandiskij. Poiché l’Hermitage di Leningrado era specializzato in arte astratta, Powers giunge alla conclusione che i russi stessero cercando di mettersi in contatto telepatico con lui, dandogli così l’idea della tuta disindividuante. Sembra l’esatta trascrizione dei fenomeni fosfenici testimoniati da Dick in seguito alle esperienze del 2/3/74. Come scrivono gli autori dell’enciclopedia dickiana Philip K. Dick. La macchina della paranoia: «A metà marzo raccontò di avere visto, da sveglio, delle luci roteanti che si spostavano a grande velocità. “Per quasi otto ore continuai a vedere quei spaventosi vortici di luce.” La settimana successiva raccontò di un’altra visione. “Questa volta vidi dei disegni astratti in forma perfetta, che più tardi seppi provenire da libri d’arte, un po’ come le cose che faceva Kandinskij. Ce n’erano letteralmente a centinaia o migliaia, prendevano il posto l’uno dell’altro, a velocità abbagliante […] Riconobbi gli stili di Paul Klee e di uno o due periodi di Picasso.” L’interpretazione che Dick fornì di questa esperienza è che si trattasse di una comunicazione» (Antonio Caronia, Domenico Gallo, Philip K. Dick. La macchina della paranoia, Agenzia X 2006, p. 78). Nel romanzo postumo Radio libera Albemuth (1985), il protagonista e alter ego dell’autore, Nicholas Brady, sperimenta le immagini di migliaia di quadri di Klee, Chagall e Kandinskij, molti più di quanti gli artisti ne avessero potuti dipingere in vita, giungendo all’analoga conclusione che le visioni gli siano state trasmesse telepaticamente dal museo di Leningrado, noto per la sua collezione di arte astratta. Nei suoi romanzi Dick rielabora spesso episodi della sua stessa vita in forma narrativa. Ma non è tutto: verso la fine del romanzo, Donna Hawthorne è in macchina con Bob Arctor, in preda a insopportabili crisi di astinenza dalla Sostanza M. Fumandosi una pipa da hashish, Donna pensa a Tony Amsterdam, un uomo che dopo un trip da acidi e vitamine idrosolubili ha visto Dio. Nelle sue visioni mistiche Dio gli appare come una «cascata di scintille colorate, come quando c’è qualcosa che non va nel televisore» (p. 315). Ancora fenomeni fosfenici. Ancora rielaborazioni delle esperienze del 2/3/74. Una possibile spiegazione si può trovare nella biografia di Lawrence Sutin:
«[Dick] Aveva letto di alcune nuove ricerche psichiatriche che indicavano come dosi massicce di vitamine solubili migliorassero l’attivazione neurale negli schizofrenici. Ipotizzò che questi dosaggi vitaminici, su una personanormale, potessero elevare l’attivazione sincrona tra i due emisferi cerebrali, aumentando in tal modo sia l’efficacia pratica di quello sinistro sia la capacità immaginativa di quello destro. Trovò una “ricetta” in Psychology Today. La fonte quasi certa è l’articolo intitolato “Orthomolecular Psychiatry: Vitamin Pills for Schizophrenics”, dello psichiatra Harvey Ross, sul numero dell’aprile 1974 (che uscì, come accade per le riviste, un mese prima della data di stampa). Ecco la ricetta del dottor Ross per un ragazzo che soffriva di ipoglicemia e di visioni schizofreniche: una dieta a basso livello proteico, con pochi carboidrati e, dopo ogni pasto, 500 mg di niacin (vitamina B3), portati fino a 1000, dopo la prima settimana; 500 mg di vitamina C, portati a 1000 dopo il primo mese; 100 mg di vitamina B6; 100 mg di vitamina B2; 200 di vitamina E e una tavoletta di vitamine B multiple. Ognuna di queste vitamine era solubile. “Sperimentando”questa formula, Phil prese per sbaglio sette grammi in più di vitamina C rispetto al dosaggio richiesto. Risultato finale, come dichiara nell’Esegesi: “Entrambi gli emisferi entrarono in scena insieme, per la prima volta nella mia vita”. Furono le vitamine a stimolare quelle visioni così vivaci, nel 1974? Phil non si risolse mai a individuare una sola causa» (Sutin, cit., pp. 282-283).
O ancora, una delle pagine più divertenti di Dick, ovvero il grottesco suicidio di Charles Freck. Come sembra suggerirci il nome, Charles Freck è un freak, un dipendente da Sostanza M che vuole farla finita e decide di suicidarsi. Nel romanzo, Charles Freck, depresso per la sorte dei suoi amici tossici, decide di togliersi la vita in modo eccentrico, dedicando giornate intere «alla scelta dei manufatti che desideravi fossero scoperti sul tuo cadavere dagli archeologi dei tempi a venire, in modo che questi potessero evincerne da quale strato geologico, e dunque storico, provenissi. E anche perché potessero ricostruire cosa avessi nella testa al momento di compiere l’atto» (p. 254-55). Alla fine, Freck decide che sarebbe stato ritrovato disteso sul letto, con accanto una copia de La fonte meravigliosa di Ayn Rand «(questo avrebbe dimostrato che lui era stato un incompreso superuomo rifiutato dalle masse e pertanto, in un certo senso, assassinato dal loro disprezzo) e una lettera non completata alla Esso per protestare contro l’annullamento della sua carta di credito per la benzina. In questo modo avrebbe accusato il sistema e ottenuto qualcosa dalla propria morte, ben al di là di quanto la morte in sé avrebbe ottenuto» (p. 255). All’ultimo momento decide di non mandare giù le capsule rosse con un vino da quattro soldi, ma con un vino da intenditori; si precipita così a comprare una bottiglia di Mondavi Cabernet Sauvignon del ’71, costato la bellezza di trenta dollari. Ma una volta fatto tutto ciò si accorge di essere stato fregato: il suo spacciatore, infatti, non gli ha passato dei barbiturici, ma una nuova droga psichedelica. Ed ecco che si presenta al suo capezzale una creatura giunta da altre dimensioni:
«La creatura aveva molti occhi, sparsi su tutto il corpo, vestiva costosissimi abiti ultramoderni ed era alta circa due metri e mezzo. Inoltre, aveva con sé un enorme rotolo di pergamena. “Stai per leggermi i miei peccati” disse Charles Freck. La creatura annuì e srotolò la pergamena.Freck, disteso impotente sul suo letto, aggiunse: “E ci vorranno un centinaio di migliaia di ore”.Portando tutti i suoi occhi composti su di lui, la creatura giunta da altre dimensioni disse: “Noi non siamo più nell’universo mondano. Le categorie dell’esistenza materiale del mondo sublunare, come spazio e tempo, non sono più valide per te. Sei stato sollevato fino al regno del trascendente. I tuoi peccati ti verranno letti incessantemente, a turno, per tutta l’eternità. Questa lista non finirà mai”.Sempre meglio conoscere prima il tuo spacciatore, pensò Charles Freck; e desiderò riavere indietro l’ultima mezz’ora della sua vita.Un migliaio di anni più tardi, stava ancora disteso sul suo letto con il libro di Ayn Rand e la lettera alla Esso sul petto, ascoltando coloro che gli leggevano i suoi peccati. Erano giunti al periodo della sua prima elementare, quando aveva sei anni. […] Se non altro, il vino era buono, pensò Charles Freck.» (pp. 256-57)
La descrizione del suicidio di Freck sembra tragicamente preannunciare l’ultimo serio tentativo di suicidio di Dick, compiuto nel ’76, dopo aver lasciato la sua quinta moglie, Tessa. Ricorda Sutin: «Phil ingerì quarantanove tavolette di digitaleina ad alta concentrazione (oltre dodici volte la dose prescrittagli per la sua aritmia), e un assortimento di librium, Quide e Apresoline (un farmaco contro l’ipertensione, impiegato per ridurre la pressione alta), altre pillole e mezza bottiglia di vino» (Sutin, cit., p. 317). Ma alla fine Phil vomitò tutto, e il tentativo non andò come previsto.
Nella sua commovente nota finale, Dick dedica il romanzo ad «alcune persone che sono state punite eccessivamente per quello che hanno fatto» (p. 371), agli amici di strada che aveva ospitato nella sua casa. Riporta un elenco di quindici nomi, quindici persone che hanno pagato con la vita o con danni cerebrali permanenti l’abuso di droga. Nell’elenco Dick include anche se stesso con queste parole: «A Phil, danni permanenti al pancreas» (p. 373).
Se il personaggio di Donna Hawthorne è basato su Kathy Demuelle, la ragazza dai capelli scuri che ha aiutato Phil nel suo periodo più buio, ma che lo ha lasciato andare da solo in Canada, Jerry Fabin (il tizio degli afidi) si ispira a Daniel, coinquilino di Phil a Santa Venetia, mentre il machiavellico Jim Barris potrebbe basarsi su Peter, un «sinistro parassita che frequentava casa sua» (Peake, cit., p. 245) e sospettato da Phil di aver scassinato la sua casa. Ne La mia vita con Philip Kindred Dick, Tessa B. Dick nota: «Alcuni hanno ipotizzato che Bob Arctor, il protagonista di Un oscuro scrutare, fosse basato su Phil. In realtà il personaggio era basato in parte su un “Narc” (un agente in borghese della squadra narcotici) che avevamo incontrato e avuto modo di conoscere» (p. 49). Il personaggio cui Tessa si riferisce potrebbe corrispondere a George, fidanzato di Linda Levy (ragazza dai capelli scuri di cui Phil era perdutamente innamorato), «un personaggio piuttosto misterioso con i capelli lunghi e una macchina sportiva molto costosa, che diceva di essere un agente della narcotici sotto copertura» (Peake, cit., p. 129). Per la creazione della comunità fittizia di Nuovo Sentiero, Dick si ispira naturalmente alla sua esperienza nel centro di riabilitazione di X-Kalay, ma cita anche i centri californiani di Synanon e Center Point.
In questo documento del 13 aprile 1973, pubblicato in appendice a Blade Runner 1971: Il prequel (Terebinto 2018), Dick dichiara che sua moglie Tessa «ha contribuito in grande misura alla realizzazione del romanzo A Scanner Darkly, per cui le devo metà degli introiti da esso derivanti» (p. 104). Intervistata da me sulle colonne della rivista di fantascienza Robot (#97, primavera 2023), Tessa B. Dick ha affermato: «La mia influenza sull’opera di Phil consisteva soprattutto nelle sedute di brainstorming. Discutevamo trame, personaggi e così via. Mi sono anche occupata di gran parte della revisione dei manoscritti e delle bozze in colonna. Ho scritto diverse scene in A Scanner Darkly, in particolare la scena in cui la macchina di Bob Arctor si guasta e lui apre il cofano» (p. 106).
Un oscuro scrutare è un romanzo cupo, una riflessione personale in cui emergono molti elementi autobiografici nelle manie persecutorie dei personaggi e nei loro deliri paranoici. Il tono è tragicomico, venato di black humour, le atmosfere sono stranianti e deumanizzate, il linguaggio più colorito e realistico. A colpire sono soprattutto le lunghe sequenze dialogiche surreali e sconclusionate in cui i personaggi, resi inerti dalla Sostanza M, non fanno altro che discutere in «vaneggiamenti privi di senso e frustranti» (p. 266) che per la loro carica grottesca possono essere accostati al teatro dell’assurdo, tanto che il critico dickiano Carlo Pagetti ha avvicinato il romanzo al «mondo senza speranza di Samuel Beckett e del suo Finale di partita» (Pagetti, cit., p. 13).Talvolta la linea diegetica si interrompe, inframmezzata da citazioni in tedesco dal Faust goethiano, dal Fidelio di Beethoven, dai Lieder di Heine – sin da quando lo aveva imparato al liceo, Dick sviluppò una sorta di ossessione per il tedesco, che riversava nei suoi scritti, unendola alla sua grande passione per la musica classica.
Dal romanzo è stato tratto A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare, film del 2006 scritto e diretto da Richard Linklater, con Keanu Reeves, Robert Downey Jr. e Winona Ryder rispettivamente nei ruoli di Bob Arctor, Jim Barris e Donna Hawthorne. Come Waking Life (2001) si tratta di un film sperimentale: alle scene girate in live action è stata sovrapposta l’animazione digitale (rotoscope). Questa tecnica è ideata per rendere l’idea dello spaesamento e delle allucinazioni indotte dalla droga. Il film è molto fedele al romanzo di Dick: mantiene le atmosfere dark e soprattutto i dialoghi assurdi e cervellotici dei tre protagonisti tossicodipendenti, al limite tra paranoia e schizofrenia. Toccante la dedica finale, ripresa dalla Nota dell’autore del romanzo.
Philip K. Dick, Un oscuro scrutare, Oscar Fantastica, Mondadori 2023, € 14,50, trad. Gabriele Frasca.
Nota: si ringrazia l’Ufficio Stampa Oscar Mondadori per aver gentilmente inviato una copia del libro al recensore.
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