Torino e il cinema rappresentano un binomio che affonda le radici negli ultimi anni dell’Ottocento, quando i fratelli Lumière allestirono in città la prima proiezione italiana. Dal 2000 in poi il Museo nazionale del cinema di Torino vive nella Mole Antonelliana, edificio simbolo della città.
Non deve quindi stupire che Franco Ricciardiello abbia ambientato – nella città e nel museo – un romanzo giallo elegante e complesso nel quale si intrecciano arte, letteratura e un’indagine che potrà essere risolta solo tornando a luoghi e tempi lontani.
Il romanzo inizia una tiepida domenica dell’ottobre 2008, quando il commissario Mauro Ferrando viene avvertito di un omicidio in un signorile albergo cittadino. La vittima è Sophie Alma, notissima attrice di origine svedese e icona della Nouvelle Vague.
La donna è giunta in città per la Notte Bianca dedicata al cinema francese e, la sera precedente, è stata premiata insieme a Jean-Simon Leclercq. Al termine della cerimonia, Sophie si è allontanata dagli altri ospiti del festival che ha poi ritrovato in albergo. Il gruppo comprende, tra gli altri, il suo attuale marito, l’amante del momento, un famoso critico cinematografico, due note attrici e, soprattutto, Leclercq, il regista che l’ha “scoperta” e sposata negli anni Sessanta.
Nel romanzo, l’intreccio fra il personaggio Leclercq e Jean-Luc Godard, al quale Ricciardiello si è liberamente ispirato, è tale che i vari capitoli del libro sono tutti titoli di film del regista francese.
Il cadavere di Sophie e i suoi effetti personali vengono esaminati, viene trovata la probabile arma del delitto e l’indagine muove i primi passi. Presto entra in scena Erasmo Mancini, pubblico ministero da poco rientrato a Torino, che affiancherà Ferrando nell’inchiesta. I due fanno il punto della situazione e Mancini porta impressioni di prima mano: era presente alla Notte bianca, ha assistito alla premiazione e perfino incontrato la vittima sul belvedere della Mole:
Si ritrova sul belvedere che sorregge la guglia della Mole. Qualche figura umana si muove tra le colonne e la ringhiera affacciata sulla notte. La temperatura è molto più fresca che all’interno, ma la visione della città è incomparabile. L’illuminazione elettrica traccia le rette delle strade che corrono via in tutte le direzioni, verso la balena scura della collina, verso la guglia del duomo e i nastri di alberi dei viali, verso i lampioni di Piazza San Carlo che perforano il buio come proiettori di luce dorata […] Si sposta verso l’altro lato del belvedere per individuare la confluenza del Po con la Dora.
Nei giorni successivi l’indagine gira a vuoto, nonostante l’apporto dei colleghi e la ricostruzione minuziosa dei movimenti degli ospiti al festival: le loro testimonianze dicono moltissimo di Sophie ma molto poco su un possibile colpevole.
Il tempo passa, Mancini viene criticato dalla stampa – con la quale non ha un buon rapporto – ed è corteggiato da donne sensibili al suo fascino. Strane associazioni mentali lo portano a occuparsi del filosofo Louis Althusser e di William Burroughs; un altro caso – il ritrovamento del cadavere di un annegato – attira la sua attenzione, anche se i colleghi non vedono nessi con l’omicidio di Sophie.
Da parte sua, Ferrando si reca in Svezia per scoprire dettagli sulla giovinezza della vittima. Nella capitale, ha la fortuna di collaborare con un collega in pensione, profondo conoscitore del territorio, che lo guida fra le isole dell’arcipelago di Stoccolma, lo Skärgården, composto da più di 30.000 isole, piccole e grandi. Il viaggio, oltre che regalargli splendidi paesaggi – e suscitare l’invidia di chi legge – aiuterà il commissario a far luce sul caso.
Oltre alla vicenda in sé, e ai suggestivi riferimenti cinematografici di Torino Nouvelle Vague, ho trovato molto interessante la struttura narrativa del romanzo.
Innanzitutto, per il rapporto fra Mauro ed Erasmo, vero e proprio pilastro della storia: i due sono legati da un’amicizia di lunga data che emerge dai discorsi, dai ricordi, da un linguaggio comune. Devo ammettere che, inizialmente, la scelta di Ricciardiello mi ha lasciata perplessa. Perché mettere in campo due investigatori così pieni di personalità, uno non era sufficiente? Poi mi sono resa conto che Ferrando e Mancini sono molto differenti e proprio per questo la loro collaborazione funziona: Mauro indaga con un metodo spiccatamente razionale, che poggia su solide prove; Erasmo procede in base a intuizioni che gli illuminano il cammino, seguendo associazioni di idee che nascono da vicende apparentemente lontane dall’indagine in corso. Queste suggestioni – che a molti lettori richiamano sicuramente notizie già sentite – inquadrano l’intera vicenda da punti di vista molto diversi.
Il secondo aspetto, inevitabilmente, si intreccia al primo: nell’indagine di Torino Nouvelle Vague si aprono bizzarri sentieri trasversali… Mancini non può fare a meno di seguirli, e noi con lui, chiedendoci dove porteranno. La costruzione del romanzo pare quasi un gioco meta letterario, io però propongo un’altra interpretazione: tutti i sentieri imboccati da Erasmo sono lo specchio del vagare dell’autore mentre tesseva la propria storia.
Un procedere a tentoni affascinante, quello di Ricciardiello, che va oltre la scoperta del colpevole, come accade ai buoni romanzi che sono anche, ma non soltanto, romanzi gialli.
Buona lettura.
Franco Ricciardiello, Torino Nouvelle Vague, Todaro editore, 2022, pp. 244, € 16,00
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