L’ispettore Erlendur Sveinsson è il pilastro dell’opera di Arnaldur Indriðason, il più noto giallista islandese insieme a Yrsa Sigurðardóttir. «Nato» nel 1997 [in Synir Duftsins, figli della polvere], il detective è un cinquantenne con alle spalle un matrimonio fallito molto tempo prima, impegnato a salvare dalla tossicodipendenza due figli con i quali ha una relazione complessa e contraddittoria.
Sul lavoro Sveinsson è un poliziotto brillante, apprezzato dal proprio capo (Marion Breem, che compare spesso nella serie senza che l’autore ne riveli mai il sesso). Nella vita privata, invece, è un uomo cupo e solitario, che difende accanitamente la propria privacy; il suo senso del dovere oltrepassa l’impegno professionale per divenire ossessione: non solo è incapace di abbandonare un caso prima che anche l’ultimo insignificante dettaglio sia stato inserito al suo posto, ma trascorre il tempo libero esaminando lunghi minuziosi dossier costruiti negli anni su connazionali scomparsi nelle zone più impervie del Paese.
Nei romanzi successivi il lettore scopre il passato traumatico dell’ispettore Sveinsson e l’origine delle sue ossessioni, ma negli ultimi anni l’autore ha voluto approfondire il tema con una serie di prequel (tre finora); Le notti di Reykjavík (2012) è il secondo della nuova serie, dopo Sfida cruciale (2011, che però ha per protagonista Marion Brem) e prima di Un delitto da dimenticare (2014).
Ambientata negli anni Settanta, la prima vera indagine di Erlendur è incentrata sulla morte di Hannibal, un clochard il cui corpo viene ritrovato da alcuni ragazzini che giocano fra le pozze di una vecchia torbiera. Per i colleghi il caso è già risolto: Hannibal è un noto alcoolista, di sicuro sarà scivolato nel piccolo stagno da sbronzo; Ma per Sveinsson, che conosceva di vista il clochard, nessuna morte deve restare anonima e inspiegata: lavora al caso nel tempo libero, riuscendo a connetterlo con la sparizione di una donna avvenuta nei medesimi giorni.
Diversamente dalle indagini della serie maggiore, alle quali (come molti autori scandinavi di noir) Indridason mescola i grandi temi della società islandese – la politica, la storia, il sistema giudiziario, il nazionalismo, il razzismo e l’immigrazione – Le notti di Reykjavík è soprattutto uno studio di carattere, un confronto fra l’autore e il suo «doppio», mentre l’indagine è complicata ma in tono minore.
Dopo 15 anni di conoscenza, lo scrittore non fa sconti al suo ispettore: il trauma infantile e il senso di colpa dovuti alla perdita e alla sparizione del fratello minore – che sono all’origine della sua ossessione per le scomparse inspiegabili di gente che nemmeno conosce – lo rendono algido, rigido con se stesso e con gli altri. È indifferente alle novità musicali e gastronomiche giunte dall’estero che entusiasmano i suoi coetanei, vive la relazione sentimentale con la coetanea Halldora come un’abitudine più necessaria che piacevole, ingegnandosi di venire incontro alle richieste di affetto di lei con gesti quasi programmati a tavolino, quasi mimando le vita vissuta da uno sconosciuto.
Ciò che emerge dal romanzo, costituendone l’aspetto più suggestivo, è l’asocialità e l’incapacità di Ernaldur di vivere «come gli altri» – i colleghi, i vicini, gli islandesi che lo circondano – e di immaginarsi immerso in una relazione famigliare. Alla fine Sveinsson risulta incapace, almeno in questa prima fase del proprio cammino, di essere qualcosa di più e di diverso da un poliziotto maniacale che indaga in ogni momento della propria vita e che nel poco tempo libero che si concede replica all’infinito la ricerca di chi ha perduto studiando compulsivamente i già spessi dossier delle persone scomparse.
Ulteriori dettagli in un’intervista all’autore reperibile al sito:
https://crimefictionlover.com/2015/07/interview-arnaldur-indridason/
Arnaldur Indriðason, Le notti di Reykjavik, prima edizione Guanda 2015, pubblicato su licenza da GEDI, 2017, pp. 315, € 7,90, trad. Alessandro Storti
Idem in TEA Mistery, € 12,00
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