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    Due Sicilie di Alexander Lernet-Holenia

    • di Massimo Citi
    • Dicembre 31, 2017 a 7:01 pm

    Due Sicilie, di Alexander Lernet-Holenia racconta la storia di sette sopravvissuti del reggimento di ulani «[Re delle] due Sicilie», i cui componenti erano chiamati «Sizilien-Ulanen». Il reggimento è stato disciolto con la caduta dell’impero Austroungarico ma i sei reduci, sei ufficiali e un sottufficiale, continuano a frequentarsi. Nel 1925, nella Vienna ormai ex-capitale di un impero scomparso i sei ex-ulani sono ospiti di un ricevimento dove uno di loro, Engelshausen, viene ritrovato strangolato. Ma il dubbio che il romanzo voglia vestire i panni di un poliziesco è destinato a essere presto smentito. Uno dopo l’altro quattro dei membri del gruppo di reduci muoiono o scompaiono ma senza che appaia un possibile colpevole. Il secondo a svanire è il sottotenente Fonseca, perdutosi un un quartiere sconosciuto e in apparenza scomparso e dopo di lui è il maggiore Lukawsky a morire di una sorta di consunzione o forse di un crollo nervoso. È poi la volta del colonnello Rochonville, investito da una carrozza e del tenente Silverstolpe, in apparenza intossicato dal contatto con un cadavere A rimanere vivi fino alla fine del romanzo saranno il capitano Von Sera e il caporale Slatin e sarà in loro presenza che il romanzo troverà un’apparente soluzione finale, presto mutata in un ulteriore mistero.

    Francesco Giuseppe, Imperatore dell’Austria-Ungheria

    Alexander Lernet-Holenia fa parte di quel gruppo di autori di lingua tedesca e nazionalità austroungarica che comprende tra gli altri Leo Perutz, Alfred Kubin, Arthur Schnitzler e Hugo Von Hoffmanstahl accomunati dall’essere stati testimoni della fine dell’Impero austroungarico, narratori di un passato perduto e di un presente fantasmatico, sfuggente e onirico. Due Sicilie è, da questo punto di vista, un esempio perfetto di questo doppio sguardo verso il recente passato, svanito da un giorno all’altro, e verso un presente minaccioso, confuso, indegno di essere raccontato senza fare ricorso a categorie peculiari del narrare come il sogno, l’incubo, la visione. Questa è la forza e insieme la debolezza di Lernet-Holenia, spesso accusato di essere un esteta di un fantastico onirico fine a se stesso, senza un profondo legame materiale con i personaggi.

    Personalmente devo ammettere di apprezzare il suo modo peculiare di narrare, l’eleganza dello stile, ben resa dal traduttore Cesare De Marchi e la sottile sensazione di perdita definitiva che riesce a trasmettere nei momenti di rifessione dei personaggi:


    Ma anche lo stesso reggimento e persino il periodo in cui Marschall [Von Sera] era stato negli squadroni di cavalleria, ore gli sembravano non essere mai esistiti. La terra battuta delle piazze d’armi era come avvolta nel velo delle piogge novembrine, le lunghe scuderie con le groppe dei cavalli in fila come immerse nella luce irreale dei sogni. Rivedeva le trincee argillose, i campi di battaglia, gli zampilli di terra sollevati dalle granate – pure questi però non erano più gialli come argilla, ma grigi e irreali.

    bandiera di guerra dell’Impero Austroungarico

    Un libro forse tradito dai troppo frequenti cambi di prospettiva e di personaggi e nel quale il falso e il vero si scambiano a volte con eccessiva disinvoltura le parti, ma comunque meritevole di attenzione e capace di una prosa in qualche passaggio intensa e malinconica.

    Alexander Lernet-Holenia, Due Sicilie, Adelphi Biblioteca 2017, pp. 247, € 19,00, trad. Cesare De Marchi

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