Collezionista d’arte, editore, scrittore, filosofo, Erling Kagge è soprattutto un esploratore che ha trascorso gli ultimi 25 anni a collezionare primati e dare un significato nuovo al termine viaggiare. Nel 1990 ha raggiunto (con Børge Ousland) il Polo Nord con gli sci: 800 km in 58 giorni, senza altri supporti oltre al contenuto dei loro zaini; Nel 1993 è stato il primo umano ad aver raggiunto in solitaria e senza contatti radio il Polo Sud (1310 km in 50 giorni); nel 1994 ha scalato la cima dell’Everest guadagnandosi così il primato dei«tre poli». La sua specialità è chiaramente quella di raggiungere luoghi dove altri non penserebbero nemmeno di andare come ha dimostrato nel 2010, scendendo in compagnia dello storico urbanistico e fotografo Steve Duncan nel sottosuolo di New York, vagabondando per cinque giorni dal Bronx a Manhattan e poi fino all’oceano Atlantico attraverso fognature, gallerie della metropolitana e tunnel dell’acquedotto; nel 2012 ha percorso per l’intera lunghezza il Sunset Boulevard di Los Angeles insieme allo sceneggiatore Petter Skavlan e al gallerista Peder Lund. Inoltre Kagge ha al suo attivo 7 libri sull’esplorazione, la filosofia e il collezionismo d’arte, articoli per quotidiani e contributi a vari volumi. Se a questo punto cominciaste a detestarlo potrei capire, ma vi darei torto.
Il silenzio è un piccolo libro ricco di osservazioni che aiutano a mettere a fuoco una questione molto significativa: il senso, anzi la necessità, del silenzio. Spiega l’autore:
Non molto tempo fa, ho cercato di convincere le mie tre figlie [tra i 15 e i 21 anni ] che i segreti del mondo si nascondono nel silenzio.
Perennemente connesse, abituate a raggiungere (o convinte di poterlo fare) il mondo con un clic le tre ragazze non parevano troppo interessate alla questione, ma alla fine della discussione emersero tre domande importanti: che cos’è il silenzio, dove lo si trova e, la più difficile, perché è il silenzio è importante. Kagge, sfidato, riuscì a trovare 37 possibili risposte, che costituiscono i capitoli del suo libretto, davvero meritevole di lettura, a cominciare dalla prima frase:
Non sempre posso fare una passeggiata, arrampicare, o andare in barca a vela. Quindi ho imparato a chiudere fuori il mondo.
«Beh, anch’io ho imparato a chiudere fuori il mondo», ho pensato. «Lo facevo da ragazzina… potevo leggere in piedi in mezzo alla stazione, fra le urla degli altoparlanti e i fischi dei treni… O sull’autobus, tra uno spintone e l’altro, o…». Già. Ma quei tempi sono finiti da un pezzo. Perché? Se lo chiede anche Kagge, nelle prime pagine, citando il poeta John Fosse:
Il silenzio contiene in sé lo stupore, ma anche una specie di violenza […] e chi non si è stupito davanti a questa violenza ne ha avuto paura. È per questo che molti temono il silenzio e che la musica è dappertutto e sovrasta tutto.
La paura è il timore di rimanere soli, avendo solo il proprio io da osservare, e non volerlo fare. Ammettere che la vita non è del tutto soddisfacente, o che ne siamo delusi ci sembra inutile, come potremmo cambiarla? Meglio occupare ogni momento. Purtroppo
[…] essere sempre impegnati diventa facilmente un obiettivo fine a se stesso.
Tuttavia, non siamo tutti disarmati o disillusi allo stesso modo; alcuni fanno scelte di vita radicali rifiutando di entrare in questo circolo vizioso; ma soprattutto, mette in guardia Kagge, il rumore contribuisce a creare nuove differenze di classe: chi guadagna poco spesso lavora in luoghi più rumorosi, abita in case con le pareti più sottili, è costretto a usare elettrodomestici meno silenziosi e guida auto con isolamento acustico minore, va a lavorare lontano usando i mezzi pubblici. Gli altri, i ricchi o semplicemente coloro che guadagnano un po’ di più non devono sopportare questi supplizi e possono godersi i benefici del silenzio, perfino nelle nostre città caotiche. E l’inquinamento acustico non infastidisce soltanto gli umani; è stato dimostrato che il rumore delle aree urbane sta modificando il canto degli uccelli: alle tonalità più basse, spesso “coperte” dai suoni umani vanno piano piano sostituendosi quelli più acuti, in grado di competere con essi. Ma questa sostituzione rende più difficile trovare un partner sessuale e gli uccelli producono sempre meno uova. Una prospettiva davvero inquietante.
Ma se le cose sono arrivate a questo punto la battaglia è già persa? Secondo Heidegger «il mondo scompare non appena ci entri dentro». È questa scomparsa (che in realtà consente una sua lucida apparizione) che Kagge ci esorta a sperimentare: non il silenzio difficile da trovare intorno a noi, ma quello interiore, l’esperienza personale.
Questo libro mi ha fatto comprendere che troppo spesso il mio darmi da fare compulsivo è una fuga dall’esperienza personale; il rancore che nutro per chi mi «disturba» non è dovuto alla distrazione che mi provoca, ma al fatto che implicitamente evidenzia la mia incapacità di entrare nel mondo interiore e chiudere fuori quello temporaneo che mi circonda. Una volta invece ci riuscivo: trovavo il silenzio nella natura, come afferma l’autore, e me ne riempivo, vivevo quell’esperienza e quando ne ero sazia, poteva portarla con me, come una borraccia piena di acqua cristallina.
Il regalo più grande che mi ha lasciato questa lettura è una domanda: Perché non funziona più? Risposte non ne ho trovate, com’è giusto che sia, ma qualche piccolo riconoscimento o suggerimento sì.
Sperimento la stessa sensazione [di pace] anche quando leggo, ascolto musica, medito, faccio sesso, vado a sciare, pratico yoga oppure me ne sto seduto tranquillo e indisturbato a fare niente.
Tutto può funzionare, dal fare la birra in casa a spaccare la legna, a lavorare a maglia. Una mia collega confeziona bellissime borse, altre disegnano. Io non ho questi talenti, però…
Tra le cose messe in pratica dall’autore c’è quella, che anch’io ho fatto, di andare a lavorare a piedi ogni volta che è possibile. In questo caso faccio parte del gruppo dei fortunati: mi piace camminare e in mezz’ora sono arrivata; Il freddo, un po’ di tempo sottratto al sonno, il carico di libri nello zaino, la scelta di un abbigliamento sempre sportivo, perfino l’inquinamento atmosferico sono un prezzo piccolo da pagare, ha ragione Kagge:
Non capita mai nulla di speciale quando vado al lavoro. Ma c’è sempre un piccolo dettaglio da notare.
Un viso, un gesto, il sole che brilla fra i palazzi e mi fa cambiare marciapiede per godermelo, la coda di uno scoiattolo in fuga nel giardino che sto costeggiando e, qualche volta, un sorriso scambiato fra camminatori come me.
È difficile potersi permettere queste immersioni, lo so, ma non dobbiamo desistere. Provare a trovare il nostro silenzio è una impresa degna e onorevole. Imprecare contro il tizio che ci ha fregato il parcheggio soltanto perché non siamo riusciti a raggiungere il nostro vero io, invece, no.
Il mondo viene chiuso fuori per un istante e il silenzio e la calma prendono il sopravvento.
«Sopravvento», mi piace questa parola: un piccolo atto di forza, liberamente accettato, che ci impone di NON pensare. Perché meditare non significa riflettere furiosamente su noi stessi. Dobbiamo svuotare la mente, non riempirla come facciamo di solito.
L’Universo è fatto soprattutto di vuoto, direbbe un fisico. Proviamo a lasciarne entrare un po’ dentro di noi. E se questa operazione viene facilitata da una passeggiata nella natura, portiamoci a casa un tesoro:
Ogni tanto, quando sono in montagna, mi porto via un sasso tappezzato di muschio e lo metto sul tavolo della cucina o in sala perché mi ricordi l’esperienza che ho fatto.
Da bambini eravamo probabilmente tutti raccoglitori seriali, io ho continuato, anche prima di avere l’imprimatur di Erling Kagge: la mia scrivania e spesso anche gli spazi comuni sono invasi da anni di pietre, piume d’uccello, pigne, ghiande e conchiglie, benevolmente sopportati dalla mia paziente famiglia. Guardarli funziona, ve lo assicuro. E costa soltanto qualche briciola di tempo e di silenzio.
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Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Ho bisogno di silenzio
(Alda Merini)
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Qui un’intervista all’autore.
Erling Kagge, Il silenzio. Einaudi, Stile libero Extra, 2017, pp. 120, € 12,00, trad. dal norvegese di Maria Teresa Cattaneo
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