Nina, attrice irlandese affermata, muore il quattordici gennaio 1950, a cinquantatré anni, vittima dell’amore incontrollabile di George, il giardiniere.
George mi ha uccisa con le sue cesoie da giardino […] Mi ha avvicinato le cesoie al collo nella serra, aprendomi con una certa spettacolare goffaggine uno squarcio a mezzaluna nella gola. […] Mi ha trasportato, come una bambola a grandezza naturale, verso la fossa settica, dove si è reso conto che ero ancora viva mentre mi stava lasciando cadere dentro. È bastato un ultimo minuto di grande energia per recidere la testa da quel corpo che, in un senso o nell’altro, aveva conosciuto sin da quando era bambino.
Il percorso, in un certo senso ineluttabile, di Nina verso la tomba è lungo, denso di vita e di sentimenti, inestricabilmente intrecciato a quello di George e di sua sorella Jane, e a quello di Gregory, il fratellastro di Nina.
Figlia di una coppia unita da una passione per l’arte più immaginata che vissuta, Nina trascorre l’infanzia tra la grande casa di famiglia e lo stabilimento per la lavorazione del pesce costruito dal padre, che dà lavoro a mezzo villaggio. Benvoluta dalla gente di servizio alla villa, capace di parlare lo stesso linguaggio dei pescatori, Nina trascorre i primi anni da sola, chiusa nell’universo immaginario che condivide con la sua bambola di pezza, fino a quando non incontra George e Jane, i bambini del cottage col tetto di lamiera che sorge poco distante. I tre diventano compagni inseparabili, d’inverno frequentano la scuola del villaggio, trascorrono estati interminabili giocando all’ombra della grande casa e alla foce del fiume, condividono il mondo di fantasia costruito da Nina. L’arrivo di Gregory, figlio naturale del padre di lei, poco amato dalla matrigna ma immediatamente accettato dai bambini, complica i loro rapporti: i due fratellastri ben presto diventano una coppia indivisibile, legata da assonanze, fremiti, infiniti discorsi e segreti e, quando i ragazzi – cresciuti – cominciano a esplorare il mondo dei sentimenti adulti e dell’attrazione reciproca, da una predilezione che non potrà mai diventare amore.
Per gli altri due, Nina e Gregory funzionano come una calamita: George lascia presto la scuola per il lavoro nei campi diventando un giovane dai muscoli d’acciaio, mai a suo agio negli abiti sempre troppo stretti, taciturno e capace di esprimersi soprattutto con il corpo. Ombra discreta di Nina, le è sempre poco distante e, nel complesso legame psicologico a tre che si crea con Gregory, ne diviene quasi il sostituto naturale. E Jane, da sempre innamorata di Gregory e, in modo diverso, di Nina, osserva in disparte, chiedendosi se, prima o poi, verrà assunto nell’empireo sentimentale dei fratellastri.
Avrei fatto qualsiasi cosa pur di poter avere accesso al vostro mondo. E non solo il vostro mondo, ma quel cerchio magico fra te e tua sorella Nina. Quella condizione di necessità, di appartenenza, di grazia. Così, se dovevo vedere un fantasma per potervi entrare, be’, allora, l’avrei visto.
Durante la Prima guerra mondiale, quando George e Gregory si offrono volontari, per «salvare il piccolo Belgio» della propaganda bellica inglese, le vite dei quattro amici di un tempo si separano, prendendo strade ben diverse.
La vicenda, una serie di lunghi flashback intervallati da brevi ritorni al presente, al villaggio sbigottito dall’omicidio, all’arrivo di Gregory al quale Nina ha lasciato la proprietà, all’incontro con Jane, è narrata con lucida partecipazione da Nina stessa, spirito disincarnato e libero nel tempo e nello spazio, consapevole ormai di essere finalmente diventata Hester, il «fantasma» benevolo del quale Nina bambina percepiva la presenza e gli altri fingevano di vedere per amore del gioco. Quella Hester che una volta, forse, ha percepito anche Gregory e che George giurava di aver visto una volta, mentre lo osservava.
Romanzo sapientemente costruito, Ombre è un testo affascinante che, non di rado, fa del lettore il bersaglio consenziente di un gioco di seduzioni. Jordan, regista e narratore, mette in scena quasi sempre «esattamente» ciò che dovrebbe accadere, suscitando nel lettore il lieve sospetto di essere intrappolato in un gioco di specchi letterario. Poi lo spiazza completamente, con pagine sincere e intense, ironiche ed evocative.
Ombre merita di essere letto per quelle pagine, per la pena incolmabile di George, per la perdita rimossa di Gregory, per Jane che, nonostante tutto l’affetto e l’amicizia di Nina a Gregory, non potrà mai entrare nel loro mondo privato. Per Nina, grande attrice sulla scena e, forse, nella vita. E merita anche la generosità del lettore nel dimenticare quel tanto di letterario e di costruito che gli impedisce di essere un grande libro. È un buon libro, e non è poco.
Neil Jordan, Ombre, Fazi 2005, pp. 340, € 14,00, trad. L. Olivieri
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