Il Loney è un «inutile e selvaggio tratto di costa» del Lancashire nella zona nord-occidentale dell’Inghilterra, che si affaccia sulla baia di Morecambe, un luogo aspro e pericoloso al quale Smith, il narratore, torna ripetutamente con la memoria in lunghi, efficaci flashback. La baia è un estuario dove l’innalzamento e abbassamento del livello del mare provoca sommersione ed esposizione ciclica di ampie zone sabbiose di territorio. Le maree si innalzano veloci, incanalandosi in strisce di fondale che separano dalla terraferma Coldbarrow, un isolotto tidale legato alla costa da una stretta lingua di terra avvolta dalla nebbia. È qui che, da ragazzino, Smith trascorreva ogni anno la settimana di Pasqua, in un ritiro spirituale condiviso con i genitori, il fratello maggiore Hanny, Padre Wilfred, e due anziani amici di famiglia, i signori Belderboss, rispettivamente fratello e cognata di Wilfred. Il gruppo – legato da un cattolicesimo estremo, votato al sacrificio e a rigidi rituali che i ragazzini subiscono senza quasi rendersene conto – soggiornava in una vecchia casa isolata dal villaggio e ogni anno si recava in pellegrinaggio a una fonte sacra, nella speranza che le preghiere e l’acqua miracolosa potessero guarire Hanny, muto e affetto da disturbi psichici. Wilfred guidava con mano salda e fredda le sue pecorelle, usando il timore della punizione divina e la continua denuncia del male, sempre pronto a mettere radice nelle anime, per garantire loro il paradiso. Riportato a quel passato dai ricordi di Smith il lettore vive il rapporto esclusivo che lega i due fratelli, scopre il codice comunicativo di Hanny, fatto di gesti e piccoli oggetti che l’empatico Smith interpreta infallibilmente, respira l’umiltà superba e mai solidale che scandisce la vita quotidiana del sacerdote e della madre, la religiosità più accomodante del marito e più caritatevole degli amici.
Le visite al Loney cessano con la morte in circostanze misteriose di Wilfred ma riprendono qualche anno dopo, nel 1976, con l’arrivo del nuovo parroco, Padre Bernard, un trentenne che si è fatto le ossa nelle parrocchie di Belfast ed è molto più tollerante di Wilfred.
Era di quelli che si fanno benvolere sin dal primo momento. Semplice, schietto, socievole. Maschio con gli altri maschi, paterno con donne che avevano il doppio della sua età. Eppure sentivo che mamma si riservava il giudizio.
La partecipazione al ritiro di Padre Bernard e di due nuovi ospiti, la giovane governante della canonica e il suo fidanzato, rimette in gioco gli equilibri nel gruppo, facendone emergere le contraddizioni interne e acuendo le difficoltà delle relazioni con gli abitanti del posto. Il Loney che accoglie il ritorno dei pellegrini è diverso, la gente pare più chiusa, meno disposta a fingere di gradire la presenza di questi cristiani fin troppo devoti. O forse è solo la sensibilità del piccolo Smith, ormai cresciuto, a percepire attriti, contraddizioni, stranezze. Anche il rapporto esclusivo fra i due fratelli evolve, sulla spinta delle reazioni della gente del posto. Nell’isolamento della vecchia casa dove tante volte si è svolto il ritiro annuale, i fedeli vogliono seguire le abitudini consolidate: pregano, dialogano fra loro, o credono di farlo, rivelando a poco a poco punti di vista sul mondo e sulla religione molto differenti tra loro e si confessano a un sacerdote che ha riflette su Dio e sulla carità cristiana in modo diverso rispetto a Padre Wilfred:
“Tu preghi ancora vero…?”. “Sì”. [Padre Bernard] mi guardò con un sorriso ironico. Credo che già mentre faceva questa domanda sapesse che in realtà non pregavo e che avevo smesso da un pezzo. I preti sono come i medici. Sanno che la gente mente su cose che crede possano deluderli”.

Andrew Hurley
Tutti hanno segreti piccoli e grandi da rivelare al prete o da far emergere, altri ne emergeranno al ritorno a Londra. La madre, esegeta di Padre Wilfred, non perde occasione per far notare al nuovo parroco quelle che lei considera inadeguatezze, cedimenti lungo la via del sacrifico per la salvezza:
“[…] Quando pioveva troppo per andare da qualche parte, […] padre Wilfred preferiva riunirci tutti in preghiera alle dieci, a mezzogiorno e alle quattro. Per dare una struttura alla giornata. Altrimenti è facile che ci si distragga. La fame può fare brutti scherzi. Può indurre a violare le promesse di continenza. Padre Wilfred faceva sempre in modo che rimanessimo concentrati sul nostro sacrificio, per ricordare il sacrificio più grande di tutti.”
La donna non abbassa mai la guardia, dapprima cerca di ammaestrare Bernard con modi suadenti, poi lo fronteggia apertamente, criticando la sua fede e il suo comportamento.
Chiusi nel loro cerchio magico i pellegrini – ad eccezione di Padre Bernard – ignorano ciò che li circonda: il Loney, per loro, è soltanto un luogo che ospita il loro rifugio, il Santuario e la fonte miracolosa; gli abitanti sono rozzi contadini, poco istruiti e poco allenati al sacrificio e alla fede, quasi figli illegittimi di Dio. Ma questa volta, come il giovane Smith intuisce presto, il Loney li costringerà a prendere consapevolezza della vita che scorre intorno a loro e che ha radici nella profondità della storia e delle anime di chi lo abita. Forze naturali – né buone né cattive, ma profondamente estranee alle esperienze di questi cristiani carichi di buone intenzioni e di arroganza – si manifestano nel Loney. I nativi lo sanno e hanno imparato a conviverci, ottenendo vantaggi e pagando prezzi che la maggior parte di noi non pagherebbe.
Loney esplora, con le forme narrative del gotico, una religiosità autoreferenziale e ridotta a gesti e parole antiche tanto ripetute da essere ormai vuote di significati; una pratica priva di carità che tiene a bada le paure ma imprigiona la mente impedendole di andare oltre. Contemporaneamente è un’efficace rappresentazione delle complesse e inglobanti dinamiche di famiglia e delle difficoltà di crescere e separarsi.
Il romanzo di esordio di Hurley è insolito anche per chi ama e frequenta la narrativa gotica da decenni; il meccanismo che si avvita, quasi inavvertito, pagina dopo pagina e gli ingredienti – la vecchia casa sull’isola, il mistero del luogo, la comunità chiusa degli abitanti, il mare e la sua forza, le sere nebbiose, perfino il tema centrale della religione – sono elementi imprescindibili del genere, ma il modo peculiare di mescolarli dell’autore sorprende e porta aria nuova in questa categoria narrativa così difficile da definire e impossibile da falsificare. Suggestivi anche in senso letterale, lo stile e i temi molto personali di Hurley evocano senza debiti nomi fondanti come Dafne du Maurier e Shirley Jackson, conditi con un pizzico di Lovecraft; l’opera restituisce a chi legge il significato più profondo del fantastico: l’evocazione del desiderio di trasgredire e delle ossessioni che vivono in profondità nelle nostre menti, intrecciate senza scampo con doti e virtù.
La traduzione di Vincenzo Vega è sobria ed efficace, anche se non ha potuto volgere in italiano certi giochi di parole carichi di significato del testo originale, come i soprannomi che Smith dà ai genitori: Mummer (pagliaccio) e Farther (più lontano) storpiature che suggeriscono la mascheratura e l’isolamento.
Loney ha vinto il Costa Book Awards 2015 per il romanzo e il British Book Industry per la migliore opera di debutto dell’anno.
Andrew Michael Hurley, Loney, Bompiani 2016, pp. 359, € 18,00, Trad. V. Vega
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.