Tra le opere di narrativa che tentano di raccontare che cosa fu il nazismo, questo di Andersch è senz’altro uno dei più singolari, oltre che dei più belli. Lo spunto del racconto è autobiografico, lontanissimo in apparenza, dai campi di concentramento, dalle folle osannanti al Fürher, dalle SS in marcia. L’autore, infatti racconta una lezione di greco del maggio 1928 che, inaspettatamente, cambiò il corso dalla sua vita, contribuendo a fargli compiere quelle scelte determinanti che lo portarono prima all’internamento a Dachau, poi alla diserzione e alla prigionia negli Stati Uniti. In quell’ora, Franz Kien, il suo quattordicenne alter ego, i suoi compagni di classe e il prof. Kandlbinder, buon conoscitore del greco ma incapace di stabilire un rapporto umano con gli alunni – figli di nazionalisti «come quasi tutti i genitori dei ginnasiali» – sono costretti a subire una disgustosa dimostrazione di potere da parte del Preside, autorità indiscussa, indiscutibile e compaciuta, borghese lindo e presuntuoso e carrierista preoccupato di ben figurare.
La scena evocata da Andersch cominciata in sordina ma presto assume il ritmo inarrestabile di una tragedia: il Preside, giunto inaspettato, prima umilia a più riprese il docente criticandone i metodi, poi si accanisce su un alunno troppo fiero delle proprie origini nobili, provocandolo subdolamente solo per punirne la ribellione, infine infierisce, a lungo e con piacere, su Franz, colpevole di non utilizzare le proprie capacità per imparare ciò che gli viene insegnato a scuola.
Le riflessioni del ragazzo, vittima che non rinuncia al diritto di critica rifiutandosi di prendere per buona l’abile recita dell’adulto, sono le strumento che l’autore ci offre per capire. Franz proviene da una famiglia che ha subito dissesti economici e suo padre, decorato e ferito in guerra non ha ottenuto la pensione che gli spetta, i genitori degli alunni appartengono a quella piccola e media borghesia che sarà la base sociale del nazismo, il preside è il simbolo di una generazione ottusa, arrogante e priva di ideali, alla quale molti giovani si ribelleranno seguendo Hitler, proprio come il figlio del preside quel «giovane Himmler» di cui il padre di Franz parla tanto bene.
Il racconto e la limpida postfazione, terminati da Andersch un mese prima della morte nel 1980, sono una sorta di suo testamento spirituale, di riflessione sul proprio essere scrittore e sulle ultime scelte stilistiche compiute nello scriverlo.
Alfred Andersch, Il padre di un assassino, Marcos y Marcos (tit. orig.: Der Vater eines Mörders. Eine Schulgeschichte), le foglie, 2005, pp. 123, € 10.00, trad. A. Pandolfi
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