
Innanzitutto, preciso che il mio punto di vista non potrà essere del tutto neutrale. La scelta di leggere Gli uomini pesce è legata a ricordi non soltanto miei; desideravo conoscere meglio Ferrara e la sua trasformazione nel corso degli ultimi ottanta anni, ma anche immergermi in una atmosfera che riassumo con una citazione del testo:
«Il Delta. Da subito un luogo mitico, una terra fantasticata».
Il volume ha una struttura molto precisa: parte prima / 1° interludio / parte seconda / 2° interludio / parte terza / 3° interludio / parte quarta / ultimo interludio / parte quinta.
Gli estremi temporali della vicenda sono il 1943 e il 2022. Nel 1943 agiscono agiscono due antifascisti e partigiani – Ilario Nevi, nome di battaglia Silvestro (1923-2022), ed Erminio Squarzanti, detto Kairos (1913-1981). Nel 2022 la quarantenne Antonia, nipote di Ilario, dopo il funerale del prozio e la lettura del testamento, scopre di esserne l’erede principale ed entra in possesso di vari documenti, tra cui un memoriale di Silvestro e uno di Kairos, confinato a Ventotene per sei anni. Le vicende dei due partigiani e le loro vite successive alla fine della guerra occupano una parte notevole del libro, che è ricco di flashback, alcuni risalenti a metà degli anni Trenta. Nel presente del romanzo, ossia nel 2022, Antonia si aggira per il delta del Po:
«Era l’estate più arida a memoria di chiunque, almeno in Nord Italia. Sembrava che non dovesse piovere più. I media parlavano di emergenza idrica, paventavano razionamenti… Io pensavo ai pesci. Cosa capita ai pesci quando un fiume striminzisce e agonizza? Dove vanno?»
Antonia è geografa e docente universitaria; i suoi temi di studio, cioè il Po, il cuneo salino, «il basso ferrarese, l’eredità delle bonifiche, gli effetti presenti e futuri del cambiamento climatico nel Delta» contribuiscono a rendere interessante la lettura. Il marito di lei, Arne Gustaffson, è un noto musicista e compositore statunitense, naturalizzato italiano. Per tutto il volume Arne si ostina a parlare solo in inglese; purtroppo, – per rendere la lettura più scorrevole, immagino – si esprime con frasi molto brevi, che appiattiscono un po’ il personaggio. C’è un motivo per questa apparente bizzarria, e verrà svelato verso la fine. Anche gli Uomini Pesce hanno ragion d’essere; si tratta di una leggenda del Polesine risalente agli anni Novanta: «un essere anfibio che viveva nel Po e nei canali, e all’improvviso ne usciva per sbranare animali o terrorizzare gli umani che lo incrociavano». La storia dell’Homo Bracteatus, tutto ricoperto di squame dorate, tornerà molto più avanti e con ben altro spessore. Torniamo al prozio Ilario che, poco alla volta, mostra i propri talenti: pittore, cineasta, studioso, attivista.

«Nell’immediato dopoguerra Nevi fece parte di un gruppo di intellettuali e artisti ferraresi che trovò nel Delta una causa per cui mobilitarsi. Una terra di miseria abissale, che di primo acchito sembrava lontanissima da ogni modernità, e invece distava pochi chilometri da città quali Ferrara, Ravenna, Venezia. Occupandosi del Delta, intellettuali come Nevi […] sollevarono […] una sorta di questione meridionale a nordest».
L’impegno ambientale di Ilario, e poi quello di Antonia, sono occasione per l’autore di toccare temi importanti come la distruzione di ambienti preziosi sacrificati alla speculazione immobiliare dei Lidi ferraresi sui terreni costieri. Alcuni capitoli sono davvero felici; gli incontri e i ricordi si intrecciano, come in questa chiacchierata del luglio 1969. Il punto di vista è quello di Erminio che, dialogando con Ilario, riflette su se stesso e ricorda:
«Il mio sonno è una figura strana, una sorta di nastro di Möbius […] Io nella veglia sogno di dormire, e fantastico di sognare».
«In quei giorni il ricordo del confino torna più volte a visitarmi […] Repentini i pensieri prendono la via di Ventotene e riecco tutto quanto, compresso in un istante: il mare del mito, il linguaggio notturno…»
Ilario interrompe i ricordi di Erminio chiedendogli se ha bisogno di soldi:
«Non devi mai farti problemi, lo sai»
La frase pare semplice, ma non lo è, come ben sa Erminio:
«E dentro quel “lo sai” esiste, compresso all’inverosimile, ciò che abbiamo vissuto. Significa: siamo io e te. Significa: certe cose le sappiamo solo noi. Significa: una notte mi hai salvato la vita».
L’arredamento della casa di Ilario, che ora appartiene ad Antonia dice molto del prozio, ma sono i libri, la musica che amava, e i quadri che dipingeva a suggerire la sua identità profonda:
«Metafisici paesaggi di rovine. Palazzi un tempo fastosi accanto a veri e propri ecomostri, diroccati o già mezzi crollati, avvinghiati da rampicanti, circondati da acque che li sommergevano fino al primo o al secondo piano […] Era l’Adriatico – la riviera romagnola, i Lidi ferraresi, il litorale veneziano – in un futuro imprecisato […] e quella vegetazione mutante, impossibile… Verdissima, carica non solo di foglie e fiori ma di occhi, fauci, orecchie pelose, zampe, una coltre polimorfa che possedeva gli edifici».
Ilario, comunque, è un sognatore con i piedi per terra e lo sguardo al suo amato Delta. E questo, almeno in parte, spiega anche il titolo del romanzo. Chi sono questi Uomini pesce? Nevi stesso lo spiega in un documentario situato nel 1966 e intitolato La Maramacola e altre creature, commentato da una giornalista.
«Nevi percorre il fiume dal Delta alla sorgente [… in cerca] di creature d’acqua leggendarie: serpentini mostri, pesci inafferrabili, draghi, basilischi»
La rassegna delle creature parte dalla maramacola, un essere favoleggiato di qua e di là da Po: mammifero o pesce, insetto simile a un coleottero fornito di branchie, associato alla demenza perché potrebbe entrare nell’orecchio umano e farsi strada nel cervello. Ma vi sono anche i basilischi, o gli uccelli – serpenti che uccidono con lo sguardo. E su tutti, il drago Tarantasio dall’alito mefitico e infetto, che viveva nel Greundo, un lago poi diventato palude. Come spiega Nevi:

«le leggende di mostri fluviali e palustri non nacquero per caso […] Segnalavano pericoli che l’uomo avrebbe corso insediandosi in ambienti non adatti, perché insalubri, soggetti a inondazioni, oppure a rischio di incendio per via di quelli che oggi sappiamo essere affioramenti di gas o petrolio. Non a caso, dalla leggenda di Tarantasio nasce il simbolo dell’Agip».
Wu Ming 1 rivela a mano a mano la personalità complessa e affascinante di Ilario, di volta in volta partigiano, pittore, attivista ambientale, regista e sceneggiatore, amante della musica, legato alla sua numerosa famiglia e in particolare ad Antonia. Quello che possiamo considerare il vero protagonista della vicenda, viene rispecchiato dallo sguardo dei parenti, svelato dalla “indagine” della amata pronipote e del suo compagno Arne, palesato dal suo medico e dal figlio di lui, raccontato dai molti conoscenti. Tuttavia, i troppi dettagli disseminati lungo il testo per spiegare chi fosse davvero Ilario Nevi danno a quella che avrebbe dovuto essere una rivelazione il sapore di una vicenda telefonata. Peccato.
Ho la convinzione che, se il racconto fosse stato meno denso, meno carico di particolari, meno legato ai tanti riferimenti che intendevano rendere più “vera” l’intera storia, sarebbe stato più visionario e avrebbe preso il largo. Comunque, sono contenta di averlo letto, sia per la ricchezza delle descrizioni del Delta, sia per ciò che ho ricordato di Ferrara, e per ciò che ignoravo ma ho imparato.
Wu Ming 1, Gli uomini pesce, Einaudi Stile Libero BIG, 2024, pp. 622, € 21,00
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