Prima di diventare giallista, negli anni Venti dello scorso secolo, Rex Stout coltivava l’ambizione di scrivere un autore mainstream. Ma il suo primo romanzo, Due rampe per l’abisso (1928), fu quasi ignorato sia dal pubblico sia dalla critica. Così Stout decise di dedicarsi alla narrativa di genere e creò Nero Wolfe, detective dalle innumerevoli manie che non fa mistero delle proprie opinioni recise (e spesso condivisibili) in fatto di libri. Bene, la competenza letteraria di Wolfe non vi stupirà più dopo aver letto questo romanzo sperimentale scritto con grande padronanza stilistica dal suo creatore.
La vicenda viene ricapitolata dal protagonista del romanzo nel breve lasso di tempo necessario a salire due rampe di scale e raggiungere un appartamento. L’uomo ha con sé una pistola e intende usarla, come logica conseguenza degli avvenimenti che sfilano nella sua mente; è un quarantenne benestante in crisi profonda, da sempre incapace di decidere della propria vita: altri l’hanno sempre fatto per lui, la sorella, l’amico che gli ha portato successo e denaro, la moglie ricca che l’ha convinto a sposarla… L’uomo ha sempre lasciato fare, adeguandosi ai ruoli che altri gli hanno cucito addosso, sviluppando come difesa l’atteggiamento un po’ snob, un po’ disincantato di chi ha scelto di stare a guardare. E lasciandosi coinvolgere in un rapporto contorto e ormai irrinunciabile con una donna priva di qualità, che ora gli pare grottesca e indegna del proprio status e della propria intelligenza.

Rex Stout
Disinteressata, priva di desiderio di sedurre, la donna di Stout è una larva credibile, e inquietante, che sfugge alla comprensione del lettore come a quella del protagonista, e suscita il sospetto che sia l’uomo a non saperla percepire, a non trovarle un posto, una dimensione. Scandito dai passi lungo le rampe, dal riflettere furioso del protagonista, dall’avvicinarsi del punto oltre il quale l’uomo dovrà decidere che cosa fare, il romanzo acquista potenza anche dalla scelta dell’autore di narrare in seconda persona, prendendo le distanze dal personaggio per vederlo più chiaramente, una tecnica efficace, più volte riscoperta in narrativa e oggi molto studiata nelle scuole di scrittura creativa.
Due rampe per l’abisso è un romanzo davvero notevole. Viene da chiedersi che cos’altro avrebbe potuto darci Stout se il libro avesse ricevuto un’accoglienza migliore… Probabilmente ci saremmo persi Nero Wolfe, e sarebbe stato un vero peccato.
Rex Stout, Due rampe per l’abisso, Sellerio 1980, 334 pp., € 10,00, trad. Nanni Filippone
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