É l’ennesimo libro sul sesso gay hard e trasgressivo, argomento scoperto a cavallo di fine secolo dagli editori italiani e continuato nel nuovo millennio e, peraltro, già largamente inflazionato. Il che dovrebbe far riflettere sulla impossibilità – almeno in Italia – di produrre testi realmente trasgressivi. Negli Stati Uniti la faccenda è diversa, ma da noi la grande editoria macina tutto, pur di vendere una manciata di copie in più.
Torniamo a Frisk, cronaca dell’iniziazione e dell’esplorazione sessuale di Dennis dalla preadolescenza alla trentina, dall’incontro con la pornografia omosessuale hard alla coazione e alla deriva psicologica. Dennis inizia il suo viaggio in compagnia di qualche coetaneo condividendo giovanissimi partner dai requisiti precisi e standardizzati, androgini remoti e silenziosi, raggiungibili solo attraverso la manipolazione fisica. Continua in solitudine, consumando sui suoi amanti ragazzini, strafatti e assenti, un sesso cerebrale e solipsistico, che nega all’altro qualunque individualità, per oggettivarlo in un’immagine corporea infinitamente scomponibile, in una stringa di informazioni: capelli – spalle – schiena – naso – orecchie – bocca – culo – gambe – capezzoli; colore – odore, temperatura corporea – consistenza della pelle – mai riunite a formare un’entità completa. Questo inseguimento vano di una definizione totale dell’altro – che, in realtà, è un tentativo contorto di colmare uno iato intollerabile fra le persone – è l’aspetto più interessante della narrazione.
Nella prima parte del romanzo, lo stile distaccato e la sovrabbondanza di dettagli crudi, il rapido passaggio del punto di vista non sono gratuiti, ma funzionali. Lo sforzo di Dennis non è superficiale ma condannato a restare in superficie perché non esiste un dentro da raggiungere, nonostante le sue smanie sempre più intense di aprire i suoi giocattoli consenzienti, di infrangere la perfezione della pelle per toccare, odorare e leccare sangue, muscoli, visceri nel tentativo mai risolto di possederli.

Dennis Cooper
Nella seconda parte la visione perde in chiarezza e in necessità. Cooper alza la posta, ci chiede di oltrepassare barriere estremamente resistenti nella psiche umana, di superare il disgusto per i contatti corporei troppo intimi e considerati impuri con gli escrementi o i limiti del corpo, di cui la pelle integra è il simbolo per eccellenza. I lettori più disponibili a seguirlo possono intuire – al di là delle fantasie ossessive del protagonista – l’estrema solitudine sua e di ognuno di fronte al mistero dell’esistenza altrui. Purtroppo la ricompensa per aver sopportato pazientemente – senza barare, cioè senza saltarle – le molte (troppe) pagine farcite di bassa macelleria e la rottura di tabù come la sacralità della vita e l’inviolabilità dei bambini è inadeguata. Cooper infatti conclude il libro con una slealtà intollerabile, con un trucchetto vecchio come Matusalemme. Decide di salvarsi l’anima, di mantenersi politically correct: nonostante tutto Dennis è una brava persona, perverso ma libertario e rispettoso degli altri. Sa bene che certe cose non si fanno e così trasgredisce invocando la trascendenza, ma solo con l’immaginazione. It’s only a movie.
Altro che autogoal. Dal momento in cui Dennis mette “davvero” in atto le sue macabre fantasie da perito settorio o da guardiano della morgue, i dettagli troppo numerosi e troppo truculenti spingono il lettore fuori del romanzo e lo rendono ipercritico e sarcastico nei confronti di ogni frase. Il trucchetto finale della “fantasia” è francamente detestabile e getta un’ombra anche sulla prima parte che avrebbe meritato una migliore considerazione.
Dennis Cooper, Frisk, Einaudi Stile Libero 1997 (Ed. orig. 1991), pp. 157, € 6,71, trad. Giovanna Granato
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