La casa del padre di Justo Navarro (La Nuova Frontiera, 2002) è un lungo romanzo circolare ambientato negli anni successivi alla guerra civile spagnola, quando il regime franchista volle contribuire alla guerra del Fürher con poche centinaia di volontari. Molti di loro erano ragazzi di nemmeno vent’anni, suggestionati dalla propaganda del regime; attraversarono l’Europa in treni chiusi, senza nemmeno vederla, fino al fronte russo dove molti persero la vita o furono segnati irrimediabilmente dal generale Inverno oltre che dal fuoco nemico.
Uno di questi ragazzi, ferito gravemente, torna a casa con la Croce di Ferro tedesca e con una prognosi di sei mesi di vita. Contando ogni notte i giorni che gli restano, il giovane trascorre i primi tempi in casa della madre, tormentato dalle vicine che si raccolgono intorno al suo letto in una prova generale della veglia funebre. Alle donne che gli chiedono notizie dei loro figli al fronte il reduce risponde invariabilmente di averlo incontrato e ne racconta gesta sempre uguali, forse compiute da lui stesso o forse semplici allucinazioni, sino a non riuscire più a distinguere il vero dal falso.
Mentre i mesi di vita si assottigliano e le storie che continua a inventare divengono poco a poco vere, il ragazzo si aggira per Malaga riallacciando amicizie e conoscenze e partecipa da memento mori a cerimonie pubbliche, circondato dal cortese e rispettoso imbarazzo di autorità e gerarchi, poi torna a Granada dai parenti ricordando più e più volte le storie emblematiche di infiniti personaggi.
La Storia è per Navarro lo sfondo per una rappresentazione di sapore pirandelliano, nella quale i personaggi indossano la maschera del loro destino. A ogni pagina uno di loro viene illuminato dai riflettori e mette in scena una vicenda ambigua e significativa: il soldato tornato mutilato dalla Russia, il «fortunato» gestore del cinema del quale tutti si vendicano denunciandone anche le nefandezze mai commesse, il farmacista che salva la bottega denunciando gli amici comunisti e massoni del figlio… Su tutti giganteggia la figura picaresca del Duca di Elvira, trafficante di segreti, che sa tutto di tutti e di ognuno sfrutta il passato per diventare più potente.

Justo Navarro
Strano romanzo, di abilissima costruzione e di grande ambizione letteraria, La casa del padre sorprende il lettore a ogni pagina come un affascinante labirinto di specchi, senza tuttavia riuscire a emozionarlo. La ripetitività, la circolarità, l’inaffidabilità della narrazione sono estremamente efficaci nel rendere lo straniamento del reduce e il suo sguardo da morto dimenticato fra i vivi, ma nelle trecento pagine del libro spesso divengono vezzo, gioco letterario. Ciò non toglie che molte pagine siano davvero belle, scandite dal ritmo lento e ipnotico di una danse macabre. Il finale è «buono» con i personaggi e concede finalmente ai lettori la soddisfazione di agguantare un’interessante riflessione sulla memoria e sul ricordo.
Non rimpiango il tempo trascorso a leggere La casa del padre ma, nonostante la lusinghiera presentazione di Saramago, resto del parere che il coraggio di rinunciare a molte «prove d’autore» avrebbe consentito a Navarro di portare a compimento un romanzo davvero indimenticabile.
Justo Navarro, La casa del padre, La Nuova Frontiera 2002, pp. 305, € 16,50, trad. V. Manacorda
Disponibile c/o sito editore o presso Amazon.com
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