Venerdì sera a New York: sotto un cielo che minaccia pioggia sta per iniziare il lungo ponte del Labor Day, l’ultimo esodo estivo, nel quale milioni di famiglie americane si sposteranno verso i luoghi di villeggiatura per godersi gli sgoccioli dell’estate e recuperare i figli ancora in vacanza. Anche Steve e Nancy, i due coniugi trentenni protagonisti di Luci nella notte di George Simenon, stanno partendo per il campeggio del Maine dove li attendono la figlia di dieci anni e il fratellino. Il copione è il medesimo degli scorsi anni: un martini al solito bar e spuntino veloce in casa e alcune ore di guida stressante incolonnati fra le altre auto che intasano l’autostrada. il buio, il traffico, la radio che alterna musica, i bollettini del National Safety Council: «sulle strade ci saranno tra i quaranta e i quarantacinque milioni di automobili […] Guidate con prudenza» e notizie di cronaca nera: «La polizia è convinta che Sid Halligan, evaso la notte scorsa dal penitenziario di Sing Sing…»
La noia e lo stress li innervosiscono, Steve – bevitore occasionale che ogni tanto entra nel «tunnel» e ingoia troppo alcol – comincia a desiderare una sosta e qualcosa di forte… Ai martini si aggiunge un rye doppio. La stizza, alimentata dai commenti pacati della moglie lo spingono a fermarsi ancora, alla minaccia della moglie di proseguire il viaggio da sola, Steve estrae la chiave dal quadro e se la infila in tasca… Il nuovo bar è un posto scalcinato dove Nancy, sempre elegante e padrona di sé, non metterebbe mai piede, schizzinosa com’è. Un altro rye, poi un paio offerti da uno sconosciuto che a Steve pare una copia migliore di se stesso, capace di sottrarsi ai compromessi della routine, alla silenziosa disapprovazione di Nancy. Nella sua mente ormai un po’ annebbiata la bella villetta comprata col mutuo, i bambini che ama e che accudisce ogni pomeriggio, in attesa che la moglie rientri tardi da un lavoro più appagante del suo e i dodici anni di matrimonio diventano fardelli pesanti e impossibili da posare: «era colpa di Nancy se frequentava così di rado locali di quel genere».
Così comincia la grande notte di Steve, libera dalle ombre della consorte e dei doveri quotidiani. Una notte che porterà esperienze singolari, difficili da sopportare, e che lascerà pesanti tracce anche su Nancy. Una notte che offrirà a entrambi un’immagine di loro stessi e della loro vita insieme, ben diversa da quella finora immaginata, nel bene e nel male.
Un Simenon americano, tutto giocato on the road, privo dell’atmosfera vischiosa e dolce-amara della provincia francese, uno strano Simenon che, chissà perché, per due terzi del romanzo riecheggia temi e dialoghi di un autore lontanissimo, il Philip Dick dei romanzi realistici, quello di L’uomo dai denti tutti uguali e di Confessioni di un artista di merda, con i suoi uomini frustrati e astiosi e le sue donne ancora vittime ma non più consenzienti, gli uni e le altre costretti a odiarsi nonostante l’amore e la passione e a detestare se stessi, imprigionati in un gioco di felicità domestica dei suburbia nel quale non credono più.
Un Simenon sorprendente, che nelle ultime quaranta pagine tenta un rilancio non perfettamente riuscito rendendo la difficile notte di Nancy peggiore del necessario. Vien da chiedersi se, diversamente da Dick, il padre di Maigret e del tortuoso Cappellaio non fosse ispirato da una certa misoginia… Che, per Simenon, la compagna «migliore» di un uomo fosse proprio la soave signora Maigret?
Dal romanzo è stato tratto il film Feux Rouges di Cédric Kahn, apparso in Italia come Luci nella notte.
Georges Simenon, Luci nella notte
Adelphi, gli Adelphi 2005, 2011, ed. or. 1953, pp. 166, € 10,00, Trad. Marco Bevilacqua
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