Il trentenne Binx Bolling fa l’agente di cambio nella New Orleans degli anni Sessanta, vive a Gentilly, un quartiere residenziale borghese, e si sente equamente diviso fra le origini creole e altoborghesi della famiglia paterna, i Bolling, e quelle provinciali e ordinarie della famiglia materna, gli Smith. Osservatore lucido ma non impietoso, Binx coltiva i piaceri di fare soldi senza scorrettezze, di andare al cinema e di corteggiare le sue segretarie. Periodicamente, quando sente che è venuto il tempo, inizia una «ricerca orizzontale»; non pone domande maiuscole e non cerca risposte definitive, ma indizi che gli consentano di mettere ordine nella propria percezione del mondo. Dopo aver lavorato secco in ufficio si premia con una gita al mare sulla sua amata Mg, osservando senza troppo apparire la segretaria del momento che si gode il viaggio. Dopo Marcia e Linda ora è la volta di Sharon.
Ma Binx non è uno scapolo spensierato e impenitente e prende molto sul serio i legami con le sue due famiglie. Vuol bene a zia Emily, che regge saldamente in mano le redini del ramo paterno e che, alla morte del fratello, si è affrettata a riprendersi quel nipote Bolling, ma è anche sinceramente affezionato alla madre e ai numerosi fratellastri. Un legame complesso fatto in parte di complicità e in parte di senso di responsabilità lo lega alla cugina Kate, una donna affascinante e dotata di una grande lucidità di pensiero ma incapace di tenerla a freno. Mentre Binx sa inglobare la sua sensibilità alle stonature, alle piccole fratture del mondo e alle sofferenze in una visione più ampia e paziente, condita di umorismo, Kate scivola in un pessimismo cosmico dal quale riemerge con oscillazioni da disturbo bipolare. E quando Kate ha toccato al fondo, Binx è l’unico che riesce a reggerla…
La New Orleans anni Sessanta descritta da Walker Percy è molto diversa da quella ritratta in tanti libri e film; peculiarità come il Mardi Gras1, i bayou2, la cucina, sono quotidiane e prive di retorica, NOLA3 è una città come tante, multietnica e multiculturale ma saldamente in mano alla ricca borghesia creola, abitata da gente affaccendata a fare soldi e/o a sopravvivere, che si mescola nelle strade ma vive rigorosamente all’interno della propria cerchia sociale.
Nonostante il fuorviante risvolto di copertina e la convinzione di un certo numero di recensori che per Binx il cinema sia un antidoto e un sostituto della realtà, il protagonista ha (anche) i piedi ben piantati per terra.
«È nel buio di un cinema che il protagonista si sente finalmente vivo e felice. Perché anche un film brutto è meglio della vita reale».
Cita Serenella Forlani4. In realtà, per Binx il cinema non è un succedaneo della vita, piuttosto è una metafora di ciò che gli riesce meglio: osservare – a un passo di distanza ma non per questo con minore interesse e coinvolgimento – i suoi simili vivere. I gesti, gli atteggiamenti, gli stati d’animo, i pensieri, i bisogni, le piccole gioie, le meschinità e i successi di ognuno: nulla va perso, lo sguardo di Binx registra, cataloga, compone poco alla volta un affresco della varia umanità che incontra. Sensibile come un’antenna, Binx sa d’istinto quando è il momento di recidere il contatto: Ecco il suo incontro con Harold, il commilitone che gli ha salvato la vita in Corea:
«È troppo per Harold: non la mia gratitudine, non la bellezza del proprio eroismo, ma l’improvviso confronto con il tempo passato, un tempo così terribile e splendido nella sua realtà; e ormai perso […] Harold cerca di fare l’analisi di quel tempo e del tempo successivo, gli strani dieci anni intercorsi, ed è troppo per lui».
«Zia Edna è buona come il pane, ma è uno dei parenti che cerco di evitare. Le si legge il cuore negli occhi e, quando la incontriamo, mi spara profonde occhiate teosofiche dall’anima e, benché io gliene spari di ritorno e sia nell’insieme molto amichevole, è un compito troppo arduo».
L’antenna di Binx è particolarmente ricettiva a emozioni a basso voltaggio, come il disagio, che possono erodere l’anima, cancellare il desiderio, far avvizzire l’amore:
«I cristiani parlano dell’orrore del peccato, ma hanno dimenticato qualcosa. Continuano a parlare delle persone come se fossero tutti grandi peccatori, mentre la verità è che che uno oggigiorno uno raramente ne è all’altezza. C’è ben poco peccato nelle profondità del disagio».
E Binx conosce la tristezza che accompagna la bellezza, e che già ne prevede la fine.
«Nessuno, all’infuori di un uomo del Sud, conosce la tristezza straziante ma catartica delle città del Nord».
Mentre osserva gli altri, Binx riflette su se stesso. Tiene i suoi simili a distanza perché li sente troppo prossimi, troppo simili e troppo vulnerabili. Non è un «buono», anzi, spesso pensa ai parenti e agli amici con feroce ilarità; è gentile perché imbevuto di un’educazione (di parte paterna) che vive la gentilezza e il senso della misura come un dovere dettato dal censo. Ma Binx è anche uno Smith e, cresciuto in questo dualismo, non sente il bisogno di scegliere:
«Essendo io un Bolling a Feliciana Parish, mi sedevo in veranda al buio a parlare dell’universo e della slealtàà degli uomini;essendoo uno Smith sul Golf Coast mangio granchi e bevo birra sotto una lampadina da 150 Watt – e sia uno che l’altro sono modi piacevoli per passare una notte d’estate».
Il protagonista è anche abbastanza saggio da non assecondare il proprio solipsismo: i suoi innamoramenti repentini e sinceri repentinamente cessano, l’oggetto è invariabilmente la sua segretari del momento, tutte ragazze efficienti, carnali, prosaiche, sorridenti, determinate e lontanissime dalle speculazioni mentali contorte e circolari della cugina Kate. Il suo trasporto per queste donne «grandi» e giocose, che mai farebbero un colpo di testa, che mai lo prendono completamente sul serio e sanno tenergli testa nel gioco artificioso ma divertente del desiderio. è tanto ben descritto da comunicarsi a chi legge:
«È molto bello essere con Sharon, fare soldi e dar l’impressione di non badarle. Quanto a Sharon: non trova nulla di sbagliato nello star lì seduta nella macchia con le gambe accavallate al sole, e il vestito ripiegato sotto. Un gocciolina ambrata di coca cola serpeggia lungo la sua coscia, tocca un pelo biondo e si distribuisce intorno alla piccola fossetta.
“Aaauuuh” sbadiglia forte
“Cosa c’è?”
“È una spina nel fianco”. È una spada nel cuore.
[…] Piegando la gamba a un certo angolo riesce a far stare in piedi la lattina nell’incavo del ginocchio. Che struttura, osso e tendine, incavo e protuberanza e oro dappertutto.[…]
“Sa una cosa!” urla così forte che la potrebbero sentire fino a Eufala. “Mi sono divertita un mondo!”».
«Ribelle senza una causa», così Irene Bignardi definisce il protagonista5, ed effettivamente Binx cova la ribellione nel cuore, perché sa che il mondo non è così come vuole (e come vogliono farcelo) apparire. Ma Binx è un saggio – non un crociato con le armi spuntate, come la cugina Kate – e si sforza di approdare a una forma di equilibrio, di etica quotidiana e sottotraccia, che gli consenta di non fare danni agli altri e a se stesso.
Bello, equilibrato, L’uomo che andava al cinema è un esercizio di tolleranza e un breviario di viaggio.
L’autore, Walker Percy (1916-1990), era medico ma non esercitò la professione; nelle proprie opere spesso presentò personaggi come Binx, alla ricerca di un’esistenza più profonda che superi i limiti imposti dalla cultura tecnico-scientifica. Si occupò a lungo del linguaggio, nella convinzione che la capacità umana di utilizzare il linguaggio simbolico giochi un ruolo fondamentale nell’autocoscienza.
Annoverato tra i cento migliori romanzi del XX secolo dalla rivista «Time» e da «Modern Library», L’uomo che andava al cinema valse a Percy il National Book Award nel 1961.
Note:
1. Il Mardi Gras di New Orleans, sfondo di numerosi film e romanzi, è il clou del periodo del Carnevale e affonda le radici nei tradizionali preparativi cristiani per la quaresima, che iniziavano dodici notti dopo l’Epifania. È un periodo di parate, balli mascherati e non, e feste. Le celebrazioni sono concentrate nelle due settimane che rispettivamente precedono e seguono il martedì grasso. Le sfilate più importanti si svolgono gli ultimi cinque giorni e sono oranizzate da gruppi privati che non ricevono riconoscimenti o fondi pubblici, dette krewes, i cui membri partecipano in costume alle parate; ancora negli anni Sessanta l’appartenenza a un krewe era ereditaria.
2. Il termine bayou indica uno specchio d’acqua tipico delle terre basse e piatte, o un canale o un tratto di fiume che scorre lentissimo o anche un lago paludoso. I bayou sono tipici della Louisiana e della foce del Mississipi. Il termine nacque in Louisiana dalla parola Choctaw «bayuk» [piccola corrente]. La Bayou Country è strettamente associata ai gruppi culturali Cajun e Creoli, nativi della regione del Golfo che ha il suo centro in New Orleans.
3. NOLA, acronimo per New Orleans, Louisiana.
4.
5. «Il Venerdì di Repubblica», aprile 2010
L’uomo che andava al cinema
marcos y marcos, mini
pp. 348, € 11,00
Trad. E. Romano
da LN-LibriNuovi n. 1/11 – primavera 2011