Parlare di un libro che ho già abbondantemente sentito lodare da persone note e stimate non è facile. Oltretutto pubblicato da un editore – Giorgio Raffaelli di Zona42 – col quale ho rapporti di amicizia. Certo, si tratta di rapporti di amicizia on line (ci siamo incontrati una [1] volta di persona) ma non per questo meno sinceri. Quanto all’autore, Andrea Viscusi, lo conosco nel senso che ho il suo blog nel mio blogroll ma nulla più di questo, a parte, forse, un paio di interventi nei reciproci blog.
Non è facile, dicevo, parlarne. Parlarne positivamente dà la sensazione che abbia letto frettolosamente e ne parli tanto per unirmi al coro, parlarne negativamente può dare, viceversa, l’impressione di volermi distinguere dal popolino che non possiede la mia raffinata sensibilità.
Proviamo a fare un passo indietro e fare come sembra debbano fare i recensori.
Il romanzo è di fantascienza, pubblicato nel 2014. L’autore ha ventinove anni, ha già pubblicato un antologia Spore, apparsa presso la Factory Editoriale I Sognatori nel 2013 che presenterò dopo questa recensione. Il romanzo conta 228 pagine, è aperto da una prefazione scritta da Elvezio Sciallis, ed è suddiviso in tre parti, ognuna battezzata con i tre verbi che formano il titolo del romanzo.
Dimenticami è la cronaca della spedizione di un onironauta, Dorian Berti, delle sue iniziali perplessità verso una forma “virtuale” di viaggio nello spazio, delle difficoltà che tale missione crea nel suo rapporto di coppia e con i genitori fino alla partenza e al ritorno, sui quali non mi dilungherò per ovvi motivi.
Trovami è il racconto di una relazione terapeutica tra un paziente, Mose Astori, e il suo psichiatria, il dott. Ezio (o Augusto o Oetzi) Novembre. La sezione è costituita dalle registrazioni trascritte dei loro incontri e di frammenti tratti dal diario personale di Mose (senza accento).
Al centro dell’incontro/scontro tra Astori e Novembre una curiosa teoria sostenuta da Mose centrata sulla retcon, ovvero sulla “revisione” della realtà compiuta quotidiamente dal pensiero degli esseri umani che ogni giorno “ricostruisce” la realtà e il suo ricordo con la semplice attività di pensare. Sono solo i sogni a “restituirci” le realtà ogni giorno via via perdute. E procedendo “in senso inverso” è possibile giungere a ipotizzare un’intelletto iniziale, una Intelligenza Primeva che per prima ha immaginato il mondo.
La terza parte, Sognami, è affidata al dott. Novembre e alla ragazza che ha condiviso la preparazione alla spedizione: Simona. Dal loro incontro è possibile ricostruire attraverso sogni via via più nitidi e guidati la vicenda di Dorian, per «rimettere insieme i pezzi di una storia che forse, in questo universo, non è mai avvenuta».
L’ultimo P.K.Dick, quello di Valis, ma anche quello di Ubiq, lo Stanislav Lem di Solaris, il Cordwainer Smith della Ballata di C’Mel perduta o il George Orr de La Falce dei Cieli di U.K.LeGuin: questi i nomi che mi sono venuti in mente durante la lettura, insomma, una serie di riferimenti tutt’altro che banali.
Volendo essere necessariamente sommari – questa è una recensione, non una tesi – possiamo affermare che al centro di Valis come del libro di Viscusi, vi è il problema irrisolto dell’Ontologia dell’Universo. E c’è una tendenza fortemente mistica (non religiosa o irrazionale) a rendere il problema in forma di materiale narrativo.
Non sono abituato a misurare la fantascienza italiana utilizzando tali riferimenti. La sf italiana, soprattutto in questi ultimi anni, ha abbandonato la tradizione di autori come Curtoni o Catani, scegliendo di non interrogarsi su temi come la presenza dell’umanità nel cosmo, la deformazione della percezione del passato, il nostro dasein come essere-nel-tempo, in sostanza, privilegiando semplici vicende nate da suggestioni cinematografiche e che hanno compiuto il miracolo di mettere ancora più in crisi la sf italiana. Aver scelto di pubblicare un libro con tali intenzioni – sia dell’autore che dell’editore – è quantomeno un tentativo notevole, che merita l’attenzione dei lettori e non soltanto di sf.
Ma, venendo agli aspetti meno convincenti del romanzo, è la misura limitata della sua vicenda a sollevare qualche dubbio. Non che il libro di Viscusi avrebbe dovuto prendere l’aspetto di una trilogia alla Valis, intendiamoci, ma vi è una frattura inevitabile tra un insieme di riferimenti ontologici – l’origine dell’Universo, la percezione umana (conscia, inconscia e onirica), la banale condotta abituale e l’universo interminabile annidato nei nostri sogni – e l’ovvietà di un mondo quotidiano del tutto normale, quasi ovvio nella quieta pace della provincia. Il lettore – o meglio, questo lettore – probabilmente si è abituato alla dis/misura tipica di Dick, al suo creare un universo compiutamente incerto e insicuro, nel quale i personaggi anche assolutamente provinciali, banali, ovvi, si rendono oscuramente conto di una frattura, di un’anomalia che noi lettori possiamo (forse) cercare di cogliere leggendo. In DTS questo insieme sottilmente opprimente è soltanto accennato, suggerito ma non completamente agito. Viscusi si è calato nei panni di un buon apprendista stregone, in sostanza, ed ha assalito la fortezza dell’Incubo ma penetrando soltanto nel primo cortile. Chapeau!, intendiamoci, non mi sogno nemmeno vagamente di chiedere a un autore giovane di fare il Dick o la LeGuin della situazione, ma non posso nascondere un minimo di delusione, magari soltanto personale.
Inevitabile notare, comunque, quanto da autore italiano Viscusi sia riluttante a inserire temi e suggestioni «scientifiche» all’interno del proprio testo, quasi a confermare una tendenza ormai consolidata nella tradizione fantascientifica italiana. Non voglio fare il professore di nessuno, sia chiaro, ma qualche elemento in più di neurofisiologia dei sogni e del sonno sarebbe stata un’ottima scelta sia per l’autore che per la vicenda.
Sarà per la prossima volta.
Il romanzo è ben condotto, in ogni caso, e si lascia leggere con interesse e in qualche passaggio con piacere, sia pure scontando un minimo di caduta di tensione nella seconda parte. Quanto ai personaggi sono efficaci nel rappresentare i temi proposti, anche se risultano giocoforza “ridotti” in rapporto al tema affrontato.
In conclusione, tuttavia, non posso che consigliare la lettura di DTS, un buon inizio per un giovane autore e finalmente un libro che si muove nella scia di altri autori e non dei soggetti dell’industria cinematografica americana. Un primo passo per ricreare una buona narrativa fantastica italiana, una scommessa che merita fare.
Passo ora a Spore, sempre di Andrea Viscusi, un’antologia di fantascienza del 2013, pubblicata da un piccolo e coraggioso editore. «Coraggioso» perché non è affatto facile pubblicare sf in un paese che legge sempre meno e che, in particolare, dimostra disinteresse e un’ignoranza via via più disperante
verso la tecnologia e le scienze. Spore è un’antologia di 128 pagine ed è composta da nove racconti. Particolare di una certa importanza, nessuno dei racconti inclusi è di qualità scarsa o discutibile. Se il racconto che dà il titolo all’antologia, Spore, è sorprendentemente buono – e drammaticamente allucinato, Il giorno più importante racconta un’imprevedibile estinzione della specie umana, Il Dottipardo è una variazione personale su modelli tipici della sf sociologica degli anni ’60, con la data di nascita e di morte prefissati dal Dottipardo e la narrazione che racconta l’inevitabile rottura dello schema fisso, Cattivi Genitori è una buffa e inattesa variazione su scala nazionale dell’ingegneria della clonazione, Natura morta un racconto particolarmente divertente sul tema delle scommesse e sulle vincite «che possono cambiarti la vita», Il guardiano del faro uno struggente addio alla specie umana e alla sua storia, Stelle cadenti la cronaca di una breve, allucinante guerra che deve non poco alla logica dei videogames, Sinestesia una intelligente variazione sul tema della percezione e La staffetta la cronaca della crisi e della scomparsa della specie homo sapiens sapiens, paralizzata dalla propria stucchevole ricchezza e da un’inutile immortalità, sostituita da una specie ad essa affine e mortale. In particolare quest’ultimo racconto colpisce per l’evidente somiglianza con la situazione degli sbarchi e del crescente arrivo di immigrati: poveri, affamati, disperati e inconsciamente ben decisi a riprendersi parte di ciò che il mondo occidentale ha sottratto loro.
Una buona antologia, in sostanza, straordinariamente ricca di suggestioni, di rimandi, di riferimenti, di accenni, un punto di partenza o, meglio, di ripartenza per chi si proponga come nuova voce in un campo apparentemente desolato come è quello dell’Italia fantascientifica.
Debbo comunque rivedere l’accusa di debolezza in campo “scientifico” per come appare nel romanzo DTS. In questa antologia l’autore sa guidare con padronanza i temi affrontati, a partire dall’ottimo Spore. Rimane sullo sfondo dell’antologia una sottile sensazione di eccessiva fretta, di ansia autoriale di giungere rapidamente allo scioglimento della vicenda narrata, quasi esistesse il timore di dimenticare prima della fine l’idea che l’ha creato. Ma si tratta, immagino, di un semplice difetto dell’età. Probabilmente dell’autore o (più probabilmente) del recensore.
In ogni caso auguro a Viscusi di avere molte altre occasioni per raccontarci una buona storia. Credo ne sia davvero capace.
Andrea Viscusi, Dimenticami Trovami Sognami
Zona42 2015, pp. 232, € 12,90
Andrea Viscusi, Spore
I Sognatori 2013, pp. 128, € 13,90
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