
Specchi neri di Arno Schmidt è un libro scritto nel 1951 ed è «il pannello conclusivo del trittico Nobodaddy’s Kinder». Scritto negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, narra di un paese reduce da una sconfitta non soltanto militare ma soprattutto epocale e di civiltà e lo trasfigura in una terra che – insieme al resto del mondo – ha subito un attacco atomico, lasciando a vivere sulla terra soltanto pochi individui, separati e senza speranza. Il protagonista – un giovane intellettuale, ateo, disincantato, esaltato da una situazione estrema – vive in un eterno presente, cercando da un lato di accantonare risorse per il futuro – cibo, combustibili, oggetti, abiti – dall’altro ridendo sulla quantità di oggetti lasciati da un’umanità scomparsa, oggetti che testimoniano la vacuità della sua esistenza. Il giovane
«si aggira in luoghi che fanno parte della privata geografia dell’autore, e ragiona a freddo sul passato e sul presente […] percorre un itinerario orientato dagli incerti della sopravvivenza e dalla ricerca più o meno consapevole di altri superstiti.»[dalla presentazione in seconda di copertina].
e gli accade di incontrare una superstite, Lisa, una ragazza armata, spinosa, umorale, imprevedibile. Ma nonostante la situazione estrema nella quale sopravvivono i due non divengono i nuovi Adamo ed Eva, e lei si concede soltanto qualche giorno di riposo per poi ripartire:
«Domani me ne vado : forse sono ancora in tempo prima di adagiarmi nelle comodità. Tu sei troppo forte per me. […] con te – non so come dire – mi faccio più pesante, più classica […] però nessuno può cambiare la propria natura.

Il protagonista, lasciato da Lisa che gli fa soltanto qualche vaga promessa di ritornare, rimane l’ultimo uomo, solo in un bosco per sempre silenzioso.
Specchi Neri non è un libro consolatorio né vuole esserlo: Arno Schmidt «non si illuse sull’attitudine dell’uomo di essere nemico all’uomo e al mondo» e consegna il protagonista / alter ego a una solitudine da ubriaco senza nessuna speranza di un risveglio da sobrio. Ad accompagnarlo frammenti di storia della letteratura, di filosofia, di fisica, di narrativa, di matematica, oltre a giochi di parole e variazioni assurde sulla lingua, evocati e ripetuti senza un ordine preciso, che si sommano e si confondono a costituire un metamondo nel quale il giovane può illudersi di poter sorridere ancora. Veramente notevole il lavoro che l’editore, Lavieri, e il curatore, Domenico Pinto, hanno costruito per dare a Schwarze Spiegel un metatesto che potesse spiegarne lo strano andamento e i continui riferimenti ad altre opere ed altri autori – prova ne sono le numerose pagine di note al testo da pagina 79 a pag. 97. Altrettanto degna di lettura la postfazione dello stesso Pinto, Per speculum. Da segnalare, infine, la bibliografia di Arno Schmidt, riportata in calce al volume, insieme alle carte geografiche della zona della Bassa Sassonia dove si muove il protagonista.

Un volume che non è facile accostare ma che merita davvero la lettura e una rilettura attenta e partecipe. Evidentemente imparentato a La Nube purpurea di Matthew Shiel e a Dissipatio H.G. di Guido Morselli, il libro di Shmidt possiede la caratteristica di una macabra giocosità che si sostanzia nella sua apparente allegria, nel suo piacere di ridere delle minime fissazioni di un’umanità ormai coniugabile soltanto al passato. Ultimo particolare, tutto sommato trascurabile per un lettore che non pratichi la lingua tedesca, è come sia sorprendente l’elasticità e la variabilità di una lingua che si ritiene solenne e rigida: un ulteriore motivo, almeno per alcuni, per leggere Specchi oscuri.
Arno Schmidt, Specchi neri (Schwarze Spiegel), Lavieri edizioni, pp. 78 + pp. 18 note al testo + pp. 7 Intervento del curatore + pp. 6 bibliografia + 2 pp. Tavoletta 2023, € 14,50, cura e trad. Domenico Pinto
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.