
Il 7 settembre 2021 è uscita per la collana Oscar Fantastica Mondadori la nuova edizione, nella traduzione storica di Eladia Rossetto, di Tre millimetri al giorno, romanzo di Richard Matheson. Oltre alla traduzione, rimasta invariata da quella uscita nel 1979 per i Capolavori della mitica collana Urania, poi riedita in Urania Collezione lo scorso agosto, anche la grafica di copertina sembra reinterpretare l’illustrazione di Karel Thole.
Ma veniamo al romanzo. Tutto ha inizio quando una nube tossica radioattiva avvolge Scott Carey durante una gita in barca con il fratello. Da quel giorno, la sua vita non sarà più la stessa. A poco a poco comincia a perdere peso e a divenire l’Incredible Shrinking Man del titolo originale. Sembra il titolo delle avventure di un supereroe, ma quelle di Scott Carey sono disavventure destabilizzanti. Perché il suo destino è segnato, condannato com’è a rimpicciolire di tre millimetri al giorno, finché non arriverà alla fatidica soglia dello zero, e di lui non rimarrà più nulla. O forse no. Chissà, forse c’è qualcosa nel mondo subatomico del sottozero?
«La realtà era relativa. Se ne convinceva sempre più ogni giorno che passava. Tra sei giorni per lui non ci sarebbe stata più nessuna realtà, e non a causa della morte. Semplicemente perché sarebbe sparito. Che realtà può esserci, quando si è alti zero centimetri?» [p. 26]

Scott Carey è l’americano medio, un uomo comune – ha una moglie, Louise, e una bambina, Beth –, che dal metro e novanta di altezza assiste al compimento del proprio destino, mosso solo dall’istinto di sopravvivenza, finché non si vede ridotto prima a caso clinico e poi, per bisogno di soldi, a fenomeno da baraccone: Scott Carey, l’uomo in miniatura, l’«Homo reductus» (p. 225). Ma in fondo lui si sente solo come uno scherzo della natura…
«Eppure era ancora un uomo. Alto sei millimetri, ma pur sempre un uomo.» (p. 243)
La sua è l’eterna lotta contro il male del quotidiano, contro la vedova nera che si mostra ai suoi occhi microscopici come un ragno gigantesco delle dimensioni di Shelob o di Ungoliant. Quello di Matheson non è infatti un orrore cosmico alla Lovecraft, ma un orrore dimesso, che trae origine dalle cose di ogni giorno; e proprio in questo Stephen King deve molto nei confronti di Richard Matheson, uno degli scrittori che più lo ha influenzato. Non solo il Re dell’orrore ha definito questo romanzo come «Un racconto del terrore, se mai ne è stato scritto uno… Una grande storia di avventura. Uno di quei pochi libri che consiglio alle persone, invidiando loro l’incredibile esperienza della prima lettura», ma lo ha anche omaggiato inElevation, suo romanzo del 2018 in cui il protagonista, chiamato proprio Scott Carey, perde peso giorno dopo giorno…
«Rabbrividì nel buio. Il suo destino, come la morte, era impossibile da concepire. No, forse peggio ancora della morte. La morte, almeno, era un concetto, era parte della vita, per quanto bizzarramente ignota. Ma chi mai si era rimpicciolito fino al nulla?» [92-93]

Ray Bradbury scrisse una volta che «nessuna etichetta è sufficiente per lui». È difficile, infatti, inquadrare questo romanzo breve o racconto lungo di Matheson in un genere in particolare, a meno che non lo si consideri un esempio del genere “mathesoniano”, che ha fatto scuola a generazioni di scrittori, ma anche di registi: non dimentichiamoci che Matheson era anche un apprezzato sceneggiatore, e fu proprio lui a lanciare un giovane regista chiamato Steven Spielberg nella realizzazione del film Duel, tratto da uno dei suoi racconti più celebri.
Chi conosce Richard Matheson – maestro assoluto della short story –, saprà che i suoi racconti (dai finali inaspettati) sono sempre a metà tra l’orrore del quotidiano e la fantascienza, e la sua opera può essere inserita nel più ampio solco della cosiddetta speculative fiction. L’immaginazione senza freni è l’unico motore instancabile alla base della sterminata produzione di questo autore. Le sue sono sempre storie “ai confini della realtà”, come la serie televisiva (il cui titolo originale era The Twilight Zone) cui contribuì in qualità di sceneggiatore. La sua prosa è inconfondibile: asciutta, scarnificata, ridotta all’osso. Le idee originali e mai banali.

In questo romanzo del 1956 – scritto di notte, dopo giornate passate al lavoro –, e da cui è stato tratto il film Radiazioni BX: distruzione uomo (con sceneggiatura dello stesso Matheson),seguiamo le vicende di Scott Carey, della sua sempre più cupa discesa negli inferi. È la discesa verso il nulla, là dove le cose sembrano diventare via via sempre più grandi e lui sempre più piccolo, mentre sprofonda nella paranoia esistenziale del misterioso morbo che lo affligge, l’«incredibile catabolismo» (p. 31).
«Per l’uomo zero centimetri è il nulla. Zero significa nulla» (p. 317)
Tre millimetri al giorno è, come Io sono leggenda, un romanzo di sopravvivenza, in cui una vedova nera può sembrare più temibile dei vampiri che assediano la casa di Robert Neville, se si è alti quindici millimetri. È la storia di un Robinson Crusoe più piccolo di un lillipuziano che deve scendere a patti con il proprio destino. Ma è anche la storia, tragica e dolorosa, di un uomo costretto ad assistere al declino delle relazioni con la propria famiglia oltre che di se stesso.
Se lo schema adottato in Tre millimetri al giorno è, alla fine, lo stesso di Io sono leggenda, il tema del protagonista rinchiuso in uno scantinato riporta agli albori della carriera di Matheson. Era il 1950 quando il suo primo e di gran lunga più conosciuto racconto, Nato d’uomo e di donna (Born of Man and Woman), apparve su The Magazine of Fantasy and Science Fiction, dando poi il nome alla sua prima raccolta di racconti. Il racconto, ispirato aL’estraneo (The Outsider) di H.P. Lovecraft, ha per protagonista un essere tenuto nascosto dai suoi stessi genitori per via della sua mostruosità.
«Oh Dio, Dio mio, anche prigioniero, adesso! Un mostro che la gente perbene chiude in cantina in modo che il mondo non scopra l’orrendo segreto!» (p. 191)

A quindici millimetri di altezza, Scott Carey vive rinchiuso nel proprio scantinato, prigioniero di se stesso, nella perenne lotta contro un nemico a sette zampe (che ne ha persa una a causa sua e sembra volersi vendicare); la sua vestaglia è fatta di lacci strappati; il suo corpo rimpicciolito riposa su un letto di spugna; si nutre di briciole e pensa a una sola cosa: sopravvivere.
In questo frangente che gli resta prima di scomparire, Scott ripercorre il proprio passato, tra luci e ombre. Tuttavia, la narrazione mal risente della scelta di un intreccio basato su due piani temporali, che alterna presente e passato, e ne viene talvolta appesantita. Il finale è abbastanza prevedibile, e poco sviluppato: per questo mi ha lasciato un poco con l’amaro in bocca. Da un maestro del colpo di scena, del ribaltamento di prospettive, era lecito aspettarsi qualcosa di più. Sicuramentenon è alla pari di Io sono leggenda, vero e proprio capolavoro dell’autore. Mentre il secondo non permetterà di farsi staccare gli occhi di dosso durante tutta la lettura, Tre millimetri al giorno è a tratti difficile da seguire, con parti meno coinvolgenti e poco intriganti. Ciò nondimeno, è un classico che non può mancare nella libreria degli appassionati di fantascienza, soprattutto quando unita all’elemento del terrore. Insomma, se siete appassionati di horror, sf e dintorni, leggete Richard Matheson!
Richard Matheson, Tre millimetri al giorno, Mondadori Oscar 2021, pp. 320, € 14,00 [e-book con DRM 7,99], trad. Eladia Rossetto.
Idem ed. Fanucci [fuori cat.], € 6,00
Si ringrazia l’Ufficio Stampa Mondadori per aver gentilmente inviato una copia del libro in formato pdf al recensore.
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