Lo gnosticismo psichedelico di Philip K. Dick

A distanza di dieci mesi dall’uscita di Ubik, Mondadori riporta in libreria un altro capolavoro di Philip K. Dick, Le tre stigmate di Palmer Eldritch. Il libro è uscito ieri, mentre oggi si celebrano i quarant’anni dalla morte dell’autore, avvenuta a causa di un ictus il 2 marzo 1982 nell’ospedale di Santa Ana, in California, quattro mesi prima dell’uscita del film Blade Runner, tratto dal suo romanzo del ‘68 Ma gli androidi sognano pecore elettriche?.Ma parliamo de Le tre stigmate di Palmer Eldritch, uscito in una nuova veste grafica e nella traduzione di Marinella Magrì.
I
Nella seconda metà del 1963 accadde un fatto che segnò profondamente Dick, già sull’orlo di un matrimonio fallito con la terza moglie Anne e scosso per l’assassinio del presidente Kennedy e per la morte dei suoi amati gatti. Un giorno, di ritorno a casa, vide un orrendo volto in cielo. Così lo descrisse verso la fine degli anni ‘70: «Non la vidi realmente, però c’era, e non era una faccia umana; era un immenso volto che esprimeva la perfetta malvagità. […] Comunque la faccia esisteva. Era immensa, riempiva un quarto di cielo. Aveva scanalature vuote al posto degli occhi. Era metallica e crudele e, cosa peggiore di tutte, era Dio» (L. Sutin, Divine invasioni. La vita di Philip K. Dick, Fanucci, Roma 2001,p. 173). La visione di quel volto maligno durò per parecchi giorni, e come suggerisce Sutin, era probabilmente indotta dall’abuso di anfetamine che assumeva per sfornare tre romanzi all’anno. Phil andò a confessarsi da un prete, che gli disse che la faccia metallica che aveva visto era in realtà un’apparizione di Satana. In realtà, Dick lo collegò poi al ricordo di quando aveva quattro anni e suo padre Edgar, ex marine, indossava una maschera antigas mentre gli raccontava degli orrori della Prima Guerra Mondiale di cui era stato testimone. La faccia che Dick aveva visto in cielo nel 1963, quel «viso metallico, cieco, inumano […] e assolutamente malvagio» (p. 174) che poi avrebbe attribuito a Palmer Eldritch, era il volto di suo padre con la maschera antigas.
Phil era dotato di una così fervida immaginazione da riuscirgli difficile distinguere il sogno dalla realtà: come scrive Sutin nella sua biografia Divine invasioni, «[Dick] Era uno scrittore di narrativa fantastica, che immaginava e rielaborava persino gli accadimenti della sua stessa vita» (p. 172).Un altro ingrediente alla base del futuro romanzo Le tre stigmate di Palmer Eldritch sono le Barbie dolls. Per il Natale di quell’anno, il 1963, Phil regalò alle quattro figlie di sua moglie Anne le bambole di Barbie e Ken. Ispirandosi a quelle bambole, nel mese di dicembre, Dick pubblicò su Amazing Stories un racconto intitolato The Days of Perky Pat (“I giorni di Perky Pat”), uno dei nuclei di quello che sarebbe di lì a poco diventato Stigmate. Infatti, Dick iniziò il romanzo all’inizio del 1964, e lo completò solo tre mesi dopo, nel mese di marzo. In esso ricompaiono i plastici di Perky Pat e Walt, chiare trasposizioni di Barbie e Ken.
Le tre stigmate di Palmer Eldritch uscì nel 1965 per la Doubleday, la prestigiosa casa editrice che pubblicava i grandi scrittori di fantascienza come Isaac Asimov e Ray Bradbury, e fu pubblicato in un periodo di profonda crisi coniugale, in cui il suo matrimonio con Anne stava vacillando. In Stigmate sono molto evidenti gli echi di questo momento: possiamo identificare Richard Hnatt, il marito di Emily, con Richard Rubenstein, il precedente marito di Anne; la valigetta psichiatrica chiamata dottor Smile con lo psicologo (citato da Sutin come Dottor X) da cui i due coniugi erano in cura; e ovviamente Emily Hnatt, ex moglie del protagonista Barney Mayerson (un alter ego di Dick), con Anne, che come Emily era una talentuosa artista (l’una produttrice di gioielli e l’altra scultrice). Inoltre, per un certo periodo, Dick fece ricoverare sua moglie Anne in un ospedale psichiatrico, episodio che potrebbe trovare una corrispondenza nella Terapia E (dove E sta per evoluzione) del romanzo, cui Emily si sottopone per volontà del marito.

II
Le atmosfere del romanzo sono tra le più cupe di Dick. Stigmate è ambientato in un futuro distopico in cui le alte temperature causate dal riscaldamento globale hanno reso la Terra quasi invivibile. Una dying Earth che si avvicina inesorabilmente alla wasteland di Marte, un pianeta inospitale, sterile e desolato. L’uomo ha conquistato tutto il Sistema solare, e si è stabilito anche su Marte. Ma la vita, per i coloni del pianeta rosso, è miserabile. Costretti ad abitare in tuguri sotterranei, trovano un po’ di sollievo nel ricordo della Terra, indotto attraverso il Can-D, una droga spacciata dagli uomini di Leo Bulero, mentre la sua ditta, la P.P. Layouts vende i plastici di Perky Pat. Masticando il Can-D e utilizzando questi plastici, i coloni possono così “traslarsi”, cioè vivere per poco tempo nei corpi di Perky Pat e Walt. Ma una volta finito l’effetto si torna a vivere nella dura realtà marziana. Gli affari sembrano andare a gonfie vele per Bulero, ma ecco che su Plutone viene ritrovata la navicella di Palmer Eldritch, il famoso imprenditore ritornato nel Sistema solare dopo dieci anni passati nel Sistema di Proxima Centauri e che si credeva morto da tempo. Al suo ritorno, Palmer Eldritch lancia sul mercato il Chew-Z. Quando si assume questa nuova droga, però, si entra in un universo virtuale, dove ogni cosa è governata dall’oscura presenza di Palmer Eldritch e cade ogni distinzione tra realtà e allucinazione, per entrare in un zona grigia dove tutti portano le tre stigmate di Palmer Eldritch: un braccio artificiale, denti metallici e fessure con lenti grandangolari al posto degli occhi.
Stigmate (1965) contiene in nuce molti degli elementi attorno a cui si sviluppano i romanzi dickiani, un’opera che può essere considerata sintesi della sua produzione e punto di incontro di molti altri suoi scritti – l’omphalos, come avrebbe detto Phil. L’ambientazione su Marte è recuperata da Noi marziani (1964), le teorie gnostico-mistiche verranno riprese in maniera più estesa in Valis (1981), la subcultura della droga verrà approfondita in Un oscuro scrutare (1977), mentre Ubik (1969) gli sarà superiore nella psichedelia della trama e nello sviluppo del tema degli pseudo-mondi. Stigmate costituisce peraltro il terreno preparatorio per Ubik: ritroviamo infatti schemi narrativi e personaggi che Dick adotterà nella stesura del suo romanzo più celebre. Il protagonista (Barney Mayerson – Joe Chip) lavora per una ditta che ha a che fare con poteri psichici, al cui vertice vi è l’imprenditore (Leo Bulero – Glen Runciter) attorno a cui ruota la storia, pur non essendone il protagonista. In entrambi i romanzi compare l’immancabile dark-haired girl: in Ubik sotto il nome di Patricia Conley, e in Stigmate sdoppiata in Rondinella Fugate e nella fanatica religiosa Anne Hawthorne (che porta il nome della terza moglie di Dick). Si possono accostare anche i due creatori di pseudo-mondi, Palmer Eldritch e Jory. Nello stesso tempo si dice anche che Eldritch «è ovunque» (p. 233), è ubiquo, proprio come la bomboletta spray che dà nome al titolo: la sua presenza ha invaso il Sistema solare. Ogni cosa è Palmer Eldritch. Inoltre, i personaggi che hanno assunto il Chew-Z si sentono come fantasmi, grazie a rovesciamenti di prospettive, proprio come i protagonisti di Ubik. In ultima analisi, Joe Chip vive in uno pseudo-mondo in cui lui è morto ma si trova in uno stato di semivita. Allo stesso modo, Stigmate sembra precorrere questo senso di disorientamento nel lettore attraverso il personaggio di Leo Bulero, che crede di essere su Sigma 14-B, un satellite artificiale, quando in realtà il suo corpo è sulla Luna, dove Palmer Eldritch gli ha iniettato un’endovenosa di Chew-Z. Come viene confermato dalle parole di Dick, «Il suo corpo sostanziale era su Luna. Lui non era realmente lì» (p. 108).
Le tre stigmate di Palmer Eldritch è una chiave di accesso al mondo surreale e allucinato di Dick, è il modo con cui uno scrittore di fantascienza risponde al dilemma ontologico che più lo ossessiona: “Cosa è reale?”. Come diceva Dick stesso, i suoi romanzi sono libri che «cercano di squarciare il velo di ciò che è reale solo in modo apparente per scoprire ciò che è realmente reale». I libri di Dick mettono in seria difficoltà le fondamenta delle nostre (apparentemente) incrollabili certezze: mettono in dubbio la realtà stessa in cui viviamo, ci mettono in guardia da realtà illusorie, e tanto i suoi personaggi quanto i lettori devono essere disposti a mettere in dubbio ogni cosa per potersi lanciare in un costante “test di Turing” ontologico e chiedersi: quando inizia lo pseudo-mondo e quando finisce la realtà?
In questo romanzo Dick gioca con gli elementi classici della fantascienza (dall’invasione aliena al cyborg Palmer Eldritch, dal pianeta Marte alla Terra sull’orlo dell’apocalisse) in una maniera tale da aver portato il suo biografo Lawrence Sutin a definirlo come la «la storia più intelligente mai scritta su un’invasione della Terra» (p. 163).
«Quello che ci troviamo ad affrontare, rifletté, non è un’invasione terrestre da parte dei proximiani, esseri provenienti da un altro sistema. A invaderci non sono le legioni di una razza pseudo-umana. No. È Palmer Eldritch. È ovunque, ormai. E non fa che crescere e propagarsi come una gramigna impazzita. […] Repliche, estensioni di quell’individuo, a popolare tre pianeti e sei lune. Quell’essere è un protoplasma. Si diffonde e si riproduce e si scinde, e tutto per mezzo di quella droga aliena derivata da un lichene, quell’orribile, indegno Chew-Z. […] Perché è con questo sistema che Eldritch riesce in qualche maniera a controllare ognuno dei mondi allucinatori indotti dalla droga, e io so – lo so! – che quel farabutto è in ognuno di essi. Mondi illusori indotti dal Chew-Z, e che sono tutti nella testa di Palmer Eldritch, rifletté. Io l’ho toccato con mano. Il guaio è che una volta entrato in uno di quei mondi non puoi più sgusciarne fuori. Anche se pensi di essertene liberato, ci sei ancora invischiato. È un accesso a senso unico e, per quanto ne so, io ci sono ancora dentro.» (pp. 190-191)
Come ha scritto Paul Williams nel suo profilo di Philip K. Dick pubblicato sulla rivista Rolling Stone (6 novembre 1975), Le tre stigmate è il romanzo più spaventoso che Philip K. Dick abbia mai scritto, forse una riflessione sul suo terzo esaurimento nervoso (sperimentato all’età di trentatré anni) e ispirato a un articolo sugli effetti dell’LSD letto nel ‘62 o nel ‘63. E infatti, nel romanzo, una volta che Leo e Barney assumono il Can-D, non si è mai del tutto certi della realtà in cui vivono.

III
«Leo Bulero prese a urlare… e poi, Palmer Eldritch apparve all’improvviso.
«Ti sbagliavi» disse Eldritch. «Non ho trovato Dio nel sistema di Proxima. Ma ho trovato qualcosa di meglio. […] Dio promette la vita eterna. Io posso fare di meglio: recapitarla a domicilio.»
(p. 91)
Nel 1938 il chimico svizzero Albert Hofmann dei laboratori Sandoz produsse il dietilammide dell’acido lisergico LSD-25, comunemente noto come LSD, di cui sperimentò in prima persona gli effetti allucinogeni. Nel 1947 la Sandoz commercializzò l’LSD, principalmente come prodotto per per il trattamento della schizofrenia. Nella California degli anni ‘60 l’uso di sostanze psicotrope come l’LSD era un’abitudine talmente diffusa da costringere le autorità locali a dichiararlo illegale nel 1966. Un entusiasta sostenitore delle droghe psichedeliche fu Aldous Huxley, autore de Il mondo nuovo, che morì lo stesso giorno di C.S. Lewis e del presidente J.F. Kennedy proprio a causa di un’iniezione di LSD somministratagli dalla moglie, la torinese Laura Archera.
Paul Williams, nel suo profilo su Philip K. Dick pubblicato su Rolling Stone, ha definitoStigmate come «the classic LSD novel of all time». Nel 1969 Dick ricevette una telefonata da Timothy Leary, che chiamava dalla stanza d’albergo di John Lennon, in Canada, dove i Beatles erano in tournée. I due avevano appena finito di leggere Le tre stigmate di Palmer Eldritch e ne era rimasti estasiati. Addirittura John Lennon aveva intenzione di trarne un film. Due anni prima i Beatles avevano inciso l’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, con all’interno la celebre canzone scritta da John Lennon Lucy in the Sky with Diamonds, le cui iniziali alludono all’acido lisergico. Timothy Leary era uno psicologo espulso da Harvard che predicava una nuova religione fondata sul sacramento dell’LSD, un po’ come il culto dei coloni di Marte per il Can-D. Oltre a fare ricerche sulle droghe psichedeliche, nell’ultima parte della sua vita, Leary passò da figura di spicco della controcultura americana a promotore del movimento cyberpunk, e definì Dick come «fanta-filosofo dell’era quantistica». A completare il quadro, nel 1971 uscì la traduzione tedesca de Le tre stigmate di Palmer Eldritch, il cui titolo venne cambiato in LSD-Astronauten.
Non si deve però correre il rischio di farci un’idea sbagliata di Philip K. Dick, perché infatti, come scrive Sutin nella sua biografia Divine Invasioni:
«A Phil l’LSD non piacque mai molto. Lo prese solo rarissime volte, nonostante le voci incontrollate che asserivano che scrivesse sotto l’effetto di acidi – voci di cui Phil si doleva, ma che era stato lui stesso a provocare. Nel 1964 si fece degli acidi in almeno due occasioni, con Newkom e con Ray Nelson. Quest’ultimo rammenta che durante il trip Phil sudava, si sentiva isolato e stava rivivendo la vita di un gladiatore romano, parlava in latino e si sentiva una lancia conficcata nel corpo» (p. 192)
Non mancano le contraddizioni. Come ricorda Paul Williams, tutti i romanzi dickiani (36 per la precisione) sono stati scritti di getto, sotto anfetamine. Lo stesso Dick gli aveva spiegato che era impossibile per lui scrivere senza. Tuttavia Dick scrisse Le tre stigmate di Palmer Eldritch prima di sperimentare le droghe psichedeliche. Quando nel 1967 venne pubblicata l’antologia Dangerous Visions, in cui venne incluso il racconto La fede dei nostri padri (“Faith of Our Fathers”) di Philip K. Dick, il curatore della raccolta, Harlan Ellison, scrisse nell’introduzione al racconto di Dick che La fede dei nostri padri, così come il romanzo Le tre stigmate di Palmer Eldritch, erano stati scritti in un trip allucinatorio sotto LSD. Questo non era vero e fu smentito dallo stesso Dick, che ammise di non aver mai scritto sotto l’influsso di droghe psichedeliche: «Ci ho provato una volta, ma veniva tutto in latino e sanscrito!», disse. L’effetto allucinogeno dei suoi romanzi nelle realtà simulate che descriveva, aggiunge Williams, era una caratteristica insita nello stile di Dick e non era indotta dalle sostanze che assumeva.

IV
Resta una domanda. Chi è davvero Palmer Eldritch?
Dick lascia la questione aperta, quindi possiamo fare solo supposizioni. Una visione in chiave fantascientifica dell’Anticristo? Un falso profeta? Un magnate abitato dall’oscura presenza di un parassita alieno, di una divinità maligna, come il demiurgo dello gnosticismo? Quando Barney incontra Palmer Eldritch su Marte si chiede se «c’era dell’altro in Eldritch» (p. 168). In lui vi è un che di arcano, di inspiegabile. Anche i nomi meritano la giusta attenzione: il nome della droga prodotta da Leo Bulero, Can-D, in inglese, è omofono di candy “dolcetto”; mentre il nome della droga di Palmer Eldritch, Chew-Z, è omofono di choosy “esigente, schizzinoso”. Lo stesso nome di Palmer Eldritch è carico di significati: eldritch significa “sinistro, spettrale, spaventoso”; è l’unheimlich di cui parla Freud. Palmer (“palmiere” in italiano) è il nome con cui si designavano i pellegrini che tornavano dalla Terra Santa recando una palma sul bastone. Secondo Francesca Rispoli, autrice del saggio Universi che cadono a pezzi: la fantascienza di Philip K. Dick, Palmer Eldritch è il “pellegrino che torna dalla Terra Santa”, che «si ripresenta improvvisamente sulla Terra, dopo un viaggio nel sistema di Proxima durato dieci anni, sotto le spoglie di un imprenditore terrestre noto in tutta la galassia. Egli porta con sé una nuova droga allucinogena sintetizzata da un lichene che cresce in quei lontani territori dello spazio» (p. 110). Ecco dunque svelati il pellegrino e la sua palma.
«Un malvagio visitatore filtra fino a noi dal sistema di Proxima, rifletté, a offrirci quello per cui abbiamo pregato negli ultimi duemila anni. E allora perché è così palpabilmente orribile?, si chiese. Difficile dirlo, ma così è. Forse perché ci renderà schiavi di Eldritch, proprio come è successo a Leo. D’ora in poi Eldritch sarà fra noi costantemente, infiltrandosi nelle nostre vite. Mentre Lui, che in passato ci ha protetti, se ne resta lì, impassibile.
Ogni volta che saremo in traslazione non vedremo Dio, ma Palmer Eldritch, disse fra sé.» (p. 156)
Nell’Introduzione a Ubik, Emmanuel Carrère aveva anticipato che il tema della sua prefazione a Le tre stigmate di Palmer Eldritch, sarebbe stata «la teologia e più precisamente la gnosi» (p. VII). La scoperta dello gnosticismo è un aspetto importante per capire Stigmate e soprattutto il suo autore, Philip K. Dick. Come ricorda Sutin, la visione del volto in cielo spinse Dick a entrare nella Chiesa episcopale («a quell’epoca Phil e Anne stavano frequentando il corso per prendere la cresima», p. 175), che prevedeva la dottrina della transustanziazione dell’eucarestia. Dick restò profondamente affascinato dal dogma della transustanziazione e dalla sua simbologia, e questo lo portò a leggere il saggio Il simbolo della trasformazione nella Messa, in cui Carl Gustav Jung ipotizza radici gnostiche del sacramento dell’eucarestia.
In Stigmate, il romanzo che Phil stava scrivendo proprio in quel periodo, ritroviamo un rovesciamento dell’eucarestia: la traslazione del Chew-Z ricorda la transustanziazione del pane e del vino. Marx diceva che la religione è das Opium des Volkes: ne Le tre stigmate di Palmer Eldritch, ribaltando la frase, è la droga a essere la religione dei popoli. Nella prima parte del libro Leo dice: «È come la religione: il Can-D è la religione dei coloni» (p. 28). In seguito, nel pieno della sua ossessione religiosa, Dick si pentirà di questa possibile lettura del suo romanzo.
«Come lei saprà, mangiare il Can-D provoca una traslazione, come la chiamano loro, in un altro mondo. Tuttavia è un evento laico, perché è temporaneo e si verifica solo nel mondo fisico. Il pane e il vino…» (p. 131)
Allo gnosticismo si deve la concezione del demiurgo, il creatore della realtà materiale, del mondo imperfetto in cui viviamo, identificato nel dio dell’Antico Testamento, che è un falso dio, poiché il vero Dio è un dio nascosto, un deus absconditus, che può essere raggiunto solo tramite la gnosis, la conoscenza spirituale. Palmer Eldritch può essere considerato un demiurgo fantascientifico, come Ahriman, il demone zoroastriano ne La città sostituita (1957). In quest’ottica, è affascinante paragonare lo scrittore di fantascienza al demiurgo, in quanto creatore – o per usare una terminologia tolkieniana, “sub-creatore” – dello pseudo-mondo in cui ambienta il suo romanzo.
La concezione gnostica del demiurgo si riflette nella realtà illusoria creata da Palmer Eldritch. L’imprenditore interplanetario fa ritorno dal sistema di Proxima Centauri con una nuova droga illegale estratta da un lichene alieno, il Chew-Z, che una volta ingerita consente di trasportare il fruitore in un’altra realtà di cui Eldritch è l’onnipresente Dio le cui “tre stigmate” includono un braccio artificiale, denti d’acciaio e occhi lenticolari e «rappresentano la trinità malvagia e distruttrice: l’alienazione, la realtà indistinta e la disperazione che Eldritch ha portato con sé da Proxima.» (pp. 235-236).
«[Il mondo del Chew-Z] È un mondo illusorio, nel quale Eldritch occupa le posizioni chiave, come fosse un dio, offrendoti la possibilità di fare ciò che in realtà è impossibile fare: ricostruire il passato come avrebbe dovuto essere.» (pp. 182-183)
L’incapacità di distinguere tra realtà e illusione, oggettivo e soggettivo, provoca un’atmosfera allucinata e un senso di spaesamento nel lettore. Nei suoi scritti, Dick parlava di idios kosmos “mondo privato” e koinos kosmos “mondo condiviso”, rifacendosi a un frammento di Eraclito (DK B89):
«Unico e comune è il mondo (κοινὸν κόσμον ) per coloro che sono desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo proprio e particolare (ἴδιον)» (I presocratici. Testimonianze e frammenti, Laterza, Bari 1975, vol. I, p. 215, tr. it. di G. Giannantoni)
Ne La ragazza dai capelli scuri (1988), aggiunge: «Se due persone sognano lo stesso sogno, questo cessa di essere un’illusione; l’unico altro test che distingueva la realtà dall’allucinazione era il consensus gentium, che ci fosse anche un altro o diversi altri che la vedevano. È questo l’idios kosmos, il sogno interiore, in contrasto con il sogno condiviso di noi tutti, il koinos kosmos.»
NeLe tre stigmate di Palmer Eldritch,i personaggi dubitano della propria esistenza, si chiedono se non siano proiezioni della mente di qualcun altro (ed è inquietante pensare che quel qualcun altro sia Palmer Eldritch), come in un racconto di Jorge Luis Borges, Le rovine circolari, inserito nella sua raccolta più famosa, Finzioni.
I libri di Dick non sono semplici letture: sono esperienze. È come se anche noi lettori fossimo sotto l’effetto di una qualche allucinazione da cui è impossibile uscire. Chiuso il libro, il mondo non sarà più lo stesso.

Philip K. Dick, Le tre stigmate di Palmer Eldrtich, Mondadori, Milano 2022, pp. 252, € 13,50, a cura di Emanuele Trevi, trad. Marinella Magrì, introduzione di Emannuel Carrère
Nota: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Oscar Mondadori per aver gentilmente fornito una copia in pdf del libro al recensore.
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