Musica dalla spiaggia del paradiso è un romanzo peculiare anche nella produzione di John Ajvide Lindqvist, il primo volume di una trilogia, non esente da pecche ma suggestivo, un weird nel quale la narrativa fantastica è contaminata da horror, mystery e uno spruzzo di surrealismo e condita da riflessioni filosofiche e possibili allegorie.
Nonostante l’autore venga spesso indicato come «lo Stephen King svedese» (e in questo romanzo esistono punti di contatto con The dome) , durante la lettura vengono alla mente anche altri nomi: i tanti autori giapponesi che hanno sviluppato con maestria il tema della pervasività del ricordo, ad esempio, e non sarebbe fuori luogo citare, per quanto riguarda la possibilità di un incubo collettivo, P. K. Dick (l’Occhio nel cielo, Ubiq).
La trama è apparentemente semplice. Quattro gruppi di campeggiatori svedesi, dieci persone in tutto, trascorrono le vacanze estive in un’area attrezzata boscosa accanto a un bel lago. Una mattina si svegliano scoprendo di essere finiti in un luogo molto diverso da quello in cui si sono addormentati la sera prima. Il lago e il bosco sono spariti, caravan e auto sono bloccati in un paesaggio verdeggiante sovrastato da un cielo blu, dove il sole non sorge e non tramonta.
La landa, così i dispersi battezzano questo non-luogo, è una distesa infinita che li circonda da ogni parte, un mondo privo di suoni, di uccelli, di alberi, di fiori. Niente edifici all’orizzonte, niente strade, nessuna traccia di civiltà umana. Non esistono punti di riferimento. Le autoradio trasmettono unicamente canzoni scritte dall’icona pop degli anni Sessanta Peter Himmelstrand. I GPS continuano a sfornare le mappe del mondo precedente: fiumi, laghi, strade asfaltate, come scoprono straniti i campeggiatori mentre percorrono lentamente la landa con le auto. I cellulari funzionano, ma sono privi di campo. L’erba che ricopre il territorio odora di sangue.
Le ipotesi dei campeggiatori su quanto è loro accaduto sono diverse: qualcuno è certo che i loro veicoli e loro stessi siano stati spostati durante la notte, altri sono convinti che il paesaggio esterno sia stato cancellato, almeno uno di loro ritiene che la landa sia il prodotto di un suo sogno.
Inizialmente tutti si sforzano di reagire alla situazione in modo razionale: fanno un inventario del cibo disponibile, marcano i percorsi compiuti in auto con paletti distanziati regolarmente per ritrovare la strada verso “casa”.
Presto, però, scoprono peculiarità sempre più inquietanti del nuovo mondo: quando si inoltrano nella landa creature misteriose appaiono davanti a loro incarnando le loro paure segrete, e personaggi del loro passato: un padre violento, un uomo mutilato e coperto di sangue, una tigre e varie versioni di James Stewart nei suoi ruoli più famosi. Ominidi riarsi, a metà fra il vampiro e lo zombie, invadono l’accampamento comune, una pioggia corrosiva perfora auto e roulotte e ferisce i malcapitati. Un muro fatto di oscurità impenetrabile incombe sulla piana.
Terrorizzati, i naufraghi rivivono in lunghi flash le vicende più dolorose che si sono lasciati alle spalle e reagiscono con crescente violenza nei confronti dei compagni.
La descrizione minuziosa dei personaggi, la ricostruzione delle loro ossessioni è il punto forte del romanzo: mal assortite e molto differenti fra loro, le due famiglie con figli piccoli e le due coppie in là con gli anni danno ai lettori l’impressione che tra loro ci sia ben poco da salvare: un marito che maltratta la compagna e il cane, un ex calciatore e la moglie modella che ha mancato l’occasione della sua vita, un buon marito che non ha capito niente della moglie, e lei che ha accuratamente censurato il proprio passato, una bambina troppo adulta e abilissima manipolatrice, un bambino solitario e ripiegato su se stesso. Gli unici a suggerire empatia sono i due uomini di mezz’età che si sono presi cura uno dell’altro quando sono restati soli, il cane Benny e la gatta Maud che, da nemici inevitabili, diventano pian piano curiosi e capaci di solidarizzare. Grazie a lunghi (anche troppo) flash, Lindqvist mostra che le vite di tutti loro sono state traumatizzate da esperienze che li hanno resi soli, egocentrici, sempre sulla difensiva, incapaci di collaborare. E di immaginare che dietro la facciata arrogante o diffidente di ognuno degli altri ci siano altre solitudini, altre disperazioni.
Un po’ sfinito da questa scrittura labirintica, dalla mancanza di spiegazioni per l’intera vicenda (la landa è la metafora di un purgatorio al quale non seguirà il paradiso? È un incubo collettivo? Il frutto malsano di un sogno solitario?) il lettore si aggrappa ai temi suggestivi della persistenza dei ricordi e del valore della memoria e prosegue a leggere per testardaggine: come riuscirà, Lindqvist a chiudere degnamente tutte le storie assemblate?
Devo ammettere che il finale è una delle parti migliori, ironico, fantastico più che horror, quasi un gioco sull’arte di scrivere e sul cinema.
Accanto a questi pregi, occorre segnalare alcune pecche:
– Il gioco a rialzo condotto da Lindqvist rende la situazione sempre più complessa (e confusa) enfatizzando la crudezza delle scene e i comportamenti sempre più assurdi dei personaggi.
– L’insistenza sugli avatar delle paure individuali e la scelta di Lindqvist di raccontare dal punto di vista di un narratore onnisciente che salta da una testa all’altra, spingono il lettore a prendere le distanze e a seguire la vicenda soprattutto come un voyeur che non solidarizza con i personaggi.
– La lunghezza eccessiva del romanzo, un difetto che ho notato anche ne Il Porto degli spiriti.
– Alcune peculiarità del racconto rendono la lettura un po’ meno agevole di quanto sarebbe auspicabile.
Cominciamo dal titolo originale: Himmelstrand, riferibile sia a Peter Himmelstrand, autore molto conosciuto e amato in Svezia (al quale l’autore ha dedicato il libro), sia al suo significato letterale: Spiaggia del paradiso. Solo un lettore svedese coglierà appieno il riferimento (indicato comunque in una delle pagine del colophon).
Tra gli altri riferimenti ricorrenti ci sono alcuni cartoni animati svedesi e la saga di Star Wars, ai quali il bimbo silenzioso è molto devoto, e un lungo flash sull’ambiente della destra estrema di Stoccolma. Niente di insuperabile per un lettore motivato, intendiamoci, anche se una nota dell’editore non avrebbe nuociuto.
Himmelstrand è il primo volume di un trilogia intitolata Platserna («Il posto») il secondo volume,(Rörelsen: den andra platsen ossia «Movimento, il secondo posto») pubblicato da Marsilio con il titolo L’altro posto, è strettamente legato al primo per l’ambientazione, tanto che in una recensione inglese viene proposto di leggerlo per primo per comprendere meglio la realtà della landa. Il terzo libro della trilogia, X: Den sista platsen, («X: L’ultimo posto») non è ancora pubblicato in Italia.
Una curiosità: mentre nella traduzione italiana i due titoli, Musica dalla spiaggia del paradiso e L’altro posto, risultano molto fedeli all’originale, i due titoli toccati in sorte al pubblico anglofono sono piuttosto insensati, stravolgendo le intenzioni dell’autore: I Am Behind You e I Always Find You. Mah.
Romanzi
- Lasciami entrare, 2004, trad. Giorgio Puleo, Marsilio Editore, 2006
- L’estate dei morti viventi, 2005, trad Giorgio Puleo, Marsilio Editore, 2008
- Il porto degli spiriti, 2010, trad. Giorgio Puleo, Marsilio Editore, 2010
- Una piccola stella, 2010, trad. Alessandro Bassini, Marsilio Editore, 2013
- Musica dalla spiaggia del paradiso, 2014, trad. Alessandro Bassini, Marsilio Editore, 2015
- L’altro posto, 2015, trad. Alessandro Bassini, Marsilio Editore, 2018
Antologie di racconti
- Muri di carta, traduzione di Alessandro Bassini, Marsilio Editore, 2012
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