Prima parte
Alcuni scrittori, ben noti per la loro frequentazione del fantastico, come Mary Shelley, Edgar Allan Poe e, in tempi più vicini a noi, Shirley Jackson e P.K. Dick hanno esercitato una profonda influenza sulla narrativa mainstream, contribuendo a rendere i confini di genere sempre più labili. È quindi abbastanza strano che un autore tanto peculiare come Thomas Ligotti (Detroit 1953), accostato a nomi autorevoli come Lovecraft, Kafka e Nabokov, resti uno scrittore stimatissimo ma poco noto al grande pubblico generalista.
Sicuramente a contribuire alla sua solida reputazione è stato il suo esordio nel mondo del weird. Dopo una serie di racconti su fan magazine e riviste semi-professionali Ligotti pubblicò, in piccola tiratura, la sua prima antologia, Canti di un sognatore morto (1986), All’epoca era uno sconosciuto ma, anche grazie all’introduzione scritta da Ramsey Campbell, divenne noto nell’ambiente weird, sia in patria sia nel Regno Unito. Ora, quell’antologia è diventata un classico. Altre ne seguirono, come Lo scriba macabro (1991), Nottuario (1994).
Con la racconta The Nightmare Factory (1996), che comprende tutte e tre le precedenti, Ligotti vinse il Bram Stoker Award e il British Fantasy Award. Nel 2002 pubblicò l’antologia My Work Is Not Still done.
Per altri titoli di narrativa e saggistica rimando al Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Il Saggiatore e Perseo Libri-Elara.
Nel febbraio 2020 lo scrittore è stato insignito dal HWA (Horror Writers Association) del Lifetime Achievement Award.
Ligotti è focalizzato unicamente sul weird, di cui è forse l’esponente odierno più peculiare. È infatti uno dei pochi autori a ispirarsi direttamente ai grandi maestri (Poe, Lovecraft, Machen, Blackwood) saltando le influenze degli scrittori più recenti. I personaggi umani delle sue opere non sono il perno della storia ma piuttosto il tramite verso l’irreale, anche se è riuscito a darci personaggi memorabili in racconti quali Il birichino, Il chimico, Lo Tsalal, L’ultimo banchetto di Arlecchino, L’angelo della signora Rinaldi.
In superficie le sue storie possono apparire quasi tradizionali: sono spesso collocate in luoghi tipici dell’horror sovrannaturale e del gotico (manicomi, borghi solitari e infestati, teatri e cinema abbandonati, librerie remainder’s piene di vecchi volumi esoterici) e ospitano molti elementi tipici del genere (marionette, manichini e clown). Ma una volta entrati nel mondo di Ligotti, ci si rende conto che il centro del suo lavoro è un assalto sistematico al reale, che l’autore considera una faccenda prosaica e priva di valore intrinseco. Così, nelle sue storie prevalgono l’immaginazione onirica, l’allucinazione, il disprezzo per la vita reale, l’esplorazione dell’Oltre. Per l’autore il mondo che ci circonda e il nostro rapporto con esso sono fluidi.
Con queste premesse, è difficile classificare il suo lavoro usando le convenzioni dell’horror sovrannaturale: nelle sue storie non vi è uno strappo della vita quotidiana provocato da un’entità malvagia e, alla fine, ricucito restaurando un ordine rassicurante. Piuttosto, l’irrazionale irrompe nel mondo reale perché il reale di Ligotti è così frammentario e labile che il contrasto fra naturale e sovrannaturale, così come il nesso causa-effetto, non sono mai sufficientemente stabiliti. La domanda centrale della sua narrativa non è «come posso confrontarmi con l’irreale?» ma «io, sono reale?» I manichini e le bambole che popolano la quotidianità sono lì a ricordarci la nostra essenza di bambole che credono senza motivo di essere soggetti e non oggetti delle vicende che vivono, come nell’inquietantissimo Sogno di un manichino.
Ovviamente è impossibile, anzi deleterio, tentare di riassumere i racconti di Ligotti, anche perché smuoveranno in chi legge emozioni e paure sempre diverse. Mi limiterò a citare quelli che mi sono piaciuti maggiormente. Considerateli consigli di lettura.
I canti di un sognatore morto
Il birichino, sfida fra uno psicologo che lavora in manicomio e uno dei suoi pazienti più terribili.
Il sogno di un manichino: «Le dita sulle sue labbra hanno la consistenza di colori a pastello spessi e tozzi privi dell’involucro di carta. Poi vede un lungo braccio snello […] e una mano che regge alcuni stracci macilenti […] “è tempo di vestirsi, bambolina”».
Il chimico, uno dei primi racconti scritti da Ligotti, folgorante manifesto della sua filosofia, una storia sul mondo fluido, scritta con stile davvero impeccabile.
La clinica del dottor Locrian, tipico racconto gotico… ma scritto dal maestro del weird.
La perduta arte del crepuscolo:c’è posto per certe creature dell’horror nel mondo di Thomas Ligotti?
I mistici di Mueleburg, una dimostrazione che tutto, in Ligotti, è allucinatorio e affidato al mood.
L’ultimo banchetto di Arlecchino, un omaggio a Lovecraft, una novella sulla depressione, uno studio antropologico, una storia su come controllare l’aggressività collettiva… Forse il racconto più bello dell’autore.
Lo scriba macabro
Lo scrittore weird Jeff VanderMeer ha definito questa raccolta «l’opera di una delle nostre più grandi immaginazioni dark».
Elegantemente scritte nel solco della grande tradizione gotica americana, queste storie sono orrende ma piene di bellezza, il matrimonio tra una prosa luminosa e un immaginario contorto.
Lo scriba del titolo più che una singola entità è un modo di vedere le cose, una guida attraverso un paesaggio buio, una serie di variazioni sui temi dell’oscurità, del degrado e dell’inconoscibile.
In Fiori dall’Abisso, il narratore viene inviato a parlare con un uomo che chiama «giardino» il terreno sterile e sgradevole che circonda la sua casa. Un paesaggio lussureggiante avvolto nelle tenebre.
Sognare a Nortown, un’altra magistrale variazione sul potere dei sogni.
Nell’ombra di un altro mondo: uno strano edificio munito di torretta e pieno di grandi finestre otturate è contemporaneamente una casa posseduta e un luogo di contenimento.
In Fascino un uomo entra in un vecchio cinema dichiarato inagibile. Dentro il locale strati di ragnatele coprono tutto, ma l’uomo ne resta così affascinato da fermarsi per la proiezione…
Miss Plarr: tutrice e pupillo. Una storia cupa che resta a lungo nella mente.
Nottuario
Il titolo suggerisce appropriatamente il connubio tra notturno e mortuario. L’antologia, infatti, è piena di mondi sfocati, interni in penombra, paura che cola come una luce livida.
La medusa, che parla di uno studioso che tutti sanno essere ossessionato dalla Gorgone.
Conversazioni in lingua morta, un racconto angoscioso che – al pari de Il birichino – si confronta, in modo inconsueto per Ligotti, con una realtà più concreta e sfaccettata.
Il prodigio dei sogni,una riflessione molto inquietante su una giovanile fantasia morbosa. Come un racconto allo specchio.
L’angelo di Mrs. Rinaldi, una storia che offre nuovi significati alla frase «fare brutti sogni» e all’immaginario sugli angeli.
Lo Tsalal, novella gotica ambientata in un vecchio borgo solitario, dove la modernità pare appesa come un’insegna troppo pallida per illuminare. Personaggi peculiari e finale superbo.
Thomas Ligotti, però, non è soltanto un narratore, ma un raffinato saggista, e non perde occasione per riflettere sulla questione dello stile e sulla costruzione delle sue storie. Ha spesso rimarcato la necessità, nella narrativa weird, di utilizzare la sottigliezza e una certa «disonestà» verso il lettore, per realizzare la massima potenzialità del genere.
Nelle antologie già citate trovano quindi posto anche interessanti riflessioni sul tema.
In Canti di un sognatore morto sono inseriti due brevi saggi:
Appunti sulla scrittura dell’orrore: una storia, una sorta di lezione in cui l’autore, dopo averci narrato una breve storia, la riscrive in tre modi differenti fornendo consigli e spunti.
Brevi lezioni del professor Nessuno sull’orrore sovrannaturale, un testo interessante nel quale Ligotti afferma, tra l’altro, che la «logica che regge l’orrore sovrannaturale è […] fondata sulla paura; una logica il cui unico principio si riassume nell’affermazione “l’esistenza equivale all’Incubo”. Se la vita non è un sogno allora nulla in essa ha senso poiché in quanto realtà la vita non è che un supremo fallimento».
In Nottuario
Di notte, al buio. Appunti critici sulla narrativa del mistero, che ci regala questa bella riflessione:
«La narrativa del mistero non ha lo scopo di far luce sulle procedure di routine che la maggior parte di noi segue fino alla tomba, ma di ripristinare un po’ della stupefazione che talvolta proviamo, e che probabilmente dovremmo provare più spesso, davanti all’esistenza nel suo aspetto essenziale».
Rimando a un secondo post i saggi rimanenti e le opere di narrativa più recenti.
Meritevoli di lettura:
In Canti di un sognatore morto
la nota introduttiva di Ugo Malaguti: Ossessioni e incubi di una realtà «diversa» e la Postfazione di Armando Corridore: Possiamo nasconderci dall’orrore soltanto nel cuore dell’orrore. Introduzione all’opera di Thomas Ligotti.
In Nottuario
la postfazione di Andrea Gentile: Appunti su una letteratura dell’impermanenza
Infine segnalo un bel volume: The modern weird tale di S. T. Joshi, che dedica un intero interessante capitolo a T. Ligotti.
È possibile leggere un estratto del volume in vari store.
Alcune copertine:
Nottuario
Nato nella paura, Il saggiatore
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Canti di un sognatore morto
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