John Holbrook Vance, meglio noto come Jack Vance è mancato nel 2013, alla bella età di 97 anni, anche se fu colpito dalla cecità negli ultimi dieci anni della sua vita. Questo suo Throy è stato scritto nel 1992, ovvero a 76 anni suonati (!) e pubblicato nel 1993 dalla Nord con il titolo Throy, il terzo continente nella traduzione di Gianluigi Zuddas, una delle voci italiane di Vance. Throy è la terza e ultima parte del ciclo della Conservazione di Cadwal. I volumi precedenti (Stazione Araminta e I segreti di Cadwal) sono usciti rispettivamente nel 1988 e nel 1991. Parlare di Throy, è tuttavia impossibile senza fare riferimento agli altri due volumi del ciclo. Per fortuna a suo tempo li ho letti e sono quindi in grado di imbastire una recensione.
Il ciclo di Cadwal non è probabilmente tra le cose migliori scritte da Vance. Eppure alcune delle sue pagine – particolarmente nella seconda parte dei Segreti di Cadwal – sono veramente notevoli.
La storia (in due parole) è questa: Cadwal è un pianeta/ oasi ecologica. Esiste una fondazione che si preoccupa di preservare incontaminata la sua natura (La Conservazione) e un gruppo di individui (una generosa porzione di sciocchi + numerosi figuri biechi e calcolatori) che hanno creato un partito (VLP, Partito Vita Libertà e Pace) dai connotati politici che sta a metà tra il circolo radical-chic e il gruppo fondamentalista, che, prendendo a pretesto la condizione di una comunità di pseudo-aborigeni, vuole semplicemente vendersi il pianeta e fare un pozzo di quattrini.
Per raggiungere questo abominevole scopo i dirigenti del VLP sono disposti praticamente a tutto: uccidere, rubare e combinare loschi traffici con chiunque capiti loro a tiro. In quest’ultimo volume si tirano le somme della vicenda e finalmente i cattivissimi, realmente perfidi e spregevoli, pagheranno il fio delle loro innumerevoli porcherie.
Vance è un personaggio unico nel panorama della fantascienza. Di lui si ricorda volentieri il talento singolare nel creare società estreme, basate su ipotesi sociologiche bizzarre (ma mai gratuite), il gusto raro e raffinato per le ambientazioni meno ovvie, il piacere della contaminazione, lo humour beffardo e maligno, l’erotismo sottilmente perverso. Chi lo ama credo che apprezzi soprattutto queste caratteristiche e apra un suo libro con il preciso intento di ritrovarvi quest’impasto unico e inimitabile di temi e vicende. In questo senso il ciclo di Cadwal appare meno colorato, meno leggero e sorprendente di altre opere e cicli.
Simonetta e Spanchetta Clattuc, coppia di virago a metà tra la femminista isterica e la bambina viziata, appaiono troppo caricate e l’intera vicenda di Cadwal, del VLP, della Conservazione risente di un’ispirazione troppo sorvegliata, ovvero obbedisce all’intenzione di enunciare una tesi – i ricchi che fanno politica e che si ammantano di progressismo sono delle carogne e lo fanno esclusivamente con l’intenzione di derubare e truffare il prossimo – che appesantisce il testo e obbliga l’autore in qualche occasione a calcare troppo i toni. A riprova, i tre volumi recuperano quota e divengono pienamente godibili non appena la vicenda si allontana da Cadwal e, come nel secondo e terzo volume, si sposta sulla Vecchia Terra (a Venezia) e sul pianeta Rosalia.
Detto questo, Il Ciclo di Cadwal resta un’opera piacevole e divertente, anche se il suo fascino rimane ìnferiore a quello di cicli come quello dei Principi Demoni, di Big Planet o del Mondo di Durdane.
Stato Sociale: Amaranto di Jack Vance (tit. originale: To Live Forever), già pubblicato dalla Nord negli anni ottanta con il titolo Gli Amaranto, è un piccolo gioiello scritto nel lontanissimo 1956 ma che ha perduto bel poco delle sue attrattive come pure delle sue implicazioni sociali e politiche.
Si tratta di un’opera inconsueta nella produzione dell’autore e risente dell’ispirazione “sociologica” della sf di quegli anni.
Il tema: In una Terra ricaduta nella barbarie solo nel territorio della città di Clarges lo sviluppo tecnologico e sociale dell’umanità è continuato, tanto da permettere di raggiungere un obiettivo di inestimabile valore: l’Immortalità. Ma territorio e risorse sono limitati, sorge quindi la necessità di istituire una graduatoria sociale al vertice della quale vi sono i pochi che hanno raggiunto l’obiettivo supremo: gli Amaranto. Per tutti gli altri la gara è aperta, una gara fatta di stress, carrierismo esasperato – di rampantismo feroce – per dirla con il gergo anni ’80. Per chi non regge (una persona su dieci, ma la percentuale è in aumento) ci sono i Palliatori, istituzioni psichiatriche che ben poco riescono a fare per il recupero di individui comunque destinati a dover rientrare in gara non appena dimessi. Il termine della vita è fissato per legge per chiunque non sia Amaranto, e l’ascesa verso il vertice è scandita da un sistema di punizioni e ricompense basato su un maggior numero di anni di vita. Il personaggio principale, Gavin Waylock è (tanto per cambiare) uno spodestato, un Amaranto privato del suo status e che ha come unico scopo rientrare in possesso delle sue prerogative.
Il romanzo è la cronaca degli sforzi di Waylock, condotti con la più assoluta e soave mancanza di scrupoli, per raggiungere il suo scopo. La vicenda è tesa, condotta secondo la falsariga del giallo, crudele e bizzarra quanto venata di sottile ironia e, a differenza di altre opere coeve, del tutto priva di quel moralismo talvolta un po’ greve, anche se pieno di buone intenzioni, che è (era) quasi un marchio per la sf impegnata. Una lettura divertente, ma anche una metafora, profetica e ricca di implicazioni attualissime.
Jack Vance, Throy il terzo continente, Nord, pp. 316, trad. Gianluigi Zuddas
seguito di:
Stazione Araminta, Nord, pp. 495, trad. Gianluigi Zuddas
I segreti di Cadwal, Nord, pp. 348, trad. Gianluigi Zuddas
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Jack Vance, Gli amaranto, Nord, pp. 214, trad. Mauro Cesari
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