Tre racconti brevi, uno lungo e una novella che appartengono al filone, rigoglioso nel secondo dopoguerra, della working class fiction inglese, cioè della letteratura proletaria.
Rispetto ad allora, però, le cose sono cambiate: i «proletari» dei racconti di Welsh sono giovani che dal lavoro non si aspettano né riscatto, né successo, né soddisfazioni. Conoscono un sindacato rinunciatario che tiene la produttività in maggior conto dei loro interessi (Un blocco nel sistema), cercano, e non trovano, scopi e ragioni di vita nei rapporti con i coetanei e si fanno di tutto ciò che riescono ad arraffare: coca, anfetamine, acido, ecstasy, ero. Tossici ma inseriti nel meccanismo produttivo, si fanno nelle ore di libertà, tirano tardi la notte e il giorno dopo sono di nuovo al lavoro.
Le famiglie di questi nuovi proletari sono entità sfilacciate e i genitori – il vecchio e la vecchia ragazza – stufi di averli per casa, li esortano a cercarsi una sistemazione o, come dice un personaggio a «toglierti dai piedi di tua mamma e di tuo papà in modo che potessero metterla in buca passabilmente in santa pace». Gli altri adulti sono paternalisti, ipocriti, spesso entrambe le cose, i rapporti d’amore sono sesso e poco più, le ragazze vogliono rimontare lo svantaggio delle loro madri, non hanno tempo per la psiche fragile ed egoista dei loro coetanei.
Resta poco di bello in queste vite: la squadra di calcio, pronta a silurarti per far posto a un giocatore più scrupoloso (La causa del Granton Star), , e i vari Roxy, Ronnie, Penman e Simmy, compari per sedere ore e ore al bar davanti a una pinta di birra, o per combinare grossi casini senza valutarne le conseguenze, illudendosi di stare fra amici. Non c’è altro, e i ragazzi di Welsh lo imparano presto, a undici anni sanno già troppo della vita (La casa di John il Sordo).
I racconti sono grotteschi e dolenti, mai allegri, ma catturano il lettore con un umorismo surreale e accadimenti inattesi. Welsh narra le emozioni e i sogni dei suoi personaggi nel loro linguaggio limitato e sgrammaticato e regala opportunità sorprendenti: – scambi di identità e di corpi, nuove infanzie, l’incontro con un dio minore, astioso e insoddisfatto di sé, persino una spassosa e terribile trasformazione in moscone – con quell’amore impietoso che distingue i veri scrittori.

Irwine Welsh
Il volume di Sellerio è una selezione dall’antologia Acid House, già pubblicata da Guanda, con un regalo ai lettori: il romanzo breve Un cazzemmezzo nel quale riemergono ambienti e personaggi di Trainspotting. Sempre trasgressivo e politicamente scorretto, Welsh sperimenta con forma, stile e struttura, con virate surreali.
La traduzione di Masi Ribaudo è all’altezza dell’originale.
La lettura è consigliata anche perché, a distanza di 25 anni, la letteratura proletaria non solo inglese si ritrovi ancora alle prese con i medesimi problemi: le ortodossie della vecchia sinistra sulla dignità del lavoro sono patetiche in questo presente dove i giovani fortunati che hanno un lavoro, sono (e saranno) meno garantiti e meno pagati dei loro genitori e minacciati dal ricatto della delocalizzazione.
Irvine Welsh, La Casa di John il sordo (tit. orig. The Acid House), Sellerio 1997, pp. 201, Trad. Masi Ribaudo
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