Un giovane musicista nigeriano, in fuga da una tirannia che lo ha imprigionato e torturato per impedirgli di dar voce al popolo sottomesso, si sveglia in una città senza nome nella quale ha trovato rifugio.
Era una mattina scialba senza un accenno di sole, né di pioggia, né di niente; solo una mattina scialba che gli aveva portato dalla sua terra natale una lettera in una busta marrone coperta di macchie.
La lettera è della fidanzata Lela, che gli scrive per metterlo in guardia:
In Nigeria succedono cose molto strane, e soprattutto Lagos è cambiata in un modo che non riesco a descrivere a parole […] Non so che cosa stia succedendo di preciso –nessuno lo sa…
Dunque, conclude Lela, sta’ lontano e rifatti una vita. La busta non porta né cognome né indirizzo, soltanto il nome del destinatario: «Taduno». Come abbia potuto essere recapitata è un mistero ma, spiega la fidanzata, «volere è potere».
L’incipit, potente e inquietante, tutti gli ingredienti del romanzo: l’ambientazione è urbana e realistica, i temi – amore, libertà, fedeltà ai propri ideali – sono universali e condivisibili in ogni tempo e in ogni luogo, lo stile è semplice e diretto, al servizio di una allegoria che non diviene mai narrazione «a tesi».
La storia funziona anche dopo il rientro precipitoso di Taduno a Lagos. La città, enorme e anonima – della quale vengono descritti solo i luoghi strettamente necessari alla storia – lo accoglie con indifferenza amnesica: nessuno, nemmeno gli amici e i famigliari di Lela, riconoscono il musicista, fino a pochi mesi prima famoso e amatissimo; ogni suo documento anagrafico è stato cancellato, il suo collaboratore più fidato è sparito, Lela è stata rapita dalla polizia. Taduno ha completamente perduto la propria identità e la vita precedente. Solo un vicino gli crede, ed è grazie alla sua «fede» che finalmente lo riconosce. Quando Taduno ricomincia a suonare (non può ancora cantare perché il trattamento brutale degli sgherri del«Presidente» gli ha danneggiato le corde vocali) la gente ricomincia a sperare, ed è questo che il tiranno non gli può perdonare. La seconda parte del romanzo si snoda intorno al dilemma di Taduno: canterà in favore del Presidente, comprando con il tradimento la libertà di Lela e la propria, oppure sacrificherà tutto ai propri ideali e resterà fedele al suo popolo?
Come anche nel suo secondo romanzo Wake me when I’m gone il modo di narrare di Atogun si appoggia a elementi folklorici e uno stile che ricorda quello di autori come Amos Tutuola e Flora Nwapa per ottenere una storia sospesa nel tempo; la scelta è ben consapevole perché, come dice Atogun in una intervista,
Poiché la decisione che Taduno deve prendere è tanto difficile e dolorosa ho cercato di presentare la storia come una fase della storia umana che segnava la fine della tirannia. Così è una storia di speranza.
Personalmente ho trovato la prima parte, immersa in una atmosfera cupa e venata di soprannaturale, più efficace della seconda, ma devo ammettere che l’autore gioca le proprie carte con notevole abilità e offre a noi lettori occidentali spunti molto diversi: una rilettura molto personale del mito di Orfeo, una riflessione sulla fragilità della nostra identità pubblica, un forte richiamo alla necessità di combattere ogni genere di dispotismo e di inumanità politica (un tema di stretta attualità in ogni parte del mondo, Europa compresa) e la consapevolezza della «forza» della musica e in generale dell’Arte. Una forza, sottolinea Atogun nel romanzo, che anche il dispotismo conosce e teme, come dimostrano i tentativi del Presidente di tirare Taduno dalla propria parte.
Il romanzo contiene voluti riferimenti alla travagliata storia politica della Nigeria post coloniale, e alla figura del musicista e attivista nigeriano Fela Kuti, come chiarisce l’autore nell’intervista già citata.
Allargando il discorso, sul ruolo politico e salvifico della musica, segnalo l’articolo Music is Love, Music is Politics di Ron Jacobs, che tratta in esteso l’argomento rifacendosi a un saggio interessante e che, tra gli altri, ricorda anche la figura del musicista Victor Jara, fatto assassinare dal generale golpista cileno Pinochet pochi giorni dopo l’assassinio del Presidente Allende.
J. Shepperd, An Interview with Odafe Atogun in http://www.washingtonindependentreviewofbooks.com/features/an-interview-with-odafe-atogun 18/04/2017
R. Jacobs, music-is-love-music-is-politics in
https://www.counterpunch.org/2017/03/24/music-is-love-music-is-politics/ 24/03, 2017
Pagina con molti materiali e link http://www.odafeatogun.com/press
Odafe Atogun, Un canto libero, Frassinelli 2017, [ed.or. 2016], pp. 251, € 19,50, trad. Paola D’Accardi
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