Secondo la sua vasta biografia, raccontata dall’amico Watson e dai tanti altri autori che in seguito hanno mantenuto in vita il grande consulting detective, Sherlock Holmes, oltre ad aiutare il quasi amico Lestrade a risolvere casi tipicamente “polizieschi” come omicidi e furti insoliti, ha salvato la patria in molte occasioni collaborando ufficiosamente con il fratello Mycroft (che in alcune particolari occasioni è «il governo britannico») e sconfiggendo delinquenti pericolosissimi come il famigerato Moriarty. Gli autori che hanno per così dire rilevato il personaggio da Conan Doyle scrivendo apocrifi più o meno originali e/o aderenti al canone, poi si sono sbizzarriti a spedirlo ovunque, dal Tibet a universi paralleli al nostro, e a fargli fronteggiare più o meno qualunque vilain della storia e della letteratura degli ultimi due secoli, da Jack the Ripper a Dracula, a un intero esercito di marziani decisi a invadere la Terra; nel corso delle sue avventure Holmes, in compagnia dell’impareggiabile Watson ha avuto incontri affascinanti benché improbabili con Freud, Bertrand Russel, H.P Lovecraft, Houdini, Buffalo Bill…
Questo romanzo, pubblicato da il giallo Mondadori, collana Sherlock, mi ha particolarmente divertito per il corteo di personaggi presentati, a cominciare dal riottoso cliente del detective: Stephen Crane, poeta, giornalista e autore di un classico contro la retorica della guerra come Il segno rosso del coraggio e di un romanzo controverso come Maggie, ragazza di strada.
La nuova avventura del duo di Baker Street inizia quando l’eccentrico romanziere e giornalista Harold Frederic interpella il detective per un caso di ricatto ai danni dell’amico Crane; l’interesse di Holmes e Watson viene immediatamente risvegliato dal nome del ricattatore, l’odioso Charles Augustus Milverton, che si arricchisce comprando da tutti segreti riguardanti personaggi in vista e li rivende alle vittime estorcendo cifre esorbitanti. Milverton è una vecchia conoscenza dei fan di Holmes, molti dei quali avranno, come me, terminato L’avventura di Charles Augustus Milverton, (1904) con un sospiro di insoddisfazione. Ma non è il caso di disperare, Victor, anzi Watson ci darà una versione molto più suggestiva di quella storia.

Stephen Crane
Frederic racconta a Holmes e Watson che Crane si è recato mesi prima a Cuba come corrispondente di guerra e, dopo numerosi spostamenti in compagnia di un giovane gigolò conosciuto sull’isola, non dà più notizie di sé alla compagna Cora, donna affascinante ma dal passato decisamente non immacolato. Quale relazione intercorra tra Stevie, come lo chiama Cora, e il giovane cubano non è chiaro e proprio su questa zona grigia gioca Milverton, minacciando di svelare al pubblico la faccenda. Quando finalmente Crane sbarcherà a Londra, accompagnato dal giovane David Bergman, le cose si complicheranno ulteriormente, sia perché lo scrittore è malato sia, soprattutto, perché non pare particolarmente interessato all’aiuto di Holmes. Deciso a incastrare Milverton una volta per tutte e incuriosito da Cora e dal suo entourage eccentrico di americani liberal e di scrittori di varia provenienza, tra cui H.G.Wells e Joseph Conrad, Holmes indaga, conoscendo persone singolari e spesso pericolose come terroristi dinamitardi, una sorta di santona che spaccia cure naturali inefficaci e via dicendo. Seguendo la pista il detective e il dottore si muovono da Londra partecipando a picnic e visitando Brede Place, il maniero diroccato che Cora ha regalato a Stevie e il dottore vi trascorrerà delle vacanze di Natale indimenticabili.
Al di là della vicenda, di per sé molto gradevole e venata di malinconia, il vero merito del libro sta nella descrizione del gruppo di letterati, e nei due protagonisti: Cora e Stephen Crane. Victor conduce il romanzo con ammirevole abilità, incastrandolo senza sbavature non solo nel canone holmesiano ma anche nella vita reale e peculiare di Crane e di Cora. Come autore di apocrifi l’autore se la cava benissimo, riuscendo a illuminare tratti di Holmes e di Watson già esistenti nei personaggi originali, ma poco esplorati nella maggior parte delle storie: la convivialità di Watson; i suoi pregiudizi da soldato (come potrebbe Il segno rosso del coraggio piacere a un combattente della guerra afghana?) e da figlio della propria epoca; la «strana» tolleranza di Holmes, frutto di indifferenza alle convenzioni e di una fredda curiosità che gli consente di osservare dall’esterno le vite degli altri senza mai giudicare. Nonostante, o forse proprio a causa della gentile superficialità del dottore e della genialità un po’ autistica di Holmes, il duo dimostra qui un sorprendente spirito d’adattamento e un benevolo desiderio di venire incontro al prossimo.

Basil Rathbone nelle vesti di Sherlock Holmes
N.B. Il romanzo è il secondo di una serie«Holmes and the American Literati» che al momento ne vanta quattro; negli altri tre Holmes e Watson incontrano rispettivamente Raymond Chandler , Mark Twain e Jack London. Cominciò a scrivere il suo primo apocrifo holmesiano prendendo spunto dalla propria tesi di dottorato. Questo è proprio cominciare presto e bene!
Daniel D. Victor, Sherlock Homes: la misteriosa scomparsa del signor Crane, Il giallo Mondadori, Sherlock, pp. 198, € 5,90, trad. Giancarlo Carlotti
idem edizione in e-book kindle, € 3,55
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.