È soltanto di ieri la serie di attentati avvenuti a Teheran che hanno provocato la morte di 12 persone. Un uomo sciocco e incolto come Donald Trump ha accusato l’Iran, sciita, di aver collaborato alle stragi dell’ISIS – sunnita. Questo corrisponde, quanto a insipienza, all’eventuale accusa rivolta a Martin Lutero di essere papista. Ci auguriamo sinceramente che Mr. Trump liberi quanto prima il posto di POTUS e ritorni ai tavoli di gioco e alla speculazione immobiliare che hanno fatto la sua fortuna e, intanto, vi invitiamo a leggere un buon libro scritto da un iraniano, residente in Italia ormai da anni.
Una delle caratteristiche fondamentali della felicità come dell’infanzia – che ne è la forma più diffusa – è che di entrambe è possibile avere coscienza soltanto una volta scomparse.
Il piccolo Alì vive con la famiglia nella Teheran dell’ultimo periodo di governo dello Shah. Saldamente guidata dalla madre, la sua è una famiglia serena. Ha una sorella e un fratello maggiori nati a distanza di poche ore e che nonostante gli scherzi e i rimproveri lo amano teneramente, suo padre fa il tassista ed è un uomo pacifico e tollerante e lui è un bambino curioso e vivace. Fin troppo vivace, si direbbe, se si tiene conto che soltanto nelle prime cinquanta vivacissime e allegre pagine del libro riesce a combinare parecchi disastri. Alì ha del mondo la nozione che può averne un bambino, poche informazioni sparse e frammentarie che gli arrivano dai genitori, dai fratelli, dalla radio o dalla televisione. Nulla che, tuttavia, lui pensa possa davvero riguardarlo. L’infanzia è l’unico periodo della nostra vita nel quale ci viene risparmiato il dolore del mondo. Alì non sa di vivere in tempi difficili: anni brutali, segnati dalla violenza di un regime ormai allo stremo.
Alì cresce e gradualmente viene a contatto con la realtà politica che lo circonda. Apprende la parola «comunista», viene informato su alcuni eventi della storia recente del suo paese – il breve governo di Mossadeq, la nazionalizzazione delle risorse petrolifere, il tentativo dell’Iran di sganciarsi dall’area di influenza americana – e, insieme ai fratelli, scopre l’esistenza di un vasto mondo di povertà, disperazione e sfruttamento con il quale tutti loro, cittadini della capitale, non sono mai entrati in contatto.
Ogni giorno la situazione politica si fa più pesante, il terrore si fa metodo e unica risorsa di governo. Il fratello maggiore di Alì, Puyan, viene arrestato dalla Savak, la polizia segreta dello Shah. Per giorni e giorni i suoi genitori cercheranno disperatamente di averne notizie. Ricorreranno ad amici e conoscenti, pregheranno, offriranno denaro. Puyan tornerà a casa soltanto tre mesi dopo, ferito nel corpo e nell’anima.

Hamid Ziarati
Il regime, tuttavia, ha ormai i giorni contati. La strage di piazza Djaleh, a Teheran, è il culmine e insieme il punto finale del terrore dei Pahlavi. Accolto con gioia e sollievo da milioni di persone l’ayatollah Khomeini ritorna a Teheran promettendo democrazia, libere elezioni, sovranità popolare. Una promessa di breve durata. Al terrore dello Shah si sostituisce gradualmente l’intolleranza del fondamentalismo islamico
Abbiamo bruciato tutti i miei libri, fino all’ultima pagina. Mio padre ha disperso le loro ceneri nel vento di una discarica, lontano da casa nostra. La notte è scesa rapidamente e l’oscurità ha avvolto tutto l’Iran e dopo c’è stato, semplicemente, l’assordante silenzio. Ho chiuso forte gli occhi. Poi li ho riaperti di colpo.
La politica è ciò di cui è bene interessarsi prima che sia lei a interessarsi di noi, così come le gioie della vita famigliare non sono un bene del quale si possa disporre liberamente, in ogni tempo e ogni luogo. Non credo sia compito dei romanzi trasmettere insegnamenti morali ma queste semplici considerazioni balzano con tanta evidenza dal racconto di Hamid Ziarati che qualunque lettore si sentirà chiamato a riflettere. La scelta di affidare il racconto a un io narrante in formazione preserva Salam, maman dall’asprezza di giudizio di una coscienza adulta, permettendoci di cogliere l’essenziale: lo smarrimento, il dolore del distacco e la malinconia di un esilio autoimposto. Ma il romanzo di Ziarati è capace di un altro e non piccolo miracolo: sa mettere in evidenza le tante assonanze e vicinanze di sentimenti, emozioni e desideri che uniscono i lettori ai protagonisti della vicenda, riuscendo in un paio di centinaia di pagine a rimuovere completamente l’incrostazione di diffidenza e di luoghi comuni che anni di cattiva stampa hanno contribuito a creare verso il mondo musulmano. Nella vita di Alì, della sua famiglia, dei suoi amici e parenti non vi è nulla che non sia familiare e consueto anche per il lettore occidentale. Risulta quasi ridicolo doverlo scrivere, ma la qualità dei sentimenti, delle ansie, delle sofferenze e delle piccole gioie è esattamente la stessa della nostra vita quotidiana, nonostante le parole cariche di livore e paura di tutte le orianefallaci del nostro mondo. Un motivo in più per leggere questo libro.

L’edizione francese di Salam, maman
Hamid Ziarati Salam maman, Einaudi, ed. 2006, pp. 260, € 14,00
Idem ed. ET Einaudi 2010, € 10,00
Idem ebook, 2010, € 6,99
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