Due testi ristampati di Murakami Haruki, e a suo tempo usciti in rapida sequenza, sono L’elefante scomparso e altri racconti, Einaudi 2013 (ed. orig. 1993), trad. di Antonietta Pastore e La ragazza dello sputnik, Einaudi 2013 (ed. orig. 1999), trad. di Giovanni Amitrano.
Da un punto di vista strettamente cronologico i racconti dell’Elefante scomparso vanno a collocarsi tra A sud del confine e L’uccello che girava le viti del mondo, mentre il testo più recente cronologicamente è La ragazza dello sputnik.
Ma la cronologia si fa ancora più complessa se teniamo conto che i racconti dell’Elefante sono stati scritti in un periodo che va dai primi anni ottanta al 1999. Infatti gli ultimi due racconti sono stati evidentemente aggiunti all’edizione italiana con la lodevolissima intenzione di rendere più completo il panorama delle short stories dell’autore nipponico.
Murakami può contare su un vasto e affezionato pubblico italiano, che ha accolto con gioia la ristampa di due suoi libri. Inevitabile, tuttavia, che tra i suoi lettori siano nati confronti e discussioni sul valore comparato dei testi proposti. Alle perplessità e alle resistenze di coloro che esitavano davanti a una raccolta di racconti: «Ah, sono solo racconti? Ma non deve uscire anche un romanzo?» hanno fatto seguito i dubbi e le perplessità di chi non è rimasto troppo soddisfatto dal romanzo e ha incontrato altri lettori che sostenevano che «I racconti sono molto meglio» o, anche, l’esatto contrario…
Dal canto mio ho deciso di resistere alla tentazione di compiere questo genere di confronto, utile come guida all’acquisto, meno utile nel tentativo di definire il percorso personale dell’autore.
I racconti.
Diciamo che se siete lettori appassionati di Murakami Haruki non dovreste rinunciarvi. Mi è capitato più volte di incontrare recensioni o presentazioni dell’autore giapponese che lo paragonavano a Raymond Carver, associazione mentale che nasce anche dal fatto che Murakami è il suo traduttore giapponese. Finora tale affinità aveva, per il lettore italiano, una possibilità solamente teorica di essere verificata. Con i racconti della prima parte dell’Elefante, viceversa, è divenuto possibile un confronto.
Una delle caratteristiche più interessanti di Raymond Carver è il talento (enorme talento) di rappresentare una situazione, un momento di un’esistenza qualunque con efficace immediatezza, di scegliere accuratamente un registro apparentemente «basso», vicende e ambienti familiari o banali, lasciando gradualmente emergere le tensioni e le contraddizioni nascoste nella quotidiana successione di gesti e parole.
Nei primi racconti di Murakami l’affinità è effettivamente notevole, un’affinità che non diventa imitazione o clonazione. Si tratta di racconti basati su curiose associazioni mentali, ricordi non ben collocati, pulsioni non comprese, occasioni mancate, emozioni inspiegabili. Ciò che costituisce il substrato, nei pensieri quotidiani di ognuno, per confuse fantasticherie o monologhi interiori. La tensione tra i desideri, i voli di fantasia e la realtà costituisce un elemento fondamentale della prosa di Carver che ritroviamo puntualmente in Murakami. Procedendo nella lettura dell’antologia, tuttavia, emergono altri elementi, già ben noti ai lettori abituali dell’autore giapponese. La commistione tra reale e fantastico, in primo luogo, con il suo fall-out di visioni, miraggi, presenze inspiegabili, percezioni ESP. Per Murakami, che non è un autore di fantastico in senso proprio, l’uso di elementi del genere costituisce una modulazione, un’ulteriore possibilità, (impiegata anche da Yoshimoto Banana in Amrita che raggiunge un peso notevole soprattutto nei romanzi).
L’uso del fantastico è tuttavia uno dei «punti sensibili» della qualità letteraria di Murakami, secondo molti lettori. Il fantastico, nel suo caso, è infatti un elemento dato, un incidente che non richiede ulteriori spiegazioni e non postula alcuno «scioglimento», come è invece tipico del racconto di genere. Il transito dal reale al fantastico non è univoco e l’elemento irrazionale non «rientra» in alcun modo al termine della vicenda, restando inspiegato e inspiegabile con le consuete categorie della verosimiglianza.
Nei racconti contenuti nell’Elefante a prevalere è tuttavia un fantastico meno ambiguo. Racconti come Il nano ballerino (1984), L’elefante scomparso (1989), Sonno (1993) Gli uomini TV (1993) e il Mostriciattolo verde (1999) sono racconti coerentemente fantastici. Tra questi in particolare Gli uomini TV e Sonno sviluppano con esiti davvero efficaci (cioè mettono addosso un’inquietudine non tanto passeggera) la vena onirica dell’ispirazione di Murakami.
In generale difficile, comunque, trovare nell’antologia racconti «minori» o di scarso peso. A parte i fantastici segnalo – bassandomi unicamente sui miei personalissimi gusti – Una lenta nave per la Cina (primi anni ottanta) Ledehosen (1988) e Silenzio (1999), mentre c’è da notare che L’uccello-giraviti e le donne del martedì (1989) è un capitolo del quasi omonimo romanzo, scritto però cinque anni prima e probabilmente suo spunto iniziale.
Il romanzo
Il fantastico costituisce il punto di snodo anche per il romanzo La ragazza dello sputnik, oltre a essere estremamente rilevante nel suo scioglimento. Altro elemento fondamentale l’erotismo, che ne costituisce la spina dorsale.
L’erotismo è costantemente presente nei testi di Murakami, un erotismo legato alla vita quotidiana, un dato più che un avvenimento, agìto più che fantasticato e solo molto raramente al centro della vicenda. Ciò non toglie che la frattura tra il desiderio sessuale, con la sua carica di fantasie e aspettative, e il sesso praticato e vissuto sia spesso presente nelle narrazioni, come è spesso presente la malinconica ammissione dell’impossibilità di una vera comunicazione, nel desiderio come nell’intimità dell’amplesso.
Protagonista de La ragazza dello sputnik è Sumire, una studentessa perseguitata dal desiderio/convinzione di diventare una scrittrice. Sumire non vive: scrive e descrive la vita contemplandola in solitudine, attenta ai modi della comunicazione, del ricordo, dell’emozione, ma vietandosi di provarne. Suo amico fraterno, segretamente innamorato di lei, è il narratore (in prima persona) che ne segue le evoluzioni, i dubbi, i fallimenti e i nuovi propositi, sempre disponibile non soltanto per amore ma anche perché per lui il dialogo con Sumire è l’unico modo di comunicare profondamente e sinceramente con il mondo.
Sumire non si è mai innamorata finché non incontra Myu, una donna più vecchia di lei, che le risveglia finalmente il desiderio sessuale. Myu, ignara della passione di Sumire le offre un lavoro e ne fa la sua segretaria personale. Il brusco cambiamento obbliga Sumire a ripensare la sua fissazione per la scrittura, finora l’unico scopo della sua vita. Finisce così per diradare fino a interrompere i momenti a essa dedicati, alle prese con la vita reale e con una passione apparentemente senza sbocco.
Quando Sumire e Myu, dopo un lungo viaggio di lavoro in Europa, trascorrono insieme qualche giorno di riposo in un’isola greca, nasce l’occasione che Sumire attendeva da tempo. Ma ciò che avviene tra le due donne avrà riflessi imprevedibili.
Non intendo aggiungere altro per non rovinare la lettura. Siamo comunque circa a metà del libro – fino a quel momento una normale vicenda di sentimenti non corrisposti – quando fa la sua comparsa l’elemento fantastico e il racconto passa dalla prima persona del personaggio maschile alle prime persone di Myu, con la sua lunga confessione, e di Sumire, attraverso gli appunti lasciati sul suo personal computer. Un finale necessariamente ambiguo ma che lascia al lettore qualche speranza di un happy end, chiude il romanzo.
A occupare gran parte del testo è il desiderio femminile, raccontato da un autore maschio. Inevitabile, ma probabilmente pedestre, chiedersi quanto Murakami sia stato efficace nel narrarli. Se si assume in partenza che vi sia qualcosa di assolutamente ineffabile e inafferrabile (ed ermeticamente separato) nel modo di ognuno dei sessi di vivere il desiderio, è evidente che Murakami non può che aver combinato un grosso pasticcio. Se invece si ritiene che le emozioni umane siano sufficientemente universali da poter essere intuite e descritte indipendentemente dal sesso (o da altre prerogative) si lascia aperta la possibilità di ragionare sul testo in quanto tale. Personalmente – soprattutto nel racconto di Myu – ho avuto la sensazione di una forzatura drammatica, utile allo sviluppo della vicenda ma in ultima analisi immotivata e forse almeno in parte gratuita. Il passaggio dal racconto minimale al (melo)dramma per quanto condotto con abilità risulta troppo netto, tanto da lasciare qualche perplessità nel lettore. Dramma, mistero, passione, desiderio insaziabile: modi narrativi non troppo facili da orchestrare e che, pur spingendo a proseguire nella lettura, rischiano di lasciare insoddisfatti. A parziale consolazione una buona chiusa, malinconicamente sfumata e sospesa, all’altezza delle cose migliori di Murakami.
Murakami Haruki, L’elefante scomparso e altri racconti, Einaudi Super ET, pp. 320, € 12,00, trad. Antonietta Pastore
Idem ebook, 2010, € 6,99
Murakami Haruki, La ragazza dello sputnik, Einaudi Super ET, pp. 224, € 12,00, trad. Giorgio Amitrano
Idem ebook, 2013, € 6,99
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