Città di Fuoco, di Walter Jon Williams, Mondadori Urania 2001, ed. orig. 1997, trad. di Roberto Marini, è la seconda parte del ciclo del Plasma, iniziato con il romanzo Metropolitan, recensito qui.
Nell’occasione mi capitò di notare come il romanzo apparisse nettamente più sfocato e opaco nella seconda parte rispetto a una prima più felice di ritmo e invenzioni. Questo seguito mostra, purtroppo, gli stessi limiti di Metropolitan, aggravati dall’eclisse del personaggio di Aiah e dall’inesorabile dilatarsi del personaggio di Constantine.
Breve, brevissimo riassunto.
Abbiamo lasciato l’ex-Metropolita Constantine alla guida della rivoluzione che ha spazzato via da Caraqui gli aristocratici parassiti Keremath. Città di Fuoco inizia il «giorno dopo la rivoluzione», quando il problema è quello di dare forti segnali di cambiamento alla società senza cedere alle inevitabili insidie dei controrivoluzionari. Oltre a questo il coraggioso Constantine, straniero nella terra dei Keremath, deve anche guardarsi dalle manovre dei suoi alleati che rischiano di rovinare tutto in nome di qualche astratto principio. Una bella fatica che Williams ci racconta puntualmente per 299 pagine, inframmezzando agli scontri – politici e militari – qualche incandescente incontro d’amore tra Aiah e Constantine, tanto per mostrarci quanto l’ex-Metropolita sia uomo di enorme energia: astuto politico, raffinato esteta, guerriero indomabile e amante insaziabile e fantasioso.
Non posso dire di essermi annoiato anche se ho avuto più volte la sensazione di leggere una versione romanzatissima della vita di Lenin, con in più qualche risvolto erotico tanto per stuzzicare il lettore. Peccato che il personaggio più interessante – Aiah – resti sullo sfondo per la maggior parte del tempo, all’ombra del potente Constantine, nonostante il punto di vista sia ancora, come nella prima parte, quello di lei. Una scelta curiosa che impone alla protagonista (nominale) di passare non poche righe a chiedersi quando finalmente Constantine verrà da lei.
Resta la domanda: non sarebbe stato meglio cambiare decisamente punto di vista? Almeno nei romanzi d’appendice il punto di vista è quello dell’eroe, non quello della sua ombra.
Walter Jon Williams, Città di fuoco, Mondadori Urania 1427, 2001, pp. 299+18, trad. Roberto Marini
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