Se vi sono piaciuti Alice nel paese della Meraviglie, siete affascinati dal mito di Orfeo, interessati al new weird più tosto, urbano, graffiato, amate Scrutare nel buio e L’occhio nel cielo di P.K Dick o il Burgess di Arancia Meccanica questo Le piume di Vurt vi farà molto probabilmente impazzire. Vi muoverete nello stesso universo no-future allucinato e contorto, sorpresi come Alice e disperati come Orfeo, alle prese con un autore matto/genialoide che bara continuando ad aggiungere carte al mazzo. Noon dà all’universo Vurt(uale) un’ontogenesi onirica.
Come ne L’Occhio nel cielo si ha a che a che fare con un instabile, imprevedibile mondo generato dai sogni di una vecchia signora. «Non è mica una novità», sento già dire da qualcuno «…E comunque la narrazione basata sull’ambiguità sogno/realtà, oltre che vagamente reazionaria, è ormai ridotta alla buccia…» Se è di questo che vi preoccupate, beh allora tornate pure a leggervi narrativa politically correct, e non scocciate. La parzialità percettiva. l’incertezza nella definizione di realtà, gli universi paranoici sono il pane quotidiano della narrativa dell’ultimo secolo, da Kafka in poi. Formano il tentativo di esplorare il timore e l’ansia generati da un mondo che sfugge a definizioni e non si lascia costringere in grandi sistemi di pensiero.
«Ma, insomma, il romanzo di cosa parla?»
Avete ragione, sarò serio.

Jeff Noon
Scribble, il protagonista, fa parte di un gruppo di sfigati dediti a traffichini e modesti casini con droghe e porcherie varie: gli Stash Riders. Gli SR Vivono in un posto allucinante e degradato e sono a loro volta utilizzatori delle piume di Vurt, un allucinogeno in grado di evocare una metarealtà nitida e totalizzante. Nel metauniverso Scribble ha perduto la sua sorella-amante, Desdemona, ed è alla ricerca disperata di una piuma, «Voodoo inglese» capace di riportarlo nello stesso spazio Vurt per ritrovarla. Il romanzo è la storia della ricerca di Scribble, che, muovendosi tra la realtà fattuale e la realtà Vurt, permette all’autore di mostrare i legami imprevedibili, sotterranei che le uniscono, adombrando la possibilità che anche il NOSTRO mondo non sia altro che l’incubo di un barbone o di un tossico. Un notevole rilievo occupano nel romanzo le intelligenze non-umane (sintetiche, animali), che assolvono la duplice funzione di amplificare la sensazione di alienità del mondo narrato, ma anche di risvegliare il ricordo infantile degli animali umanizzati delle fiabe. Noon si muove in un sistema di riferimenti e di rimandi – soprattutto letterari – che conferiscono un fascino unico alla vicenda. È come leggere un ipertesto nel quale si ritrovino efficacemente giustapposti racconti, frammenti, immagini di provenienza disparata ma coerente. In questo senso. raramente mi è capitato di leggere qualcosa di così compiutamente weird, così egregiamente in grado di esemplificare le possibilità offerte da un testo nato da un universo narrativo solo in parte esplorato, un’opera in questo senso unica e collettiva. Noon gioca scopertamente sull’ambiguità, reinventa il gatto del Cheshire dandogli all’incirca la stessa funzione che aveva in Alice, trasfigura fantasmi e mostri del racconto gotico creando le Ombre, rievoca deformandolo il romanzo beat di formazione e il naturalismo ribellista anni ’60. Scrive con uno stile concitato eppure fortemente evocativo, puntuale quanto delirante, che risulta efficacissimo anche passato al filtro della traduzione. Di più: riesce a mostrare come la letteratura assolva una funzione inimitabile anche in tempi di ipertestualità di scrittura interattiva.
Polline di Jeff Noon, editore Frassinelli, abita nello stesso universo de Le Piume di Vurt e come quello conquista il lettore praticamente dalla prima pagina.
Noon si preoccupa di dare contorni netti alla strana popolazione che abita la sua Manchester, sceglie protagonisti poco o per nulla umani, inserisce nel testo riferimenti costanti al presente o al recente passato (memorabile Gumbo YaYa, DJ clandestino con la mania della musica anni ’60 – ’70). Basti dire che il romanzo è aperto dal testo di John Barleycorn, ballata tradizionale che ricordo in un favoloso arrangiamento dei Traffic (con Steve Winwood al piano e voce). Detto per inciso: così potete fare ipotesi fondate sulla mia età.
E John Barleycorn – entità soprannaturale e signore di uno degli universi vurtuali – è anche uno dei protagonisti del romanzo, nei panni di un Mephisto pre-cristiano redivivo: raffinato, monomaniaco e alquanto pasticcione.
I testi di Noon hanno la caratteristica fondamentale di essere labirintici e capricciosi, di sollevare il sospetto che l’autore abbia inseguito impossibili accostamenti di parole, concetti e luoghi piuttosto che una qualunque logica narrativa. Quando funziona il risultato è insieme magico, sorprendente e acuto, quando – raramente – qualcosa si inceppa, viceversa, si ha nettamente la sensazione di stare su una barchetta alla deriva. La vicenda è talmente inconsueta e delirante da meritare un fuggevole accenno. Nella Manchester del duemila e qualcosa arriva Persefone (sposa di John Barleycorn), creatura proveniente dall’universo Vurtuale con lo scopo dichiarato di confondere una volta per tutte sogno e realtà. Il diabolico progetto (è proprio il caso di dirlo) si scontra con l’esistenza nella specie umana dei dodo, ovvero coloro che per motivi genetici sono incapaci di sognare e quindi, tra l’altro, di fare uso delle piume del Vurt. La comparsa di Persefone si accompagna a un terrificante aumento del polline nell’aria con conseguente epidemia di febbri allergiche, al quale i soli dodo sono immuni. La vicenda troverà uno scioglimento solo con un viaggio agli Inferi, ovvero nel Vurt Suzione Ginepro per affrontare John Barleycorn in persona.
Mitologia greca e nordica, psicologia Junghiana, Alice nel Paese delle Meraviglie, i mondi rovesciati di Swift e il meglio della cultura underground anni ’70: questo è la narrativa di Jeff Noon, un autore che lavora sul limite tra letterature – sf, Horror, Mainstream – creando impossibili collage che vanno molto oltre la semplice citazione. Noon restituisce in narrativa la macchina sensibile che si porta dentro, fatta di cose viste, volti ricordati e storie lette ovvero «la semplicità che è difficile a farsi».
Jeff Noon, Le Piume di Vurt, Frassinelli Strade 1995, pp.328, edizione Fuori Commercio reperibile come usata, trad. T. Marenco
Jeff Noon, Polline, Frassinelli Strade 1996, pp. 336, € 13,43 (in vendita a 4,70 c/o IBS), trad. M.T. Marenco
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