Un libro che mi ha dato parecchio da pensare è stato di Fango di Niccolò Ammanniti, editore Einaudi. Una raccolta di racconti che si pretendono sospesi tra il crudele, l’assurdo e il grottesco. Niccolò Ammanniti aveva a suo tempo già pubblicato Branchie, romanzo che non mi era piaciuto nemmeno un po ‘: supponente, sgangherato, cinico.
Fango, una raccolta di racconti, si presenta meglio. L’andamento – almeno nelle prime pagine – promette un giusto equilibrio tra humour nero e satira di costume. Ammanniti descrive l’attesa, i progetti, le frustrazioni, le ansie di un gruppo di condomini di due palazzine romane nelle ore che precedono il Capodanno. Notare la scelta: poche situazioni come il Capodanno rivelano tanto bene la pochezza dell’esistenza, il desiderio impotente di rivalsa e trasgressione, la malinconica velleità di vivere pienamente almeno per una sera.
I problemi cominciano a emergere quando il testo vira verso l’incubo splatter. Il lettore ha la netta sensazione che la virata sia troppo brusca, che il tessuto della realtà si laceri un po’ troppo facilmente. Le incrinature del mondo quotidiano divengono fratture, crateri, abissi con una rapidità sconcertante. Si passa dalle modeste paranoie quotidiane al melodramma pieno di schizzi di sangue, visceri sulle ginocchia, arti amputati, orride mutilazioni e il lettore si innervosisce, (al limite si incazza) perché tutto il testo comincia ad apparirgli come una complicata macchinazione tesa ad impressionarlo e a fargli dire: …«mazza, chefforza st’Ammaniti».
Lasciamo perdere i racconti che seguono, dove il giochino delle paranoie che si fanno incubo è trasparente fino al comico involontario – Rispetto è uno dei racconti più goffi e ingiustificati mi sia mai capitato di leggere – e restiamo sul primo, L’ultimo capodanno dell’Umanità. Il fatto è che Ammaniti è uno scrittore di ispirazione horror, ma è anche, ahimè, ricco di velleità sardoniche. Non perde occasione per ribadire la sostanziale stupidità dei suoi simili, cui riserva una fine orripilante, ma, proprio perché dominato dalla convinzione di dover mostrare fino in fondo le miserie morali umane, finisce per costruire dei teatrini dell’orrido che non arrivano a inquietare nessuno, al massimo a dare un po’ di nausea.
Conscio dei suoi limiti cosa fa allora Ammaniti? Rincara la dose, aggiunge sangue e trippe a gogò, regala ai suoi personaggi manie forsennate e pulsioni irrefrenabili che non hanno alcuna giustificazione nel testo.
Pazienza e Liberatore, autori di fumetti ai quali evidentemente si ispira, avevano ben altra attenzione nella costruzione dei personaggi: l’esplosione di insana violenza nelle loro tavole era diabolicamente inquietante e turbava profondamente perché non lasciava scampo ai lettore: «Chissà, anch’io domani potrei giungere a far questo… »
I modesti spettacolini di Ammanniti non turbano né preoccupano più che tanto, al massimo suscitano qualche sorriso e fanno scrollare le spalle.
Niccolò Ammaniti, Fango, Einaudi Stile Libero Big, pp. X + 364, € 14,00
Idem, e-book, € 6,99
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