Zoe Trope
Scusate se ho quindici anni
(Einaudi Stile Libero)
Adolescenza come marketing
«Non so scrivere. No, no, no, non cercate di contraddirmi. Non cercate di farmi credere che scrivo bene o che vi ho dato delle emozioni o che vi piace quello che scrivo.»
Il punto focale della recensione sta tutto qui. Se sia lecito o no contraddire uno scrittore. Uno scrittore è uno che se ne intende, cioè, un ragazzino qualunque – magari raccomandato – mica può prendersi la briga di pubblicare un libro e farlo poi tradurre in tutto il mondo… Dire ciò sarebbe solo far del pettegolezzo.
Quelle sopra riportate sono comunque parole ben visibili a pagina 108 del romanzo Scusate se ho quindici anni di una giovane autrice americana mimetizzata dallo pseudonimo Zoe Trope. Che non è di certo un ragazzino raccomandato essendo la Zoe in questione una femminuccia – per lo meno di nascita. Che poi la medesima Zoe sia una bisessuale convinta è un altro discorso (chiunque verso gli undici anni decide in maniera esatta e inconfutabile del proprio sesso e dei propri gusti in materia).
Facile dare un ragguaglio dell’opera. In forma di diario si dipana l’autobiografia di un anno e tre mesi di una giovane liceale americana, Zoe appunto. Una ragazza «contro» per definizione, ormai navigata e stanca di tutto, contornata da una fauna di coetanei altrettanto navigati e stanchi di tutto e in ogni caso ben sicuri e coscienti delle loro scelte sessuali che sono per lo più di stampo omosessuale o per lo meno bisessuale – hanno tutti superato gli undici anni da almeno un triennio.
Nell’anno non succede nulla di eclatante salvo il fatto che la ragazza scrive un libro che si chiama, guarda il caso, Scusate se ho quindici anni, che vien pubblicato prima in tipografie alternative e poi su larga scala e che la porta a spasso per l’America per qualche lettura. Ah, succede anche che la nostra Zoe si innamori a cadenza giornaliera di qualcuno/a dal soprannome più o meno inquietante fino ad avere una storia con una certa Skully che poi diventerà Skull (si passa da un sesso all’altro senza sforzi nell’America di Bush, altro che miracoli berlusconiani) ma tutto tra loro finirà a catafascio.
La ridda di eventi (?) non impedisce però alla nostra studentessa di vivere ogni sorta di dissidio interiore e soprattutto di essere lacerata da un’atroce crisi d’identità che la porterà a confrontare la vera Zoe con l’omonima/eteronima creatura del romanzo, opera su cui, ahimè, pare incombere minaccioso un forte lavoro di lifting con tagli casuali e dolorosi che inficierebbero niente meno che la verità dei fatti…
La quarta di copertina ci spaccia la signorina Trope per una sorta di Bukowski di gran lunga minorenne e in gonnella. Beh, noi siamo così assortiti: una parte della coppia ama sondare l’universo della narrativa giovane, l’altra è bukowskiana convinta e impenitente e figuriamoci, dunque, se ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di leggere un libro di una sua nipotina. Ma qui sorge il primo busillis. Bukowski era uno scrittore particolare che chiamava cielo il cielo e in altro modo quel che meritava un altro battesimo. A ogni cosa dava il giusto nome e credo che pochi si siano permessi di leggerlo (anche coloro che non lo amano) saltando una sola sillaba. Perché in lui ogni parola aveva il suo posto esatto e in ogni pagina ciascun rigo era essenziale.
Di questo Scusate se ho quindici anni, invece, che adotta la facile forma del diario che permette all’autrice piena (e nel suo caso fraudolenta perché in quel calderone zeppo di aria e arie che è il suo libro può far convogliare ogni tipo di flatulenza), dicevamo piena libertà d’impalcatura, beh si può comodamente leggere un paragrafo a pagina 35, successivamente uno stralcio a pagina 98 per poi ritornare a pagina 21 e infine saltare a piè pari all’agognata (e ultima) pagina 253 senza aver perso niente di essenziale e men che meno il filo degli eventi che è per sua natura ingarbugliato e poco chiaro. Sì, certo, magari possiamo aver tralasciato qualche considerazione che pungente forse lo è. Forse perduto qualche battuta riuscita. Ma sono dettagli che del resto potremmo trovare in ogni diario curato con costanza da qualsivoglia adolescente un po’ sveglio. Oddio, forse saremo troppo cattivi, ma anche leggendo questo libro noiosetto, come abbiamo insinuato di poter fare, non ci parrà di aver perso un’emozione o una storia che davvero valeva la pena leggere sino in fondo.
Altra differenza che un buon 49 per cento della coppia ravvede tra Bukowski e Zoe Trope – almeno quella attuale – è che il primo è uno scrittore, l’altra un mero prodotto del marketing editoriale. La signorina Trope è solo l’ennesima adolescente che ha una nausea imprecisata (e dunque si vanta di aver ormai compreso tutto del mondo perché il nostro mondo è appunto un luogo imprecisato del cosmo) e tra un conato e l’altro, cosa forse di ancor più rilievo, deve aver stabilito un aggancio particolare con chi conta e dunque, dopo un ben più che probabile lavoro di editing furibondo, ci viene spacciata per il nuovo genio letterario del millennio. Per contro tra la teen-ager e il vecchio Bukowski vi è anche un vistoso punto di contatto: entrambi sono bipedi. O meglio, uno lo è stato sino a qualche anno fa. Altro di similare non abbiamo ravvisato.
La cara Zoe non la vediamo al dunque tanto diversa dalla ressa di divette della nostra letteratura. Anzi, vi abbiamo ravvisato qualche tratto vagamente santacrociano. Più equilibrata e meno ostentativa, certo, l’americana. Meno toccante e matura della nostra, però – ed è tutto detto. Ma siamo lì.
Se proprio dobbiamo trovare un modello per questa ragazzina ci viene in mente non uno scrittore ma un intero archetipo comportamentale: quello che è definito il mondo dell’MTV’s generation. E anche un cartone animato, guarda il caso di MTV: Daria. Che non era male, intendiamoci. Ma non era male nella sua realtà di cartone di breve o minima durata. Come icona letteraria è un altro discorso.
Il libro qualche nota positiva la mostra, siamo sinceri. Intanto lo stile diaristico che nel corso dei mesi cambia tono e da una spigolosità quasi telegrafica si fa più arioso col passare delle pagine dando l’idea di un’effettiva maturazione in fieri. Quella che, per contro, pare non cambiare di un dito è proprio la protagonista: d’altronde si presenta fin da subito come una quattordicenne che ha già stabilito senza possibilità di fraintendimenti la sua posizione di adolescente (e poi donna) scomoda al mondo. Scomoda a chi vedremo in seguito, ancora non ci è dato saperlo.
Altri punti. Beh, qualche riga innegabilmente carina. Altri ancora. Dunque… ci pare… cioè, adesso non guardate al fatto che non ci vengano in mente. Sicuramente ci sono, solo che ultimamente siamo presi un po’ da altri pensieri.
Anzi un’altra cosa ci viene in mente. Leggendo Zoe – quella attuale, sia chiaro – abbiamo elaborato che forse è proprio vero che gli scrittori son gente che se ne intende di letteratura. Diciamo davvero. E dunque perché contraddirli? Farlo può essere un affronto… (Raffaella Pisanu & Luca Battisti)