Non è una citazione da Magritte ma una pura e semplice ammissione di incapacità, riconoscimento di un fallimento. Ho abbandonato il libro a pagina 178, nonostante l’età anagrafica mi desse la possibilità e i requisiti minimi per apprezzarlo.
Il Pippo di Pippo non lo sa (ma anche il Pippo ricognitore notturno dei ricordi di mia madre) sono stati la goccia che fa traboccare il vaso, il punto di non ritorno, l’orizzonte degli eventi che fa collassare la realtà in nulla.
Non solo non ho terminato il libro, ma me ne sono ritratto infastidito e di umore improvvisamente virato al nero…
Qui sarebbe opportuna una bella citazione, rotonda e compiaciuta, relativa al concetto di «umore nero» nella medicina antica. Ma non ho voglia di alzarmi per andare a cercare la fonte. Grazie al cielo non sono U. E.
Mi sono sentito derubato, defraudato, impoverito. Ho provato il desiderio incontenibile di urlare come un ossesso…
Ossesso avrà forse a che fare con assassino? Ne condividerà la radice? Assassino viene da consumatore di hashish, una setta omicida che giungeva all’esaltazione sanguinaria assumendo grandi quantità di hashish. Curioso, però. In soggetti di mia conoscenza l’hashish induce sonnolenza e vaghi e beati (beoti?) sentimenti di fratellanza universale. Si vede che il dosaggio è insufficiente. Dovrei documentarmi. Alzarmi e andare a controllare. Non lo farò. U. E. è un’enciclopedia ambulante, lui non ha bisogno di alzarsi. Sa già tutto. O almeno tutto ciò che è elegante e chic conoscere.
Ne avevo le tasche, le calze e numerose altre parti piene di citazioni di Salgari, brani di canzoni del ventennio, copertine della Biblioteca Salani, calendari, pagine d’enciclopedia, arguti accostamenti, audaci incursioni, geniali citazioni. Sotto il mio sguardo inorridito (suppongo trattarsi di citazione salgariana, ma perdonabile perché involontaria) U. E. stava sequestrando e bellamente rivendendo ai passanti tutta l’inutile e sentimentale paccottiglia culturale, cinematografica e musicale che mi ero illuso (ma senza vantarmene) mi appartenesse per banali motivi di età e nazionalità.
Ecco U. E. disporre sul suo stucchevole palcoscenico ben illuminato Orazio e Clarabella, In cerca di te («Solo me ne vo per la città / passo tra la folla che non sa»), canzone modesta per la quale provo un’inspiegabile affezione, Sherlock Holmes in compagnia del Capitano Nemo, l’inno fascista Giovinezza che conoscevo incompleto perché mio padre, sorpreso a canticchiarlo, tacque non appena mi vide, Pinocchio, Robert Luis Stevenson, il cacao Talmone e l’Art Decò. Tutti elementi di una Weltanschauung (tiè, U. E., beccati questa!) anzi di uno Zeitgeist (e due!) che non mi illudevo fosse soltanto mio, ma quantomeno non soggetto a copyright, privo di un ordinamento che non fosse quello un po’ sciatto e un po’ raffinato dei ricordi.
E invece no. U. E. non si accontenta di codificare da tempo le norme della famigerata ECM (Esclusività Culturale di Massa) ma adesso si occupa di disciplinare e organizzare i ricordi e le piccolissime nostalgie dei maschi italiani sospesi tra i cinquanta e i sessant’anni. Eccolo inventare il personaggio del raffinato bibliofilo che perde la memoria degli affetti e cerca di ritrovarla in compagnia di dischi, libri e giornali degli anni compresi tra il 1920 e il 1950. Eccolo ancora imbastire un fittissimo cicaleccio di pseudoricordi che schierano Sandokan, Alberto Rabagliati, Cinico Angelini, il Trio Lescano, Mandrake e l’Imperatore Ming (perché non anche Pitigrilli, Dumini e Goebbels?) in un’ordinata falange di reliquie d’affezione, spettri di un comune rimembrare presenile, sputtanando (scusate il linguaggio) i miei ricordi e quelli narrati da nonni e genitori per alimentare un Ego degno delle creazioni del Conte Zeppelin.
Avrei dovuto intenerirmi? Partecipare di questa tellurica onda emotiva rendendo grazia al magnifico U. E. che sdogana e rivisita? No, affè mia! No! Perché incolonnarsi e pagare dazio al Grande Comunicatore di turno quando dei miei ricordi sono responsabile soltanto io? Non mi interessano le rimpatriate, le commozioni comuni davanti al feticcio della copertina anni Quaranta. Mentalmente li associo (non so perché) a certi raduni che tuttora si tengono in certi paesini della Germania Meridionale (raduno annuale reduci 323° Panzergranadierebrigade). Non riesco a commuovermi di me stesso bimbetto, forse temo sia il sintomo del definitivo cedimento all’Alzheimer. I miei libri di ragazzo sono (forse) in una cantina che non visito da anni. Sicuramente so che Capitani coraggiosi, libro che amai tanto da rileggerlo una trentina di volte, funge da fermaporta nella casa di campagna dei miei. Penso che stia bene dove si trova. Quando lo vedo mi ricordo che uomini e oggetti sono destinati a scomparire. E probabilmente serve anche a ricordarmi che la mia generazione non è stata né migliore né peggiore di quelle che l’hanno preceduta e seguita.
No, Mister U. E., i miei ricordi, le mie piccole debolezze e passioni non sono merce, beni da inventariare, parti erogene da stimolare. Sono la mia intimità della quale non intendo fare mercimonio. Anche se da ragazzo conoscevo il nome e il numero di componenti dell’equipaggio dei principali bombardieri, caccia e carri armati della Seconda guerra mondiale (e probabilmente li conosco ancora), non mi è mai venuto in mente di vantarmene una volta passati i dodici anni. Si vede che non sono U. E., io.
Chi vuole partecipare al raduno annuale dei reduci animato da U. E. si accomodi pure. Ingresso € 19.00.
Umberto Eco
La misteriosa fiamma della Regina Loana
Bompiani, 2004, pp. 451, € 19.00
idem, Tascabili Bompiani, € 9,90
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