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    Luce d’estate: amori e fantasmi

    • di Consolata Lanza
    • Ottobre 23, 2013 a 4:23 pm

    luce d'estateIl romanzo di  Jón Kalman Stefánsson  Luce d’estate, ed è subito notte, pubblicato per la prima volta nel 2005, quindi precedente a Paradiso e inferno e Il silenzio degli angeli, esattamente al contrario dei due titoli citati tratta la concentrazione, la chiusura, la prossimità, l’intreccio delle relazioni umane, in un villaggio islandese di quattrocento abitanti che voltano le spalle alla natura, si guardano tra di loro, si osservano, si spiano e si scrutano, nel tentativo di tenere lontano il buio sempiterno. A meno di guardare solamente il mare, perché al contrario del buio è colorato e cambia continuamente. Intorno c’è la campagna, le cui condizioni di vita possono apparire insostenibili a chiunque sia abituato a stare in mezzo alla gente, anche se la modernità sicuramente aiuta a tenere a bada la solitudine, automobili, computer, televisione permettono di mantenere i rapporti con il mondo.  E se in Il sorriso degli angeli era il viaggio a dare un significato al libro in quanto sfida a una natura più grande dell’uomo, qui il viaggio è la felicità se si fa in camion, ben protetti all’interno della cabina, oppure qualche giorno a Londra per chiarirsi le idee. La vita nel paese è complessa anche se tutti ripetono che “non succede mai niente”. Le vicende di alcuni personaggi si intrecciano, o si sfiorano, dando vita a un ritratto corale della piccola comunità. Non c’è il cimitero né un pastore, ma c’è la banca, la sede della Cooperativa cui tutti fanno capo, contadini o no, il centro sociale dove si fanno feste, proiezioni cinematografiche e conferenze. Ovviamente tutti si conoscono, i fatti di tutti sono discussi e analizzati, anche senza gli eccessi di pettegolezzo che non si addicono alla natura nordica ci sono benpensanti, giudicanti e devianti. Come il direttore del Samofnar andstæðurMaglificio un tempo fiorente e ora chiuso, che a un certo punto della sua vita abbandona tutto, lavoro, famiglia, agi, patrimonio, per acquistare libri antichi e diventare astronomo. O come il fattore costretto a abbandonare la sua fattoria per andare a fare il magazziniere alla Cooperativa, per scontare la vertigine della carne che l’ha travolto. O il giovane  così diverso da quello che si aspettavano i suoi genitori, che sa dipingere cieli pieni di uccelli in volo. O quelli che hanno il buio dentro, e qualche volta soccombono, altre permettono alla vita di insinuarsi per fare luce ma il buio è anche fuori, e non perdona. O la ragazza che tutti desiderano ma che desidera uno solo che è lontano ma tornerà… Anche i fantasmi non fanno troppa paura in mezzo alla gente, e basta accettarli per svuotarli di senso. Sono storie veloci e profonde, narrate con uno stile rapsodico che a tratti può sembrare un po’ monotono, ma ci ricorda che l’autore  è stato prima poeta che narratore. Anche qui, come nei romanzi precedenti, la scrittura ha un andamento centripeto, sempre alla rincorsa di divagazioni e considerazioni generali che evitano alle vicende di generare claustrofobia. I personaggi vivi, interessanti, sono raccontati dall’esterno, nelle loro azioni. Certo non bisogna aspettarsi la forza e la potenza  del confronto tra uomo e natura che affascinano il lettore in Paradiso e inferno e Il silenzio degli angeli, ma Luce d’estate, ed è subito notte è un romanzo molto attraente, che coinvolge e interessa, e come bonus dà una massa di informazioni sull’Islanda di oggi, moderna ma ancor sempre estrema e piena di fascino. L’ottima traduzione e la postfazione sono, come negli altri romanzi, di Silvia Cosimini.

     

    Jón Kalman Stefánsson, Luce d’estate, ed è subito notte

    Iperborea 2013, pp. 314, € 16,00, trad. Silvia Cosimini

     

    *** Cortesemente dal blog dell’autrice, Anaconda Anoressica.

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