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    R. Gallego – Bianco su nero

    • di admin
    • Giugno 10, 2004 a 10:57 pm

    Ruben Gallego
    Nero su bianco
    (Adelphi)
    L’autore nasce a Mosca nel 1968, è orfano e disabile.
    Nel libro, scritto a trent’anni, racconta i pellegrinaggi dell’infanzia e dell’adolescenza attraverso gli orfanotrofi dell’Unione Sovietica, fino alla maturità in ospizio ed al viaggio in America.
    Bianco su un nero è un romanzo a episodi autobiografici, ordinati secondo la cronologia della presa di coscienza, dell’autore, della propria condizione e del proprio destino.
    Le esperienze dell’orfanotrofio e dell’ospizio dividono il libro in due parti, quelle del viaggio in America lo concludono. La forma dello scrivere è asciutta ed essenziale, a periodi brevi, magari ripetuti per sottolineare un concetto, ma poveri di subordinate e coordinate, ricchi di annotazioni puntuali, brevi riflessioni a margine. Rivisitando uno stile infantile, l’autore comunica l’urgenza di condividere ricordi sufficienti a descrivere una realtà.
    La realtà dell’Unione Sovietica, dagli anni 70 alla caduta del muro, è quella di una grande miseria rievocata dal freddo dei lunghi corridoi non riscaldati degli orfanotrofi e dalla fame nelle mense di ospizi dove alla fine del pranzo si distribuiscono a pochi privilegiati le ossa già usate per fare la minestra.
    Ma c’è qualcosa di più oscuro e pesante che trasforma il sistema assistenziale in una macchina per la segregazione e la eliminazione degli inabili indifferentemente presi: disabili motori, anziani, disabili mentali. Il valore fondante della società è la produzione, il merito fondamentale dell’individuo la sua produttività.
    La feroce sintesi a cui l’autore protagonista viene invitato è semplice: il disabile è un «pezzo di carne inutile» la cui sopravvivenza è assicurata dalla generosa pietà degli uomini normalmente produttivi. L’unico atto che si pretende a cambio della vita è la sottomessa gratitudine. La pietà istituzionalizzata viene elargita dentro il perimetro chiuso di orfanotrofi, ospizi, ospedali. La segregazione viene garantita da un mondo «fuori» indifferente e inaccessibile.
    Stabiliti i principi fondanti, l’orfano Ruben Gallego bambino spiega le semplici regole imparate in fretta e a cui attenersi per esistere nell’indigenza pagando il minor prezzo possibile in sofferenza.
    La disabilità prevede una graduatoria che va dalle stampelle alla non autosufficienza dei piscialetto.
    L’autore schietto ed ineludibile scrive merda per merda, piscio per piscio.
    Un disabile motorio è per definizione anche un minorato mentale. Un inserviente è più importante di un insegnante perché si occupa degli escrementi e del cibo, un insegnante ha più potere di un inserviente perché può promuovere ed avvicinare la soluzione finale dell’ospizio e così via.
    Dopo il diritto all’istruzione, che paradossalmente è il garante della sopravvivenza in orfanotrofio, arriva con l’ospizio la condanna alla vita da assistito-recluso o la condanna a morte per semplice abbandono.
    Nell’Unione Sovietica dei Diritti Conclamati questo libro è il racconto dei fatti, e questi non sono in discussione. La non autosufficienza relega gli individui ad una condizione sub-umana, l’auto soppressione può apparire l’unica via di riscatto o di fuga.
    Forte di questa consapevolezza Ruben Gallego fa le sue considerazioni sulla parentesi Americana.
    Lo sguardo è disincantato, ma il giudizio è netto: la disponobilità di mezzi materiali e l’accessibilità sono la democrazia, la partecipazione alle scelte è la libertà.
    I russi normali buoni, saggi, corrotti, burocrati sono quelli di Cechov e Bulgakov, i compagni di scuola e i campioni della dignità umana sono di De Amicis.
    Bianco su nero non è un libro piacevole, forse nemmeno un libro interessante: può essere un libro importante da leggere e capire (Pier Giuseppe De Vecchi).

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