Aggiornato e chiaro, Uomini e Ambienti di Giorgio Manzi e Alessandro Vienna è un buon esempio di divulgazione scientifica nostrana; coniuga in modo interessante la paleoantropologia, la geografia antropica e lo studio dei climi, riassumendo lucidamente l’evoluzionismo neodarwinista.
L’esposizione semplice ne fa un buon candidato alla lettura in classe e un buon testo da poltrona e comodino. Lo chiuderete con la soddisfazione di aver ripassato ciò che già sapevate e di conoscere alcune delle ipotesi più recenti riguardanti la nostra evoluzione, a partire dalle nostre triplici origini africane.
«Loro siamo noi!, anzi, noi siamo loro», annuncio ai miei alunni cominciando a spiegare l’evoluzione umana, e intendo dire che le popolazioni africane – che la maggior parte di loro[1] sente lontani e riavvicinati a noi soltanto da una difficile immigrazione – sono all’origine della nostra storia di ominidi e nei nostri geni. Ce lo spiegano gli autori nel capitolo intitolato Come si diventa Homo sapiens.
Diventare noi (intesi come specie) non è stato facile, e la maggior parte delle tappe fondamentali sono avvenute appunto in Africa orientale, portando prima alla genesi degli ominidi, poi alla comparsa del genere Homo. Il motore è stato naturalmente l’adattamento all’ambiente e in particolare la possibilità di sfruttare nuove risorse alimentari quando quelle consuete (frutta e foglie della foresta) venivano a mancare. Alcuni ominidi occuparono una nicchia alimentare «granivora» adattandosi a sfruttare cibi vegetali coriacei, ma
… altri ominidi […] furono in grado di sfruttare una risorsa alimentare differente, che pure era a disposizione in savana: le carcasse abbandonate degli animali.
Inserirci fra i grandi carnivori e i mangiatori di carogne, facendo concorrenza a iene e sciacalli, fu a quanto pare una delle nostre carte vincenti. Imparare a trattare e cucinare quelle preziose fonti di proteine fu ovviamente un enorme passo avanti (anche dal punto di vista organolettico). Poi, parafrasando il compianto Douglas Adams[2], dopo aver trovato risposta a domande pressanti come «che cosa mangiamo?» e «quando mangiamo?», ci saremmo posti il cruciale interrogativo: «dove andiamo a mangiare?», Ma questo avvenne molto, molto tempo dopo…
Il tema dell’alimentazione torna in Uomini e ambienti dopo capitoli dedicati alla foga misuratoria e classificatoria degli antropologi ottocenteschi, al ciclo della vita umana e alla dimostrazione che «noi siamo la nostra storia» in La geografia dell’alimentazione, ultimo capitolo del saggio.
In relazione alle caratteristiche nutrizionali dei prodotti offerti dalla natura, alcuni aspetti hanno orientato nel passato e tuttora indirizzano le [nostre] scelte: il ruolo che tali alimenti possono svolgere nel soddisfare il bisogno energetico, la loro disponibilità stagionale, l’assenza di sostanze tossiche, l’organizzazione sociale necessaria per ottenerli.
Da questo punto di vista credo che il comportamento di noi abitanti del Primo mondo avrebbe sollevato molte perplessità nei nostri lontani progenitori: dopo aver consumato (troppi) prodotti ad alto valore energetico, corriamo in farmacia a comprare costose sostanze che promettono di ridurre l’accumulo e addirittura l’assorbimento di quei grassi preziosi, ci incaponiamo d’inverno ad acquistare fragole e ciliegie importate a caro prezzo (anche ambientale) dall’altro emisfero, riempiamo i nostri cibi di conservanti, addensanti e coloranti la cui natura tossica è almeno fortemente probabile…
Ma forse tutte queste bizzarrie sono frutto dell’organizzazione sociale (nella fattispecie dell’efficientissima organizzazione delle multinazionali agroalimentari e della pubblicità che ci rintrona ogni giorno)… Strane bestie siamo diventati!
La cultura, nostro fiore all’occhiello, è infine l’elemento di mediazione tra i bisogni dell’essere umano e il territorio che fornisce gli alimenti per soddisfarli. Cultura materiale (che riguarda cioè produzione, trasformazione, conservazione e circolazione dei beni alimentari, nonché tutti gli aspetti economici collegati all’acquisizone del cibo) e cultura non materiale (che comprende i valori, le ideologie, le credenze religiose, I riti della convivialità, lo sfoggio di ricchezze e di prestigio sociale ecc.) Il che, praticamente, significa che l’intera nostra vita ruota intorno al cibo.
Siamo davvero ciò che mangiamo. E, vale la pena di ricordarlo, siamo (molti di noi sono) ciò che non possiamo permetterci di mangiare, come sottolineano gli autori citando nelle pagine finali l’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani adottata dall’ONU nel 1948:
Ogni individuo ha il diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolar riguardo all’alimentazione, al vestiaro, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari…
Peccato che, ricordano Manzi e Vienna,
Si stima che entro la fine del 2009, anche a causa dell’attuale crisi economico-finanziaria, nel mondo un miliardo e venti milioni di persone soffriranno la fame.
Ma come, non eravamo giunti alla terza fase: «in quale ristorante mangiamo oggi?»
Comunque, visto che la nostra storia e quella del nostro cibo sono così strettamente intrecciate, sarebbe importante capire che cosa mettiamo in dispensa. Questo piacevole saggio serve solo in parte alla bisogna, anche se svela i segreti del cibo, dai probiotici al caramello, dall’ambigua natura del pudding alle tecniche di conservazione alimentari. E ancora: che cosa rende birra una birra? È meglio mangiare i pomodori crudi o cotti? Quant’è affidabile la data di scadenza? Meglio il burro o la margarina? Chi ha paura del burro di arachidi?
Il problema è che – benché curioso e scritto in maniera accattivante e chiara – Sai cosa mangi? è rivolto soprattutto al pubblico statunitense, abituale consumatore di molti degli alimenti citati (mashmallow, milk shake, eggnog, jimmies, biscotti Oreo…). Valga come esempio la chiusa del capitolo Sicurezza alimentare e bancarelle:
Grazie ai nostri ispettori sanitari il pranzo che comprate alla bancarella del mercatino non è solo gustoso, è anche molto sicuro.
Ehi gente! Questa è l’Italia, il paese dove gli ispettori sanitari devono sventare crimini alimentari di ben altre dimensioni, come il riciclaggio in grande stile di formaggi scaduti, il commercio di mozzarelle fatte con il latte di bufale che pascolano su discariche abusive di rifiuti tossici e scorie radioattive… Dove troverebbero il tempo per andare a stanare un po’ di batteri nascosti nelle piadine sulle bancarelle!
Consigliato a chi va spesso negli Usa.
1La maggioranza ma non tutti: le mie classi sono decisamente multietniche e scoprire che il vicino di banco ghanese è semplicemente un lontano discendente di coloro fra i nostri antichi progenitori che si sono «fermati» in Africa, mentre altri gruppi sono solo emigrati molto prima di lui a est o a nord, dove la loro pelle è sbiadita per adattamenti climatici fa bene a tutti quanti.
2 autore della serie di fantascienza umoristica: Guida galattica per autostoppisti, Ristorante al termine dell’Universo, La vita l’Universo e tutto quanto, Addio e grazie per tutto il pesce.
Giorgio Manzi & Alessandro Vienna
Uomini e ambienti
Il Mulino, «farsi un’idea» 2009
pp. 136, € 9,80
Richar & Anna- Kate Hartel
Sai cosa mangi?
Springer, I blu, 2009,
pp. 236, € 20,00
Trad. M. Caregnato Verdiani