La recente notizia del “fallimento” dichiarato dalla municipalità di Detroit ci ha convinto a ripescare e ripubblicare questo articolo, scritto ed uscito alla fine del 2010, quando esistevano ancora speranze di salvare la città e la convivenza civile nell’area di Detroit. A questo punto non ci resta che seguire con attenzione e un minimo di malinconia lo sviluppo della vicenda, ricordando di essere di Torino, la città-gemella di Detroit.
Il titolo di questo pezzo e spudoratamente copiato da quello di un racconto di Samuel Delany. L’ho scelto perché spesso ho l’impressione che la mia vita sia uno spostamento nel tempo davanti a uno sfondo immobile che scivola irrimediabilmente alle mie spalle: vie cittadine, edifici, negozi, centri commerciali, vetrine e finestre spalancate sul fuori, mentre all’interno milioni di oggetti se ne stanno acquattati in attesa che mani e occhi umani li risveglino e li chiamino a testimoni. Il nostro presente scivola in avanti, perde la presa su ciò che e già stato, solo gli oggetti (e gli edifici) registrano e serbano il passato, guardarli e il viatico per ricordare.
Se un gruppo di oggetti, o un luogo, potessero riassumere una vita, quali scegliereste per rappresentare la vostra? E quella dei vostri genitori? Ma poi, ha senso tentare di scegliere? Il potere degli oggetti, il loro significato nelle nostre vite e il maggiore dei fili conduttori di Il mondo delle cose, un’antologia di racconti di Michael Zadoorian.Il secondo, piu sottotraccia ma ugualmente significativo, e il panorama urbano di Detroit, nel quale la maggior parte dei racconti sono ambientati.
Già autore di Second hand, una storia d’amore, Zadoorian ha con i vecchi oggetti un rapporto speciale che si approfondisce e si trasforma con il passare del tempo e con l’affinarsi della sua scrittura. Le vecchie cose e i vecchi luoghi, pieni di storia e di echi di vita, rappresentano per i suoi personaggi sia il passato e il proprio io più giovane:
Da piccoli possediamo una cosa, e da grandi siamo disposti a ricomprarla per cento volte il suo prezzo originale. Crediamo di ricomprare la giovinezza, o l’innocenza, ma in realta ci stiamo ricomprando l’ignoranza. Vogliamo ricordarci un tempo nel quale sapevamo molte meno cose [1]
Sia una barriera contro il cambiamento e la sofferenza che il presente e il futuro portano:
Credo che quegli oggetti siano dei ‘sostituti’ della vita. Che li usi per nascondersi, per proteggersi [2].
Suddivisi in quartieri (West Side, East Side, Downtown) come la città che fa loro da sfondo, i racconti presentano persone qualunque alle prese con le ≪cose≫; in Cicatrici di guerra un veterano della Seconda guerra mondiale che ritrova in un armadio una vecchia bandiera giapponese strappata al nemico si accolla le spese di traduzione di una serie di lettere per scovare gli eredi. Ne Il mondo delle cose Jeffrey, un collezionista compulsivo di oggetti dei primi anni Sessanta – quando molte famiglie come la sua, vivevano in un buon sobborgo per il ceto medio bianco di Detroit – può finalmente mettere le mani nel seminterrato dove la madre morta da poco conservava gelosamente mobili e soprammobili d’epoca. Il ≪tesoro≫ gli rivelerà qualcosa della madre e molto su se stesso:
La casa di un genitore e un campo minato di emozioni, nascoste nel solido terreno dei ricordi […] Mi sento in colpa per tutto ciò che finisce tra le cose da buttare, ma anche per le cose che decidiamo di tenere.
In Sviluppo un figlio dialoga con il padre sfogliando le pile di fotografie che il genitore, per hobby, ha scattato durante la vita. Talvolta la ≪cosa≫ e l’intera città: fabbriche dismesse, palazzi abbandonati, tracce di un mondo finito con l’illusione fordista e il sogno della modernità. In Speleologia, uno dei racconti più belli, un giovane coltiva un hobby molto particolare.
… quello che faccio – si insomma, questa cosa di intrufolarmi negli edifici abbandonati per esplorarli, fare fotografie e poi scriverne – e decisamente illegale.
Viene contattato da una ragazza decisa ad accompagnarlo nelle sue esplorazioni. La condivisione rispettosa di spazi enormi, un tempo pieni di gente e ora abbandonati a se stessi e alla mano pesante del tempo, li aiuterà a stabilire un contatto più profondo:
E’ terribile che un palazzo possa fare questa fine. Non dovrebbe mai succedere, in nessun posto, ma quando vedo una cosa del genere cerco di coglierne la bellezza, di trovarne il senso, di darle una ragione… di riempirla con qualcosa.
In I fantasmi dei palazzi Tiki un viaggio in autobus per la citta consente al protagonista di soffermarsi su New Center di un tempo, nel quale VIP ormai quasi dimenticati celebravano i riti della dolce vita in locali enormi e bizzarri come il Mauna Loa, Il Trader Vic e il Chin Tiki:
… il Mauna Loa […] un gigantesco tempio polinesiano – con il tetto di paglia e l’entrata a forma di A fiancheggiata da torce accese e palme a prova di inverno che ondeggiavano nelle acque lievemente increspate di una laguna artificiale… Investirono piu di due milioni di dollari in quel paradisiaco monumento allo sfarzo […] Il Mauna Loa apri nell’agosto del 1967. Meno di un mese dopo i peggiori scontri razziali nella storia di Detroit. Non durò nemmeno due anni.
A sottolineare quanto il mondo, già allora, fosse ≪diverso≫ dal sogno dei costruttori del Mauna Loa e delle altre cattedrali del lusso, i passeggeri, tutti neri tranne il protagonista, si guardano con diffidenza e sospetto. A salvarli sarà una risata liberatoria e non malevola di fronte alle provocazioni di un barbone esibizionista. Il filo conduttore degli oggetti e più lasso in altri racconti, ugualmente incisivi, come Discinesia o Bollettino del traffico. Gli ultimi due racconti mi hanno toccato in maniera particolare per questioni del tutto personali. In Dormire una veterinaria che per lavoro sopprime animali randagi, rifiutati dai padroni o malati, e perseguitata da incubi e dal timore che ≪quella parte di te, quella parte che ti rendeva speciale, come dicevano i tuoi genitori, la parte della brava ragazza, non sia piu tua≫. Prigioniera dei propri sensi di colpa, la donna non se la sente di lasciare il lavoro, perché qualcuno deve pensare anche a quei reietti:
L’unica cosa che puoi offrire agli animali e una partenza serena […] perché ti stanno a cuore. Ma se diventi una macchina, non puoi offrire nemmeno quello. E un vincolo preciso. Agli animali devi almeno il tuo senso di colpa, i tuoi incubi.
Il racconto scorre verso il finale su tonalità surreali; avendo da pochi mesi rispettato il vincolo con la mia vecchia gatta, ho trovato rasserenante che, almeno nel racconto, sia possibile far pace con ciò che non si e saputo fare. Magari fosse davvero possibile anche con le persone. L’ultimo racconto, Il campo dei misteri, gioca sul nome di uno strano posto dove cause naturali locali alterano la percezione della forza di gravita e il ≪nostro personale Campo dei Misteri≫, dove sono inevitabilmente diretti John ed Ella, la coppia di anziani e malati turisti del racconto. Quadro efficace di un ultimo viaggio,
basta correre contro il tempo […] adesso abbiamo tutto il tempo che vogliamo. L’unico problema e che io sto cadendo a pezzi e John ricorda a malapena come si chiama. Fa niente Me lo ricordo io. In due facciamo una persona intera.
Il racconto e stato ampliato in romanzo da Zadoorian: In viaggio contromano; non credo che lo leggero a tempi brevi, ma verra anche il suo momento. Dopo aver esplorato Detroit attraverso i racconti di Zadoorian, spinta anche dalla vicenda Fiat-Crysler, ho cercato notizie in rete trovando interessanti materiali (ai quali vi rimando). Ho scoperto che – come Torino – anche Detroit e stata (e, con il capitale Fiat, forse tornerà ad essere) una ≪capitale dell’auto≫ e che – sempre come Torino – e stata simbolo di modernità industriale, meta di immigrazione, promessa di benessere, sogno di una vita migliore. Detroit ha alle spalle una storia lunga e a suo modo ≪gloriosa≫. Come afferma un top manager della Chrysler4, ≪Qui il sogno dell’auto ha unito tutti≫, permettendo la nascita e il rafforzamento di una middle class multietnica composta di bianchi e neri (che sono tuttora l’85% della popolazione), statunitensi, europei, arabi… E stata una delle città più ricche degli Stati Uniti, nella quale si costruivano i famosi ≪palazzi perduti≫ celebrati da Zadoorian. Un tempo, con il contratto firmato dall’UAW (il sindacato dei lavoratori dell’auto), gli operai di Detroit potevano permettersi la seconda auto e la seconda casa; la citta fu cosi uno dei grandi laboratori di democrazia americana. Raggiunto il massimo splendore sul finire degli anni Cinquanta, Detroit comincio a scricchiolare. Alla fine degli anni Sessanta cominciarono disordini razziali, i bianchi traslocarono nella cintura metropolitana ma ai neri non fu permesso muoversi:
Certo il sogno americano e cambiato, a Detroit, dopo le sommosse del ’67. Molte di quelle brave persone bianche della buona borghesia sono andate a vivere a nord della 8 Mile Road [5].
Negli anni Settanta la città fu scossa dalla crisi energetica e dalla concorrenza delle utilitarie giapponesi. L’alleanza di ferro tra Chrysler-GM-Ford da una parte e UAW dall’altra impose ai governi l’adozione di barriere protezionistiche, ma crimini e violenza dovuti allo spaccio di droga crebbero, gli spaccia si stabilirono nei quartieri abbandonati dai bianchi; la lunga gestione di Coleman Young, il primo sindaco nero (eletto nel 1973), non risolse i problemi e acuì le tensioni. La triade dell’auto e l’UAW spinsero i politici a un grave ritardo nelle normative ambientali negli anni Ottanta e Novanta. Poi la recessione del 2008: il mercato dell’auto declina, il valore delle case crolla, seguono licenziamenti e mutui strozzini da parte delle banche. Dal punto di vista urbanistico, Detroit occupa un’area di 359 km2, una superficie superiore a quelle sommate di Boston, San Francisco e Manhattan. Pero ospita circa 800.000 abitanti contro i quasi 3 milioni complessivi delle tre città. Oggi il 27,8% delle case della grande Detroit sono ufficialmente disabitate; la causa immediata e, ovviamente, la recessione, ma il problema ha origini antiche: ben pagati, gli operai di Detroit potevano permettersi una casa singola, invece del solito appartamento, cosi, fin dal periodo tra le due guerre, la città ha assunto una struttura all’inglese, con interi quartieri di casette basse e giardino. Una caratteristica gradevole che si e pero rivelata un boomerang quando per i proprietari e diventato sempre più oneroso pagare i mutui sulla casa. Pignoramenti, trasferimenti e abbandoni hanno spopolato interi quartieri e dallo spopolamento alla desertificazione urbana il passo e stato fin troppo breve. Attualmente, con la disoccupazione che ha raggiunto il 29%, i quartieri giardino, che erano il sogno e l’orgoglio di gente come i genitori di Jeffrey, sono vuoti o in mano a occupanti abusivi, ufficialmente inesistenti, e/o zone di guerra fra gang e spacciatori. La gestione di queste aree ha costi altissimi in termine di sicurezza,forniture di acqua ed elettricità, raccolta rifiuti. Per abbattere i costi e trovare una soluzione, l’amministrazione pubblica, da circa un anno guidata dal sindaco David Bing, ha imboccato una strada – certamente discutibile e forse temeraria ma meritevole di attenzione e coraggiosa – che prevede, alla fine dell’attuale fase di rimpicciolimento della citta, una popolazione stabile di circa 500-600 mila persone. Per ospitare questi abitanti, basterebbero 50-60 miglia quadrate su 138, ossia il centro e una serie di ≪quartieri pedonali≫ satellite. Una simile struttura renderebbe la fornitura di servizi più facile e molto meno gravosa economicamente. Ma che fare delle 80 miglia quadrate restanti, sparse all’interno della città? Potrebbero essere risistemate a verde – un’opzione che costerebbe alla collettività – o dedicate all’agricoltura. Il progetto prevede l’abbattimento di edifici fatiscenti, fabbriche dismesse e palazzi ormai inutilizzati, sgomberando spazio per fattorie e terreni agricoli e riconvertendo ad aree pedonali zone di pregio come il lungo fiume. Oltre alla riduzione della spesa pubblica e a una maggior sicurezza per i cittadini, la riconversione presenterebbe numerose ricadute positive: completa autosufficienza alimentare (Detroit sarebbe la prima città al mondo a raggiungerla), creazione di posti di lavoro in una città che ne ha disperatamente bisogno e, indirettamente, il miglioramento della dieta locale. Le difficoltà esistono eccome: ad esempio, un secolo di uso urbano potrebbe aver inquinato i terreni cittadini oltre i limiti tollerabili; e garantire la sicurezza delle coltivazioni dall’assalto di vandali, gang e delinquenza potrebbe rivelarsi molto costoso. Non ultimo dei prezzi da pagare sarà la distruzione di tutti i magnifici fantasmi architettonici amati da Zadoorian. Il quale testimonia la propria ambivalenza emotiva con Il mondo delle cose ma non e pessimista sulla sua Detroit:
Per molti versi, sto vivendo come molta gente vive nell’area di Detroit. Abbiamo un lavoro diurno e poi ci dedichiamo alla nostra arte, musica, scrittura ecc., quando possiamo. E una delle cose che amo di questa zona. Anche gli artisti hanno questo maledetta etica del lavoro tipica del Midwest. Ma questo non impedisce loro di creare. Io penso che Detroit stia bruciando di creatività.
Buona fortuna, Detroit. Abitante scettica di Torino, quasi quasi invidio questa tua ≪creativita≫: in questi anni, noi abbiamo continuato a edificare grandi strutture (troppo costose da mantenere per un’amministrazione pubblica sempre meno ricca), come quelle nate per le Olimpiadi 2006, che a distanza di pochissimi anni hanno gia iniziato la loro non onorevole carriera di fatiscenti fantasmi urbani.
1. Michael Zadoorian, Second Hand. Una storia d’amore, Marcos y Marcos.
2. Intervista rilasciata dall’autore ad Antonella Cortese
3. The Leisure Seeker (edito in Italia da Marcos y Marcos, con il titolo In Viaggio contromano).
4. Federico Rampini, La Repubblica , 5 luglio 2010
5. Micahel Zadoorian, Il mondo delle cose.
6. Per avere un’idea di come in un quartiere si creino enclave di criminalita, leggere: Elena Stancanelli, Periferie, in R2, Repubblica, 285/05/2010,
7. Secondo un recente studio, Detroit, dal punto di vista alimentare e un deserto: piu del 50% degli abitanti acquista il cibo nei drugstore, alle pompe di benzina o nei fast food perche non ci sono supermercati alimentari entro i confini comunali e paga la cattiva qualita del cibo con cira un anno di vita in meno rispetto ai valori medi.
8. intervista rilasciata da Zadoorian a Chris Handyside
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I libri
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Zadoorian Michael, Il mondo delle cose – pp. 272 – marcos y marcos, alianti – € 16,50 (trad. M. Foschini e G. Guerzoni)
– Zadoorian Michael, In viaggio contromano – pp. 282 – marcos y marcos – € 16,50 (trad. C. Tarolo)
Zadoorian Michael, Second hand, una storia d’amore – pp. 318 – marcos y marcos – € 16,00 (trad. M. Foschini)
Detroit
– Una rivoluzione verde per Detroit
– Detroit-Torino-Kragujevac, storia automobilistica di tre città “essenzialmente produttive”
– Elenco di film girati a Detroit
Curiosità
tra i film ambientati (ma non sempre girati) in Detroit ho scelto:
– Hoffa (1992), regia Danny DeVito, con Jack Nicholson e Danny Devito, sulla vita e la scomparsa del controverso presidente e riorganizzatore del sindacato degli autotrasportatori di Detroit.
– Il corvo (1994), regia Alex Proyas, con Brandon Lee, Rochelle Davis, Ernie Hudson. La Detroit del fumetto di James O’Barr e stata completamente ricostruita in studio. Nulla si sa di certo sulla location del remake del Corvo per la regia di Stephen Norrington.
– 8 Mile (2002), regia Curtis Hanson, con Eminem e Kim Basinger. Il titolo deriva dalla 8 Mile, una via malfamata di Detroit che divide il quartiere bianco da quello nero. Il protagonista, Jimmy Smith Jr. (Eminem) e uno dei pochi ragazzi bianchi che vivono nel quartiere nero che cerca di sfondare nel mondo dell’Hip Hop.
– Gran Torino (2008), regia Clint Eastwood, con Brian Haley e John Carroll Lynch. Ambientato e girato a Detroit e citta satelliti.
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