Realismo o immaginazione? Verismo o simbolismo? Questa contrapposizione segna tutta la storia della letteratura, e non solo, separando le due modalità della conoscenza umana: quella che scruta il reale in maniera puntuale e definitoria e quella che lo osserva obliquamente, lo spia con la coda dell’occhio e cerca di sorprenderlo nella speranza di rappresentarne l’essenza. Una modalità pretende di capire, l’altra spera di comprendere. Separare queste due anime assurdo, oltre che un sbagliato: entrambe sono irrinunciabili strumenti per sopravvivere e per vivere.
Kelly Link e Margo Lanagan sono due narratrici con l’anima obliqua, diverse eppure imparentate fra loro. E parenti di Theodore Sturgeon, scrittore di grande respiro, in Italia ingiustamente recintato nell’ambito della fantascienza.
Quando il mare verrà al mio richiamo, quando mi farà le fusa, saprò che mi hai perdonato per quel che ho fatto. Per averti lasciato dopo averlo fatto.
Kelly Link, Garofano, Giglio, Giglio, Rosa.
Kelly Link, autrice di Ne succedono anche di più strane vive in Massachuset dove dirige una casa editrice specializzata in racconti. Coltiva con sapienza la nobile arte del racconto, creando opere multistrato, dove il lettore può perdersi a piacere, spaesato dall’atmosfera onirica, divertito dai molteplici riferimenti alle fiabe (In viaggio con la regina delle nevi), alla tradizione popolare (Il cappello dello specialista), alla storia americana e alla linguistica (Il ballo dei superstiti), ai miti antichi (Lezioni di volo).
Tutto, dall’attualità alla letteratura, «entra a far parte del rinfrescante e divertente cocktail narrativo che la Link ci propone», come afferma Riccardo Duranti nella sua argomentata postfazione. Tuttavia niente è più lontano dalle storie della Link di quel genere di scrittura scintillante e «mondano» di buon livello al quale ci hanno abituato tante brave narratrici anglosassoni. Con le sue storie l’autrice esplora ed evoca il reale non perché raccontare storie sia «uno dei pochi antidoti sviluppati dagli esseri umani per contrastare il paralizzante senso di scacco, alienazione e mistero che pervade la vita» – come scrive il postfatore – ma, semmai, per ricreare quel mistero e quell’alienazione (e il senso di impotenza che ne deriva) e così riuscire a trascenderli.
I racconti di Link, sempre pervasi da un sottile senso dell’umorismo, mettono alla prova personaggi e lettori, li spingono a riflettere sui loro «peccati» e sulla necessità di perdonarsi; li chiamano a testimoni di vicende familiari e faccende di cuore, nodi complessi che il senso comune non riesce a sciogliere; ricordano loro che per comprendere occorre prima «guardare» e che guardare non è mai un’attività neutra: scegliere il punto di vista significa assumersi la responsabilità di decidere, di accettare o rifiutare.
La varia umanità messa in scena dall’autrice non è affatto saggia però è in grado di imparare (In viaggio con la regina delle nevi; Garofano, Giglio, Giglio, Rosa), può diventare crudele e malignamente spassosa per sopravvivere (Il ballo dei superstiti), è capace di meschinità e di grandi passioni che superano il tempo e sa guadagnarsi il diritto di conversare alla pari con gli dèi (Lezioni di volo), può sviluppare talenti insospettabili per realizzare i propri desideri (Il trucco per sparire). E può barcamenarsi fra lavoro e pranzi, vivere piccoli amori e stringere amicizie piccole che sono anche grandi e capaci di durare per sempre (Il fantasma di Louise). Gemme di ambigua e preziosa lucidità, questi racconti sono scritti anche per il piacere di regalarci una perfetta storia di fantasmi come Il Cappello dello specialista.
Sì, le vicende narrate da Link sono veramente strane, ma la vita può esserlo di più.
I suoi occhi si fissano su di me, rossi e catarrosi come quelli di un ubriaco, perspicaci come quelli di un prete o di un uomo di spettacolo.
Margo Flanagan, Servire a qualcuno.
Margo Lanagan è nata nel New South Wales e vive a Sidney. Può darsi che vivere DownUnder l’abbia predisposta a scrivere storie «nere» come queste di Black Juice, racconti personalissimi e difficilmente etichettabili, che colpiscono allo stomaco. Apprezzo la scelta dell’editore Giano di inserire l’antologia nella collana «violadelpensiero», a fianco di Qualche goccia del tuo sangue di Theodore Sturgeon, un’altra opera peculiare e difficile da definire. Se questa è narrativa di genere (e lo è anche, di sicuro), dimostra quanto la letteratura fantastica sia ricca e ambigua e grande.
Altrettanto personale, «fantastica» e tagliente della Link, Lanagan ha l’anima più nera: dove Link è malignamente umoristica, Lanagan è drammatica (ma mai melodrammatica); dove Link è lieve e funambolica, Lanagan è intensa. Mi piacciono molto entrambe ma probabilmente Lanagan mi è più congeniale, almeno in questi mesi; il suo mondo a testa in giù mi ricorda un’opera assurda nera e grandiosa come E l’asina vide l’angelo di Nick Cave, altro autore australiano, oltre che grande musicista. Nelle storie di Lanagan, la «provincia» esclude crudelmente i diversi (Yowlinin), le tradizioni antiche risucchiano e sembrano accecare chi le segue eppure, nel loro modo privo di sfumature, preparano al mondo pieno di ombre che aspetta là fuori (La casa dei molti), la natura è nemica e insieme guardiana di incomprensibili diversità evolutive (Yowlinin, Servire a qualcuno), i vecchi che se ne vanno ci lasciano qualcosa di inestimabile (Luce perpetua), in amore capire non serve, occorre credere e avere fiducia (L’uomo di Milord), un insensato corso di galateo per novelle spose può temprare il carattere e rendere migliori e, per finire, la logica amorevole degli elefanti è incompatibile con la legge umana (Dolce Pippit)…
Ma chi può dire chi abbia ragione?
Il distillato nero di Margo Lanagan va assaporato goccia a goccia, anche quando sembra un tossico; in particolare raccomando due racconti: Cantare per mia sorella che scende giù, cronaca di un’esecuzione capitale comminata da una giustizia durissima ma compassionevole, che non dimentica la dignità di vittime e colpevoli; e Servire a qualcuno, vicenda di poveracci e di angeli lerci e puzzolenti che paiono animali. Angeli che «vedono» e accompagnano oltre.
E non chiedetemi se la pena di morte è giusta (NO, non lo è mai) né se credo negli angeli (la risposta è ancora NO); queste sono (soltanto?) storie, e nelle storie è lecito ipotizzare ciò che è ingiusto sostenere ed è necessario immaginare ciò che è al di là della nostra capacità di credere. Leggere Lanagan ci aiuta a comprendere la diversità. E questo è bene. Più bene che male.
L’americano Theodore Sturgeon (1918-73) è stato un autore scomodo perché ha osato affrontare temi ritenuti tabù anche dai grandi nomi del mainstream. I personaggi dei suoi romanzi e racconti non sono buoni, spesso nemmeno simpatici, certamente mai tranquillizzanti. Sono persone «piccole» che possiedono talenti più grandi di loro ma mancano di abilità considerate basilari da tutte le società umane, adulti infantili capaci di «aggiustare» le persone ma disposti a «romperle» per non essere abbandonati, adolescenti stravaganti che, forzati a crescere e a normalizzarsi, intuiscono improvvisamente il senso e la mancanza di senso della vita… Sono i nostri vicini di casa. Sono noi.
Individui come George Smith, il soldato rimpatriato di corsa durante una guerra non precisata (forse quella di Corea) per gravi disturbi comportamentali e aggressione a un superiore. Lo strano caso del soldato Smith viene segnalato al giovane ufficiale Philip Outerbridge, talentoso psichiatra. Dispostissimo a dimetterlo, Phil cerca di farsi spiegare da George perché abbia mollato un cazzotto al suo maggiore e si trova di fronte un muro. Forse ciò che Smith rifiuta di raccontare in prima persona sarebbe disposto a scriverlo in terza? Sì, George è disposto. La storia della sua vita – narrata con obiettività e una vivacità di espressione insospettata in quel goffo ragazzone di provincia – è triste e illuminante, ma «normale», simile a quella di tantissimi altri ragazzi che, cresciuti soli e privi di affetto e di opportunità, hanno trovato pace soltanto in strutture «rigide» con regole ben chiare, coem il riformatorio. O l’esercito.
All’occhio esperto di Phil George potrebbe essere sicuramente uno di questi casi umani… ma, della sua storia tanto ben raccontata, ci sono alcuni piccoli particolari strani… per esempio, che cosa faceva George quando – per sfuggire alle rabbie del padre ubriaco – correva nel bosco? Cacciava. E che cosa? Conigli, marmotte, scoiattoli, tassi… Le moffette no, perché sono schifose, e nemmeno i felini perché hanno tutti lo stesso sapore di «piscio di gatto». Anche le anatre vanno bene. E i rettili: «non ci crederete ma i serpenti hanno un buon sapore, magari sanno un po’ di pesce ma non c’è niente di male nel pesce, l’unica cosa è che non è caldo». Giusto.
A quanto pare il soldato Smith è solo un bravo giovane sfortunato che ha incontrato il suo maggiore nel momento sbagliato e Phil vorrebbe tanto aiutarlo… Se soltanto il ragazzo fosse disposto a rispondere a qualche domandina in più su ciò che fa quando va a caccia…
Ecco, George è uno degli svitati di cui Theodore Sturgeon si prende cura, immaginandoli, seguendoli nel loro evolvere, raccontandoceli con delicatezza e senza giudicare, non obbligandoli a diventare «normali» per piacerci. Come tanti altri «figli» dell’autore, George non è né buono né rassicurante, a conoscerlo bene. Però, sempre a conoscerlo bene, è una persona capace di violenze e slanci, di diventare migliore – o peggiore – a seconda di come gli altri si comportano con lui. Il soldato Smith è come una pianticella tenuta al buio da un bambino dispettoso: per campare si sforza di allungare rametti bianchi e sottili verso il sole che filtra da un buco nel muro.
«Proviamo a dare a questo verde rachitico la luce che gli serve e stiamo a vedere che cosa succede», si dice Sturgeon in questa come in molte altre sue opere. Per farlo occorre sfondare la parete e creare un po’ di trambusto nel nostro bel condominio rispettabile ma, come diceva la nonna, non si fanno le frittate senza rompere le uova.
Forse, così le nostre strade si riempiranno di creature strane e pericolose. Ma siamo noi, quelle creature: i personaggi di Sturgeon, per singolari che possano essere, per matti che possano sembrare, sono semplicemente, dannatamente umani, accidenti a loro.
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Kelly Link, Ne succedono anche di più strane
Donzelli 2006, pp. 248, € 21,00
Trad. R. Duranti
Margo Lanagan, Black Juice
Giano, 2006, pp. 201 € 15,00
trad. G. Cenciarelli
Theodore Sturgeon, Un po’ del tuo sangue
Giano, 2006, pp. 173, € 14,00
trad. N. Gobetti
Fuori catalogo dal 2007, acquistabile in rete.
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