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    Golem

    C’è feeling tra donne e matematica!

    • di Silvia Treves
    • Luglio 3, 2013 a 6:29 pm

    farfallaRaccontano che quando Hillbert offrì a Emmy Noether la libera docenza a Gottinga, chiamandola a lavorare sulla matematica della relatività, i suoi colleghi (tutti maschi, ovviamente) espressero fiere perplessità: avuta la libera docenza chi l’avrebbe fermata? Prima o poi sarebbe diventata professore, e avrebbe così potuto partecipare al Senato accademico! Scandaloso che una donna vi mettesse piede. Hillbert, che aveva già dato altre prove di comportamento eterodosso, sbottò: «Meine Herres, der Senat ist ja keine Badenanstalt…» (Miei signori, il senato non è un bagno pubblico…).

    Era l’inizio del Novecento, un bel po’ di tempo fa. Eppure la condizione delle donne matematiche non è molto cambiata: per loro, come riporta Gabriele Lolli nel suo La crisalide e la farfalla (Bollati Boringhieri, «Variantine», 2000), la matematica resta una torre d’avorio.

    Negli Stati Uniti le studiose di matematica sono pesantemente discriminate rispetto ai colleghi maschi: a parità di titoli e di merito, le loro carriere sono più lente e si fermano a livelli inferiori e il loro stipendio raggiunge in genere l’80% di quello maschile. Studi recenti escludono che questi svantaggi siano dovuti al maggiore impegno verso i figli, o alla minor propensione a cambiare lavoro:

    non è vero, come spesso si ripete, che le donne sono meno mobili, al contrario, solo che cambiando non migliorano la loro condizione, al contrario degli uomini.

    Non basta: a parità di curriculum, i direttori maschi di dipartimento preferiscono collaboratori maschi, e i comitati editoriali, di cui fanno parte anche donne, pubblicano di preferenza lavori a firma maschile. Non si tratta soltanto di impressioni, non illudetevi: i medesimi articoli, firmati con identico cognome, sono stati più apprezzati quando portavano nome maschile (avete compreso la «sottile» differenza tra John e Joan…?). Lo stesso vale per l’attribuzione di finanziamenti o per le assunzioni. La discriminazione, comunque, non è soltanto accademica, comincia ben prima, quando alle superiori – dopo i primi anni di studio con risultati uguali e spesso superiori a quelli dei compagni maschi – le ragazze si orientano verso altri studi o verso campi diversi dalla matematica teorica, o verso corsi più brevi. I motivi, dicono i sociologi (anche quelle di orientamento femminista) sono la scarsa fiducia in se stesse, l’ostilità e la poca stima da parte dei docenti e dei compagni maschi e, come un cane che si morde la coda, la mancanza di modelli femminili che dimostrino che «si può fare». Il caso delle donne nere americane è poi il massimo (il minimo): doppiamente discriminate. Visitate il sito delle Black Women in Mathematics  per farvi coraggio.

    Esaminando i dati relativi ai paesi europei, scopriamo che in Italia le donne sono circa il 30% del totale dei matematici; percentuali più alte troviamo nei paesi dell’Est e in Portogallo (45%). Che sia la misoginia della cultura anglosassone, uno (certamente non l’unico) dei problemi?

    Questi e altri dati sono il pregio del libro di Lolli, che punta il dito sulla discriminazione, ne fornisce esempi convincenti e qualche elemento incoraggiante. I difetti, invece, sono impliciti nella dichiarazione che l’autore fa nella presentazione:

    L’esposizione non è basata su un lavoro specifico di ricerca: presenta solo le notizie che in modo casuale, o naturale se si preferisce, nel corso degli anni l’autore è venuto accumulando […] vuole essere perciò più che altro una testimonianza del genere di pensieri e di conoscenze che sull’argomento si agitano nell’aria che professionalmente si respira.

    Insomma, La crisalide e la farfalla non è uno studio sistematico, e, nonostante i meriti, sfiora soltanto la superficie dei problemi. Il capitoletto sulla biologia (esiste una base biologica per la disparità?) è brevissimo (6 pagine), quello sul «pensiero femminista» in proposito offre alcune citazioni interessanti, ma non si rifà a studi approfonditi, con il rischio di semplificare e banalizzare le questioni. Ad esempio le due pagine dedicate a Margaret Wertheim e al suo saggio I pantaloni di Pitagora (Instar Libri 1996, recensito in questo sito)), non rendono giustizia alle articolate argomentazioni dell’autrice; la sua tesi viene definita «troppo unilaterale e semplicistica», a rischio di « …convergere, anche se non esplicitamente, o essere compatibile, con l’idea di una matematica soft ed emotiva». Con soft immagino che Lolli intenda fuzzy math, alla Martin Gardner, dove cioè «la risposta giusta è considerata meno importante dell’astuto indovinare basato sull’intuizione» (Gardner cit. da Lolli).

    wertheim

    Margaret Wertheim

    In realtà, la posizione di Wertheim ne I pantaloni di Pitagora (cfr. LN 0) è molto più sofisticata, complessa e rigorosa di come la presenti Lolli. Chiavi di volta del suo saggio sono a) un richiamo alla necessità di «radicare la fisica in un contesto di responsabilità etica e sociale»; b) la possibilità che le donne siano in grado di offrire alle scienze «dure», come già alla biologia dello sviluppo, nuovi punti di vista scaturiti da differenti esperienze culturali e sociali: c) una critica alla diffusissima concezione gerarchica delle scienze, con la matematica in cima, capace di spiegare il mondo. Critica che Lolli probabilmente non apprezza, visto che chiama la matematica «la regina delle scienze»
    Questo è quanto. In conclusione vi consiglio o no di leggere questo piccolo saggio? Sì, anche perché contiene in appendice un delizioso estratto dai Souvenirs d’enfance della matematica Sof’ja Kovalevskaja. Sof’ja ricorda le difficoltà incontrate dalla sorella Aniuta, precoce autrice di racconti apprezzati da un redattore della rivista L’Epoca, nientemeno che Fjodor Dostoevskij, l’intransigenza del padre («Oggi tu vendi la tua prosa. Tempo verrà che venderai te stessa»), la determinazione di Aniuta, la marcia indietro del genitore, commosso e fiero, dopo una solenne lettura familiare del racconto incriminato, gli incontri tra un Fjodor divertente e farfallone e la saggia Aniuta.

    lamarr5

    Hedy Lamarr

    Concludo con un’osservazione faziosa: la metafora della crisalide e della farfalla è poetica, galante, se vogliamo (ma la galanteria non sarà la forma più sottile di discriminazione?), ma poco convincente: pare assodato che le donne non siano state imbozzolate da madre natura, in preparazione a una spettacolare metamorfosi, ma imbavagliate dalla storia, tanto per non far nomi di genere!.

    Coraggio farfalline, fatevi sotto, la matematica è belle e non morde.

    A proposito, farfallini: la fotografia di Hedy Lamarr non è qui per consentirvi di rifarvi gli occhi: come racconta Sara Sesti, Hedy è la «splendida diva hollywoodiana cui si deve una teoria utilizzata oggi per realizzare le reti senza fili o wireless». Lei, oltre che attrice, era ingegnere, e la matematica che masticava non era semplicemente fuzzy!

    Siti interessanti sull’argomento:

    Biografie di donne matematiche

    Donne, matematica e carriere scientifiche

    Pregiudizio donne – matematica

     

    Gabriele Lolli La crisalide e la farfalla: Donne e matematica

    Bollati Boringhieri, «Variantine», 2000, pp. 129, € 9,30

     

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    Tag: istantaneeRecensioniGabriele LolliStoria della matematica

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