Nel senso comune, il rapporto tra matematica e umorismo è simile a quello tra vittima e carnefice: i matematici non ridono, semmai fanno ridere, (involontariamente s’intende) per l’inveterata distrazione, la logica rigida fino a sfidare il buon senso e la cieca fiducia in formule che pretendono di esaurire il mondo. Ma chi inventa gli aneddoti più gustosi sui matematici? Altri matematici, sostiene Lolli, gli unici a saper dove colpire, a conoscere bene le manie e i vezzi della categoria e a poterne sbeffeggiare efficacemente il gergo da iniziati.
Da buon matematico Lolli conduce una dimostrazione stringente e articolata del suo assunto, facendo ridere il lettore non dei ma insieme ai matematici e alle loro invenzioni: stroncature raffinate delle opere altrui, limerick, interpretazione dei criteri concorsuali (Se Dio è un matematico, perché non ha avuto la cattedra? Aveva solo una pubblicazione importante, per di più scritta in ebraico…. la comunità scientifica ha avuto molte difficoltà a replicare i suoi risultati….), fino ai modi fantasiosi di chiudere in gabbia un leone usando le armi inconsuete della topologia, della probabilità (C’è in ogni istante una probabilità non nulla che il leone sia in gabbia. Aspetta), dell’induzione…
I matematici, almeno i più geniali, non si limitano a far sorridere, esercitano quell’arte difficile e fondamentale che è la sovversione, il capovolgimento di senso. Alcuni di loro, ben coadiuvati da scrittori e linguisti scatenati come Queneau, hanno dato letteralmente vita a Nicolas Bourbaki, primo esempio di matematico virtuale, autore fecondo e innovatore, leader indiscusso del movimento bourbakista, con l’unico limite della non esistenza.
Perché mai i matematici hanno tanto feeling con i paradossi e l’umorismo? Forse, azzarda Lolli, perché hanno quotidianamente a che fare con un linguaggio ultraspecialistico, derivato però dal linguaggio comune, nel quale ogni parola chiave ha un significato sottilmente diverso da quello di uso quotidiano: addizionare può significare sottrarre nella somma algebrica, moltiplicare un numero può renderlo più piccolo – invece che più grande – se il secondo fattore è minore di 1… per non citare termini come insiemi, gruppi, campi… le nuove parole, derivate dalle vecchie sono essenziali per la didattica e la comunicazione (peccato che tanti dei nostri prof. di un tempo non ne tenessero debito conto).
Lo sviluppo successivo del discorso è che la matematica e l’umorismo hanno molto di simile: spaccare il capello in quattro, andare oltre e contro il senso comune (e anche accorgersi che talvolta il senso comune ha ragione) spinge ad un rovesciamento di senso, a staccarsi dal problema per vederne il contesto, a sostituire lunghi calcoli con una elegante dimostrazione per assurdo, qualcosa insomma che ha a che fare con l’arte, con la narrazione più di quanto si potrebbe ritenere. Come diceva Arthur Koestler
lo schema logico del processo creativo è lo stesso in tutti e tre i casi di scienza, humour e poesia: consiste nella scoperta di similarità nascoste.
Ciò che differisce – e forse non sempre – è il clima emozionale: distaccato nella scienza e nella matematica, aggressivo nell’umorismo, partecipe nella poesia.
Questo di Lolli è un libretto prezioso, che coglie, appunto, similarità nascoste tra forme diverse di pensiero e di creatività e che – al di là delle singole dimostrazioni, dei singoli paradossi, che, talvolta, richiedono conoscenze almeno discrete (ma altre volte sono gustosi per chiunque) – riconcilia il lettore con una disciplina che, chissà perché, professori e scuola riescono troppo spesso a rendere ostica, ripetitiva e noiosa.
Gabriele Lolli, Il riso di Talete: matematica e umorismo
Bollati Boringhieri 1998, pp. 112, € 13,00
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