di Obelix
Questo non è un romanzo storico. Racconta una storia (vera) sullo sfondo dell’Europa tra la fine della Guerra dei Trent’anni e l’ascesa al potere di Maria Teresa e Federico il Grande, narra le avventure di figure emblematiche come re e alchimisti, ma va collocato – nonostante qualche recensore l’abbia apparentato ai tanti romanzi usciti negli ultimi due anni, da quelli di Norfolk all’ultimo della Byatt, al bel calco di Barbero – in un genere affine: la biografia. Della biografia ha infatti la scrittura in terza persona, la completa mancanza di discorso diretto, la descrizione minuziosa di luoghi, date, personaggi e l’impossibilità di farci vedere il mondo con gli occhi dei protagonisti.
Del resto, benché abbia avuto un discreto successo, la Gleeson – che si è sempre occupata d’arte, per Sotheby’s e per riviste ed editori specializzati – non rivela in quest’esordio la stoffa del romanziere. La narrazione è prolissa e, specialmente nella prima parte, indulge all’enfasi e abbonda di termini «preziosi» e frasi fatte: la ricerca è sempre «affannosa», la sorveglianza è «stretta», le somme profuse «enormi», le fattorie «in rovina», i campi di grano una «lussureggiante distesa». Gli esiti a volte sono involontariamente comici: i contadini «languivano depauperati» e Bottger, l’eroe del libro che «aveva ogni ragione per temere di essere torturato e messo a morte non appena la sua impostura fosse stata smascherata. Per nulla desideroso di fare una simile esperienza…» fugge «acquattato sul fondo del carro».
Quindi Arcanum non è una narrazione limpida e priva di inciampi né una funambolica e ammirevole ri-creazione di stili e generi settecenteschi. Ma, nonostante i difetti, il libro è avvincente, la storia è di quelle che restano in mente, i personaggi meritano di essere ricordati, lo scorcio della prima metà del Settecento mitteleuropeo è straordinario: si va dai principati – alcuni grandi come fazzoletti – della Germania alla grande Vienna, a Parigi, a Varsavia, si narra di intrighi e passioni maniacali per l’arte, di ossessioni alchemiche e di abilità artigianale, di fiuto per gli affari e di indagini scientifiche. E la scoperta europea della porcellana fa fremere d’invidia e di interesse non soltanto i chimici e i fissati con la storia della tecnologia.
Bottger, giovane alchimista dei primissimi anni del Settecento, sta cercando la pietra filosofale. Non è un disonesto, piuttosto un facilone entusiasta e troppo sicuro di sé, che con i suoi trucchetti solleva l’interesse avido di Augusto II di Sassonia. Il re lo imprigiona, usa ogni mezzo dalle lusinghe, alle promesse di fama, alle minacce per fargli trasmutare i metalli in oro e, dopo i prevedibili insuccessi, lo costringe a cercare la formula per produrre la leggendaria porcellana cinese. Leggerissima e fragile, tanto sottile da essere traslucida, riccamente decorata con smalti che resistono alla cottura, l’inimitabile porcellana orientale è la grande ossessione della nobiltà europea e centinaia di arcanisti sono impegnati nella ricerca e si spiano a vicenda. Bottger, isolato, depresso, arrogante e avventato, sempre ubriaco per reggere la tensione, è però un ottimo chimico e affronta il problema seguendo un protocollo rigoroso, di cui anche un ricercatore moderno potrebbe andare fiero. Prova decine di impasti, cambiando le proporzioni degli ingredienti, i tempi di cottura e di raffreddamento, la temperatura e la struttura dei forni, i tipi di pigmento e la loro reazione alla cottura… Con infinita pazienza e centinaia di prove, identificando un parametro alla volta. Altri continuano il suo lavoro: Horoldt, un pittore pieno di estro e una persona odiosa, intrigante e avida, ma soprattutto un chimico valente che mette a punto decine di splendidi pigmenti, e Kandler, uno scultore geniale che riesce a «scolpire»con la porcellana.
Ad assillare i protagonisti provvede Augusto II, appassionato di belle dame e di porcellane (i pezzi della sua sterminata collezione scampati al bombardamento di Dresda sono ospitati in un museo), sempre a corto di denaro ma anche capace di realizzare – con successo – in Sassonia la prima manifattura europea di porcellana «cinese». Intorno alle porcellane di Meissen nascono intrighi a non finire, veri e propri episodi di spionaggio industriale, perché dopo il lungo rodaggio la manifattura reale finalmente produce ricchezza.
Con il suo primo «romanzo»Gleeson ha rischiato un tonfo: i lunghi studi sulla composizione e la preparazione della porcellana, che sono il nocciolo della narrazione, avrebbero potuto facilmente annoiare i lettori non interessati ai dettagli di natura chimica, mentre delineare l’Europa del Settecento, alla vigilia di enormi cambiamenti economici e produttivi, e descrivere personaggi ingombranti come Augusto, Federico, Maria Teresa, è un compito che fa tremare anche i narratori più abili. Eppure se l’è cavata con onore, tanto che la lettura serale di Arcanum, da prospettiva non proprio entusiasmante si è trasformata in un appuntamento familiare, non gravoso, persino divertente.
Janet Gleeson
Arcanum: dalla pietra filosofale alla porcellana…
Rizzoli, 1998
Ediz. orig. 1998
pp. 265, € 14,46
trad. G. Lonza