
I Neandertal sono o no le nostre vittime? Il peccato originale del quale la nostra specie – gli Homo sapiens – si rese colpevole più o meno 50.000 anni fa? Il saggio di Condemi e Savatier propende per un’altra conclusione, avanzando l’ipotesi che in realtà i Neandertal si siano a suo tempo fusi con la nostra specie, come dimostrerebbe la percentuale compresa tra l’1 al 4% del nostro DNA proveniente dai Neandertal. Per giungere a queste conclusioni il saggio prende in esame tutte i dati attualmente disponibili su anatomia e fisiologia, la vita quotidiana, le abitudini, l’alimentazione e la cultura materiale e spirituale dei nostri fratelli.
Uno dei primi elementi presi in esame dagli autori è l’apparenza di un Neandertal:
(…) Se un neandertaliano vestito prendesse la metrolitana insieme a noi, non ci troveremmo poi molto di strano. Infatti le variazioni morfologiche presenti nella specie umana attuale, con i suoi sette miliardi di terrestri, sembrano sufficientemente ampie perché tutte le caratteristiche del corpo neandertaliano siano presenti sui corpi dei nostri contemporanei. In questo senso noi abbiamo già visto un neandertaliano… ma a pezzi!
Quindi si dedicano a ricostruire le variazioni morfologiche dei Neandertal, a cominciare dal cranio, (una testa a forma di pallone di rugby), gli zigomi sfuggenti, le arcate sopracciliari (unite a formare una protuberanza ossea estremamente solida), i grandi occhi e il naso prominente. Oltre a questo il caratteristico torace «a barile», le mani grandi, le braccia corte e forti e le gambe tozze.

Questa creatura, forse non troppo dissimile dall’inquilino del secondo piano o dal guidatore dell’auto proprio dietro di voi, dovette sopravvivere a tre periodi glaciali dell’Europa dell’epoca, intervallati da tre periodi interglaciali con climi più o meno caldi. Appare quindi logico che gli autori si pongano la domanda se la struttura fisica dei Neandertal sia una conseguenza della sopravvivenza in un clima freddo o freddissimo, sul modello degli Inuit.
Altre domande che vengono via via affrontate nel corso del saggio sono quali furono i progenitori dei Neandertal – Homo heidelbergensis, Homo antecessor –, quali i contemporanei (Homo di Denisova), se i Neandertal erano cacciatori o si limitavano all’opportunismo, sfruttando il lavoro di altri predatori, come si completava la loro dieta – utilizzando anche cereali, verdure, semi e altre verdure o frutti di mare – se l’antropofagia era una caratteristica di tipo sacrale, ovvero come parte di una cerimonia condotta in memoria di un defunto, o era la conseguenza di periodi di estrema carenza di disponibilità alimentare. Come si organizzava la loro vita sociale, come veniva trasmessa la tecnologia, se i Neandertal erano in grado di parlare (la recente scoperta di un osso ioide testimonia della possibilità da parte loro di emettere fonemi), com’erano le comunità neandertaliane e i possibili modi del primo incontro con i Sapiens, avvenuto 57.000 anni fa.
I due autori affrontano pazientemente questa lunga serie di interrogativi, riassumendo lo stato della ricerca sul tema e giungendo alla conclusione che i Neandertal – verosimilmente non più di 70.000 individui nell’Europa dell’epoca – si sono a suo tempo fusi con i Sapiens, essendo le due specie interfeconde. Questo genere di fusione è avvenuta grazie agli incontri tra i maschi sapiens e le femmine neandertal, non tanto per una sorta di gallismo della nostra specie, ma unicamente perché le femmine sapiens non potevano condurre a termine una gravidanza dovuta a un incontro con un Neandertal, dotato di un cromosoma Y capace di bloccare la gravidanza.

Condotto con una discreta verve, il saggio si legge con interesse e ha il grosso pregio di svecchiare le nostre nozioni sui Neandertal, spesso ferme alla visione che ne avevano antropologi e paleontologi come Julien Fraipont a fine ‘800 o Marcellin Boule all’inizio del ‘900, che così ne scrisse:
(…) è doveroso sottolineare che questo gruppo umano del Pleistocene medio, così primitivo dal punto di vista dei caratteri fisici, doveva anche (…) essere molto primitivo dal punto di vista intellettuale.
Un buon saggio, consigliabile a chi voglia approfondire il complicato tema dell’origine della nostra specie.
Silvana Condemi, François Savatier, Mio caro Neandertal, Trecentomila anni di storia dei nostri fratelli, Bollati Boringhieri 2018, (le Scienze 2019), pp. 215, ill., Trad. Susanna Bourlot, € 24,00
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