Gerhart Hauptmann
Il fantasma
(Sellerio)
2003
Una storia di fantasmi?
Non proprio, non esattamente.
Eppure un fantasma c’è, ma fantasma di una creatura vivente.Una bambina poco più che decenne, «creatura celestiale» poco più che intravista, della quale il protagonista, scrivano comunale di scarsi mezzi, zoppo e bruttino, si innamora al punto da diventare truffatore e complice di un omicidio.
Un romanzo curioso, che rappresenta con poche sbavature la Weltanshauung della Germania guglielmina, ossessionata dalla rispettabilità, terrorizzata dallo scandalo, ipocrita, grigia e benpensante. Accuratamente celata sotto la morale posticcia dell’epilogo – il protagonista, narratore in prima persona, che perdonato da una moglie comprensiva e da un suocero generoso rientra nella società civile – Hauptmann racconta l’ebbrezza insana della perdizione, della simulazione, dell’abbruttimento. Il piacere sedizioso della perdita di ogni decoro e rispettabilità, l’esaltante inferno del peccato che disprezza la modestia e il pudore.
Nell’omicidio dell’usuraia inevitabile il riferimento al Dostoevskij di Delitto e Castigo, anche se Hauptmann, autore più interessato alla complessità dei rapporti sociali e del costume che a quella della psiche, rivolge la sua attenzione ai codici di comportamento delle diverse classi sociali e alle ipocrisie condivise. Il fantasma si rivela così commedia di costume «nera» dove angoscia e sferzante ironia convivono per la gioia del lettore (Giulio Artusi)