Due romanzi che più lontani non si può, il primo scritto da un australiano di origine greca, il secondo finlandese, eppure ci sono elementi in comune che mi hanno fatto riflettere. Lo schiaffo di Christos Tsiolkas narra di un gruppo di amici nell’Australia di oggi, alternando i punti di vista dei personaggi nello svolgersi della vicenda. Tutto comincia a casa della coppia benestante formata da Hector, seconda generazione di immigrazione greca, e Aisha, nata in India. Durante un barbecue cui partecipano parenti e amici, Harry, cugino primo di Hector, dà uno schiaffo a un bambino insopportabile e pericoloso, scatenando la furia vendicatrice della madre Rosie, “australiana” come la definiscono gli altri, cioè anglosassone, e la riprovazione senza pietà di Aisha, amica di Rosie, e di Connie, adolescente collaboratrice di Aisha alla clinica veterinaria di cui è proprietaria. Ve la faccio breve sui complessi rapporti che intercorrono tra i molti personaggi, tutti intrecciati da amicizie, parentele, relazioni clandestine, desideri non espressi. Quello che all’autore preme sottolineare è la mescolanza multietnica dei presenti. Oltre ai greci, all’indiana, agli australiani, c’è un’ebrea di origine francese, un aborigeno sposato a un’australiana ed entrambi convertiti all’Islam, qua e là compare qualche mediorientale sparso, se mi ricordo bene cinesi e italiani sono assenti, ma insomma, Tsiolkas ci tiene che il lettore abbia sempre presente che l’Australia è grande ed etnicamente variegata. E integrata, anche se ognuno continua a sottolineare, parlando degli altri, origine, religione e caratteristiche etniche. Inoltre presenta anche una variegata diversità sessuale – tipi tutti casa e famiglia, masochismi e violenze varie, scopatori di minorenni, minorenni che scopano senza tante storie, tradimenti da una botta e via e amanti di lungo corso, e l’immancabile adolescente gay in cerca di un’identità sessuale. Tutti, indiscriminatamente, bevono come spugne e fanno uso frequente e abbondante di droghe. Hanno come valori i soldi, per comprare Suv, case con giardino e piscina per fare barbecue con gli amici, andare al pub, in vacanza a Bali, e per averli lavorano moltissimo, fin dalla prima giovinezza come i due ragazzini Connie e Richie che pur studiando regolarmente fanno anche due lavori per volta. L’altro valore che li muove è un feroce moralismo, che spinge tutti a giudicare, cercare vendetta, interferire pesantemente nelle vite degli altri provocando guai a non finire. Ognuno sa che cosa è bene per gli altri, e soprattutto che cosa è bene in assoluto. Quello che manca totalmente è l’ipocrisia, o in termini più clementi la capacità di distogliere gli occhi dall’intimità altrui. La regolare scansione di scene di sesso molto dettagliate è probabilmente una scelta dettata dalle regole del bestseller, ma si adatta alla perfezione all’imperativo di sbirciare nella camera da letto dei vicini. Dopo un po’, leggendo Lo schiaffo, manca il fiato: per la meschinità di personaggi e vicende, per la mancanza di un qualsiasi orizzonte un po’ più ampio di questa periferia residenziale, per la minuziosità con cui viene raccontato tutto, ma proprio tutto. Come un lungo, lunghissimo pettegolezzo tra persone limitate, può incuriosire all’inizio ma poi viene voglia di prendere una boccata d’aria. Il tutto è raccontato in maniera straordinariamente realistica ma piatta, in presa direttissima, senza nessun filtro narrativo. Non parliamo di stile per carità, ma neanche di un occhio del narratore in grado di interpretare, digerire un pochino la materia narrativa bruta prima di passarla al lettore. Neanche lo stratagemma dell’alternanza dei personaggi nei vari capitoli (in terza persona) riesce a differenziarli, l’impressione è che abbiano negli occhi una telecamera che riprende diverse situazioni ma le restituisce tali e quali. Insomma, confesso che ben presto questo tomazzo di 537 pagine mi ha annoiato. Amici noiosi che ti contano i fatti loro e tu aspetti che tirino il fiato per cambiare discorso. Senza che mai, neanche per sbaglio, nel loro sproloquio intervenga un filo di ironia o leggerezza.
Ma quello che mi ha fatto accostare questi due romanzi è il trionfo del pettegolezzo inteso come passione per ficcare il naso nei fatti altrui. Se i personaggi de Lo schiaffo hanno la scusante dell’amicizia o della parentela, Matti Virtanen, protagonista di Via della Trincea di Kari Hotakainen, spia ossessivamente i proprietari di case unifamiliari, che rappresentano l’oggetto del suo desiderio. Anche qui la vicenda è narrata in capitoli alterni con la voce dei vari personaggi, e ruota intorno a Matti, convinto che l’unico modo per riconquistare moglie e figlia sia comprare una casetta con giardino dove ricomporre la famiglia e vivere felici facendo il barbecue, anche loro. E anche qui all’origine di tutto c’è un atto di violenza, un pugno invece che uno schiaffo, dato da Matti alla moglie in un momento di esasperazione. Qui l’occhio del narratore c’è e si vede, la narrazione è ellittica, nervosa, sovreccitata, dolorosa e comica insieme, soprattutto grottesca, deformata. Matti è soprattutto pazzo: una pazzia umana che suscita empatia ma non si può proprio condividere. Spia, perseguita malcapitati che hanno l’unica colpa di essere agenti immobiliari o proprietari di case, minaccia, si riempie di illusioni, si dà da fare (come un matto, appunto), corre, e noi lo seguiamo con una certa fatica, stentando a interessarci alla sua ossessione. A sua volta è spiato da vicini di casa matti come lui, e altrettanto incapaci di appassionarci. Qui la società è monoliticamente finlandese, immigrati non se ne avvistano nella periferia di villette a schiera e casette con il giardino, la veranda, l’altalena e il melo, ma anche qui pare che il pettegolezzo sia un’attività importantissima, sia per chi lo pratica che per chi cerca affannosamente di difendere la propria piccola, egoista, asfittica oasi conquistata con fatica. Con mutui ventennali, sacrifici e rinunce.
intervista con Christos Tsolkias
psicologia dei segreti
stereotipi e pregiudizi
la natura del pregiudizio