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    Interzona

    A. Gilardi – Storia della fotografia pornografica

    • di Marco Email
    • Maggio 18, 2004 a 4:08 pm

    A. Gilardi
    Storia della fotografia pornografica

    Allora la storia della cultura materiale è condannata a non essere altro che una retorica della curiosità? Forse, ma non per questo essa apparirà meno necessaria, poiché presenta il vantaggio di introdurre l’uomo nella storia, per il tramite del vissuto nei suoi aspetti materiali.
    Jean-Marie Pesez

    Mi è capitato negli ultimi tempi, un po’ per caso un po’ perché necessario, di muovermi con i mezzi pubblici per la città, un’abitudine sconfitta in fretta una volta ottenuta la patente, e assieme al ritrovato piacere del movimento urbano disimpegnato e collettivo (quello automobilistico è totalitario e individualista, anche se pigramente comodo) ho scoperto il gusto di sfogliare un libro illustrato a bocconi e spicchi, meditando sulle riproduzioni grafiche e soffermandomi sulle didascalie tra una fermata e l’altra. Piacere, quest’ultimo, amplificato dal fatto che le riproduzioni in questione, oltre a essere rare, sono socialmente proibite e peccaminose e la fruizione d’esse in pubblici luoghi è quantomeno insolita.

    Ad allietare le mie passive peregrinazioni, e i morbosi sguardi dei miei casuali compagni di viaggio, è stato il libro di Ando Gilardi, Storia della fotografia pornografica (Bruno Mondadori, 2002) che in circa quattrocento pagine, copiose di fotografie, illustra e spiega «le ragioni per cui il graffito di un chiccone di grano con zampette [fa] più rumore della falce e martello», come l’autore stesso annuncia nell’introduzione. (Penso non sia necessario spiegare a voi scaltri lettori a quale parte dell’anatomia femminile allude l’espressione «chiccone di grano con zampette», ma per chi, meno scaltro, non l’avesse capito allude alla fica).

    Trattasi di un libro divertente e divertito, scritto con prosa barocca e fluida da una persona competente e seria capace di ironia leggera e saggezza profonda al contempo.
    Dopo aver sfogliato il volume numerose volte in viaggio, ho cominciato a leggerlo come leggo la saggistica (in poltrona con le zampe allungate, ascoltando musica), ormai saturo di statiche pose acrobatiche e oscene, e mi sono reso conto del valore storiografico dello scritto, inseribile a pieno titolo nella microstoria più moderna e innovativa.

    Borgesiani eroi fanno la storia della pornografia ed emergono dal libro di Gilardi, uno fra tutti Marta, prostituta di Via Bertola a Torino e amante, non per soldi, della fotografia. Questa donna pionieristicamente riproduce hard-core negli anni dieci del secolo passato e legge e studia testi di fotografia spagnoli che sua cugina Luisa (prostituta a Città del Messico) le procura per amore della medesima arte. I personaggi di questo calibro si susseguono e si accalcano nelle pagine di Gilardi a completare un discorso colto sulla pornografia, discorso accettato anche negli ambienti più raffinati purché non compaia l’immagine oscena, come rammenta l’autore che senza pudore alterna al suo discorso una vasta rassegna d’immagini che «offendono il pubblico pudore».

    Non voglio andare oltre nel resoconto di questo libro per non guastare il godimento della scoperta a chi ha già deciso di leggerlo ma voglio raccontare qualcosa in più sull’autore per stimolare chi di voi risiede ancora nella zona grigia.

    Ando Gilardi nasce in provincia d’Alessandria nel 1921 e nel 1945 comincia a occuparsi di fotografia per ricercare, restaurare e riprodurre immagini dei crimini nazifascisti al fine di fornire documentazione per i processi ai crimini di guerra.
    Persevera la sua passione lavorando per «l’Unità» e per i settimanali Vie Nuove e Lavoro, oltre a fondare la Fototeca Storica Nazionale e a impegnarsi negli studi sulla riproduzione e sulla rappresentazione dell’immagine, sia sotto gli aspetti ottico-meccanici sia sotto quelli storico-culturali.
    Successivamente accompagna Ernesto De Martino e Tullio Seppilli per supportare viaggi e ricerche etnografici con l’ausilio della fotografia. Dal 1962, oltre a continuare nella ricerca fotografica storica e documentaristica, si occupa di fotografia giornalistica e riproduzione dell’arte, partecipando alla realizzazione di opere enciclopediche come Universo e Le Muse, e collaborando con riviste del settore come Popular Photography Italiana, Photo 13, Phototeca, Storia Infame… e Index.
    Scrive numerosi libri, tra i quali Il Risorgimento italiano nella documentazione fotografica, Il colore nella fotografia, Storia sociale della fotografia e Fotografia: macchina per insegnare (tutti fuori catalogo).
    Dal 1977 al 1987 lavora al Centro Televisivo Universitario della Statale di Milano e nel 1979 fonda il gruppo Foto/gram (fondamentale per l’uso didattico della fotografia in Italia) e crea la Tri-camera Obscura (una macchina fotografica per l’insegnamento della fotografia).
    Negli anni successivi dirige la realizzazione di alcuni libri elettronici interattivi (i primi realizzati in Italia) e di alcuni CD-ROM sperimentali come Museum of Museums of Italian Renaissance Art e di La Gioconda di Lvov (mostra interattiva di immagini e testi relativi ai fatti dello Sterminio)
    Da alcuni anni è ritornato al suo paese d’origine dipingendo, scrivendo copioni teatrali e progettando giardini.

    Detto ciò, per chi ritiene che si tratti un libro poco interessante, scritto da una persona poco degna d’attenzione non conosco più argomentazione valida se non ricordare che

    questa Storia Infame in fondo è solo, la semplice fantasia di un ragazzo, un poco complicata per astuzia senile, del Chiccone di Grano con Zampette. Perché tutte le immagini pornografiche, tutte tutte, semplici o intrigate, mobili o fisse, analogiche o digitali, non sono che il contorno più o meno necessario, non della Fica reale (chissà se esiste) ma del suo Simbolo, e specialmente fotografico, che è davvero il migliore di tutti (Marco Email).

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