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    TerraNova

    Retrofuturo #2 – Tassonomia di un genere che non esiste

    • di Davide Mana
    • Aprile 27, 2013 a 4:19 pm
    Questo articolo è la puntata 2 di 3 puntate complessive della serie Retrofuturo: steampunk, steampulp e scientific romance
    • Retrofuturo: steampunk, steampulp e scientific romance – I padroni del vapore
    • Retrofuturo #2 – Tassonomia di un genere che non esiste
    • Retrofuturo #3 – Il padrone del mondo

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    Lo steampunk è un sottogenere del fantasy e della speculative fiction che divenne prominente negli anni Ottanta e nei primi Novanta. Il termine indica opere ambientate in un’epoca o in un mondo in cui la propulsione a vapore è ancora ampiamente utilizzata – di solito il XIX secolo e spesso l’Inghilterra vittoriana – ma con elementi evidenti o della fantascienza o del fantasy, come invenzioni tecnologiche fittizie simili a quelle che si trovano nelle opere di H. G. Wells… (da Wikipedia, edizione inglese)

    Narrativa nostalgica, quindi, che riprende temi e luoghi del penny dreadful (la narrativa sensazionalistica o popolare dell’epoca vittoriana) del dime-novel (la stampa ottocentesca americana avventurosa, spesso seriale) e in maniera più sottile il pulp (la narrativa popolare delle riviste fra le due guerre mondiali). Più in generale si potrebbe parlare di «retrofuturismo» (Retro-futurism): il futuro visto attraverso gli occhi del passato, utilizzato per etichettare opere (di qualsiasi genere) che riprendono temi ed estetiche che in passato vennero considerate futuribili. Lo steampunk, in base alla definizione qui sopra, potrebbe quindi essere un sottogenere del retrofuturismo.

    Il termine steampunk è tuttavia più popolare anche se, mentre l’etichetta è degli anni Ottanta (l’ha inventata lo scrittore J.K. Jeter), il genere esiste da decenni.
    The Difference Engine di Gibson e Sterling (1990) viene solitamente considerato il capostipite del genere, ma in realtà The Space Machine di Christopher Priest, uscito nel 1976, soddisfaceva già tutte le condizioni, così come, nel 1972, le soddisfaceva A Transatlantic Tunnel, Hurrah! di Harry Harrison. Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo assistito a due fenomeni interessanti – da una parte, la proliferazione di quello che in generale si può definire retrofuturismo, e dall’altra l’espansione di questo meta-genere a tutti i media. Cerchiamo allora di orientarci nella giungla delle terminologie.
    «Fantascienza vittoriana» (Victorian Science Fiction, abbreviata come VSF): è praticamente un sinonimo di steampunk, anche se potrebbe stare a indicare solo la fantascienza scritta o pubblicata in epoca vittoriana, in contrapposizione a narrativa ambientata retroattivamente nell’epoca vittoriana.
    H.G. Wells è il rappresentante fondamentale, ma anche M. Shiel e R. Kipling (con le storie dell’A.b.C.).

    «Gaslamp Fantasy»: la variante di steampunk proposta da Girl Genius, fumetto on line dell’illustratore americano Phil Foglio, con più spazio per corsetti attillati, effetti comico-farseschi e personaggi non umani. Non ambientata in una collocazione storica vittoriana reale, Girl Genius ha il suo tempo e il suo spazio. Più in generale, «Gaslamp Fantasy» potrebbe indicare quello steampunk che inserisce anche elementi sovrannaturali in una ambientazione vittoriana. In questo senso, Castle Falkenstein di Pondsmith (draghi, magia e macchine a vapore) è «gaslamp fantasy», Space: 1889 di Frank Chadwick (superscienza a vapore ed esplorazione spaziale) decisamente no.

    «Gaslight Romance»: termine proposto da Roz Kaveney e John Clute, per indicare una narrativa di ambientazione vittoriana, scritta in tempi moderni e con una sensibilità moderna, priva tanto di evidenti elementi fantascientifici quanto di solidi riferimenti storici. Anno Dracula di Kim Newman ricade in questa categoria.

    «Technofantasy»: qualsiasi opera in cui su un impianto strettamente fantasy si vanno a inserire elementi tecnologici, specie se retrò (altrimenti si parla di «Science Fantasy»). The Iron Dragon’s Daughter, di Michael Swanwick, è un esempio perfetto.

    «Steampulp»: forse il termine più adatto per rimpiazzare «steampunk», considerando che la desinenza in -punk porta una certa confusione, generando un’aspettativa per atteggiamenti di ribellione. Ottimo per indicare la variante più avventurosa ed escapista dello steampunk. The Amazing Screw-on Head di Mike Mignola (quello di Hellboy), una serie animata prima e poi un fumetto sulle avventure di un agente segreto a orologeria con corpi intercambiabili, al servizio di Abramo Lincoln è certamente un più che degno rappresentante di questa bistrattata e bislacca categoria.

    «Fantascienza da caminetto» (Fireside Science Fiction), dove gentiluomini e gentildonne vittoriani iniziano le proprie avventure attorno a un caminetto, con un brandy alla mano, per poi finire magari sulla Luna o oltre. Un’ovvia variante della club story, in cui i membri di un club si incontrano e uno di loro narra fatti insoliti, e la storia si svolge interamente fuori scena. Jorkens di Lord Dunsany è un esempio eccellente. In realtà definisce più un’atmosfera che un vero e proprio genere.

    «Neo-victoriania»: una variante di origine giapponese, nella quale si tenta di ricreare atmosfere o aspetti della vita vittoriana attraverso l’uso di strumenti moderni. Le Elegant Gothic Lolita – una delle molte tribù urbane in cui la gioventù giapponese pare frammentarsi – rappresentano una varietà di neo-victoriania, e rappresentano il punto in cui la neo-victoriania maggiormente si avvicina al gotico. Oltre a indicare lo steampunk nipponico (cose tipo Emma, sulle disavventure di una domestica vittoriana), il termine viene anche usato per indicare quelle storie in cui tecnologia a vapore e maniere vittoriane vengono adottate nel futuro più o meno prossimo; The Diamond Age di Neal Stephenson è un solido esempio, come pure l’eccellente Fitzpatrick’s War di Theodore Judson, autentico tour-de-force ambientato molti secoli nel futuro, in un mondo reduce da una catastrofe ambientale.

    «Wild/Weird West»: forse il termine classificativo più vecchio (risale agli anni Sessanta), focalizzato nello specifico sull’Ovest americano nel XIX secolo, in cui si incontrano cowboy e scienziati insieme con ragazze da saloon e ragni meccanici giganti. Il termine è ottimo e utilissimo, poiché il genere è in piena espansione.
    In particolare, «Wild West» si addice al western con innesti superscientifici, come Wild Wild West, (la serie, non il bruttissimo film), o lo sfortunato Le Avventure di Brisco County Jr., mentre «Weird West» sottintende anche elementi sovrannaturali e orrorifici, come nel caso di molte opere di Joe Lansdale, di Deadlands, il gioco di ruolo, o più semplicemente in certi lavori di sapore regionalista di Robert E. Howard.

    «Voyages Extraordinaire», dal titolo di una serie di romanzi di Jules Verne, in cui egli decise di esplorare le possibilità e le meraviglie della scienza attraverso dei racconti avventurosi. Quasi un sinonimo di «avventure vittoriane», con una tendenza al colossal e al francocentrismo, o per lo meno al non vedere l’epoca vittoriana attraverso un filtro britannico. Il sottobosco retrofuturista francese è attivo e variegato. Mathieu Gaborit ha scritto delle belle cose in questo senso (noi buttiamola lì, chissà che così Fanucci non ce le traduca), ed esiste una bella antologia steampunk pubblicata da Fleuve Noir (idem).

    «Scientific Romance»: il vecchio nome inglese della fantascienza, ormai fuori moda ma ancora usato per descrivere i lavori di Verne o un genere di fantascienza nostalgica ambientata in epoca più o meno vittoriana. Spesso definito proto-steampunk, il romanzo Warlord of the Air di Moorcock è un buon esempio di «Scientific Romance»: la finestra temporale non è strettissimamente vittoriana e per quanto avventurose, le vicende narrate hanno un ovvio contenuto satirico; e per quanto sui generis, la razionalizzazione di tutto il multiverso di Oswald Bastabble è più scientifica che sovrannaturale. Il termine «Scientific Romance» è comunque molto ampio: possiamo usarlo per rimpiazzare steampunk quando frequentiamo circoli intellettuali, o per indicare la fantascienza verniana. Certo l’ultimo lavoro di Jeffrey Barlough, Strange Cargo, si adatta bene alla definizione (mentre i due volumi precedenti della serie erano «fantascienza da caminetto»). Cose come

    «Raygun Gothic», termine coniato da William Gibson nel racconto The Gernsback Continuum, si usa per indicare il genere di architettura e ornamentazione «spaziale» o «futuribile» popolare fra gli anni Trenta e gli anni Sessanta e oggi relegato o al cassetto della nostalgia, o alla fantascienza di ambientazione post-vittoriana, con forti elementi decò e liberty. Il termine ha una forte connotazione visiva, e si esprime al meglio in cinema e fumetti. Sky Captain and the World of Tomorrow è un ottimo esempio di questo stile visuale. Alcuni elementi di Luther Arkwright hanno anche un che di Raygun Gothic, così come Giant Robot (con influenze cinesi).

    «Dieselpunk» si usa per indicare quelle storie, ambientate fra la Prima guerra mondiale e gli anni Cinquanta, in cui la superscienza si accompagna a paesaggi industriali e la tecnologia rimane fermamente legata al motore a scoppio (niente raggi della morte, insomma, sennò sarebbe Raygun Gothic). Il gioco Gear Krieg, in cui i Nazisti sviluppano dei rudimentali robot da combattimento è un esempio classico. Crimson Skies, in cui l’America balcanizzata degli anni Trenta è rifornita da dirigibili in balia di pericolosi pirati volanti potrebbe essere un altro esempio.
    Per i fumetti, Red Star (che incorpora elementi fantasy) o il fondamentale Cadillacs & Dinosaurs soddisfano i requisiti.

    «Clipperpunk»: ne parlammo a lungo in passato, insieme ad alcuni corrispondenti, con l’idea di farne un universo condiviso, ma poi nessuno ne fece niente. Superscienza e propulsione a vela, con una finestra temporale napoleonica. Hornblower virato alla fantascienza, un po’ come Set the Seas on Fire di Chris Roberson (il cui sequel, Paragea, è un «planetary romance»).
    Meglio ancora la serie Age of Unreason, di George Keyes, in cui un cast di personaggi tardo seicenteschi (inclusi Ben Franklin e Barbanera) si trovano ad affrontare un’invasione aliena. Il primo volume si intitola molto opportunamente Newton’s Cannon.

    «Retro-dirigibile»: ironica etichetta coniata all’origine per le storie di Oswald Bastabble scritte da Michael Moorcock; si potrebbe utilizzare per un sacco di cose, che vanno dal pre-steampunk al pulp conclamato. Il film Zeppelins vs Pterodactyls, progettato dalla Hammer e mai realizzato (fortunatamente?) sarebbe stato un esempio classico.
    Ma considerando la quasi ubiquità dei dirigibili, il termine rimane divertente ma impraticabile…

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