Aa.Vv.
Donne al futuro
Dario Flaccovio
€ 15,00
Un’antologia di racconti di fantascienza di autrici italiane è una novità assoluta, un lusus naturae al quale si stenta a credere, un evento straordinario come l’apparizione di una cometa con due code o la nascita di una pecora verde. In Italia sono rare le antologie di fantascienza e quasi estinte quelle di autori italiani. Finora un’antologia di autrici italiane era inconcepibile. Finora, perché adesso l’antologia esiste. L’ha stampata Dario Flaccovio, neo-editore di narrativa che sta facendo ottime cose sul versante del poliziesco italiano.
Donne al futuro non è affatto un libro smilzo e rachitico. È un volume di discrete dimensioni: oltre trecento pagine per nove racconti di altrettante autrici. Tra queste due «nomi» come Nicoletta Vallorani e Alda Teodorani, oltre a due conoscenze dei lettori di alia, Gloria Barberi e Milena Debenedetti.
Sinceramente deludente la presentazione. Una paginetta esilissima che non spende una parola sul fantastico e la fantascienza, sulla loro presenza nel panorama editoriale italiano, sul contributo femminile alla narrativa d’anticipazione e sul senso di questa letteratura agli inizi del terzo millennio. Si ha la sensazione che l’Emiliano Farinella che ha curato l’antologia non sia lo stesso Emiliano Farinella che ha scritto un’introduzione pigra e minimale. Si possono supporre motivi di paginazione o economie in fase di stampa. In fondo il lettore può fare a meno del paratesto ma non del testo e dovendo scegliere… Peccato, però. Sarebbe stata una buona occasione per una riflessione non banale sul ruolo femminile nella letteratura di genere.
Venendo ai testi, molto evidenti le differenze di ispirazione e gli esiti narrativi.
Se il racconto di Vallorani risulta stanco e affrettato e quello di Teodorani davvero banaluccio, molto efficace si rivela il testo di Mariangela Cerrino e decisamente stimolanti quelli di Milena Debenedetti, Gloria Barberi e Maria Grazia Carini Lipos. Incerto nel registro quello di Egle Rizzo e non particolarmente originale quello di Vernier. In quanto al racconto di Selene Verri lo si potrebbe definire un tentativo, ingegnoso ma fallimentare, di ibridare assurdo e sf.
È possibile provare a tracciare un vettore, una tendenza prevalente, una direzione di marcia da questa raccolta? Onestamente non credo.
La sensazione che l’antologia lascia nel suo insieme è di una raccolta nata e concepita come somma di nomi, senza particolari sforzi di selezionare racconti che potessero suggerire nuove vie del futuro. Può darsi che sia questo lo stato dell’arte della fantascienza al femminile italiana: poche o pochissime autrici e una tendenza al «narrare debole», troppo spesso ancorato a pochi punti di riferimento sempre uguali, nonostante che anni, temi e autori siano passati. O trapassati. Ma può darsi che non sia così e che la semplice somma di nomi più o meno noti non testimoni nulla di reale. Unica possibile controprova un secondo tentativo condotto a partire da un’ipotesi tutta da verificare: esiste una sf italiana al femminile in grado di percorrere strade inedite?
All’editore Flaccovio, audace sino all’incoscienza in questa occasione, non resta che chiedere un altro tentativo, per confermare il coraggio dimostrato.
la versione completa di questa recensione sul numero 34 di LN-LibriNuovi in uscita nel mese di giugno 2005