di Silvia Treves
Morte di una assassina, di Rupert Thomson – tradotto di recente per Einaudi ma scritto nel 2007 – ruota intorno a un caso di cronaca nera che segnò profondamente l’opinione pubblica inglese. Nel 1963, l’anno dei primo LP dei Beatles, Please Please Me, dell’assalto al treno Glasgow-Londra, dell’enciclica Pacem in Terris e della morte di Giovanni XXIII, dell’assassinio di J.F. Kennedy…cominciarono ad agire Ian Brady e Myra Hindley, i Moor murderers, gli assassini della brughiera. Due anni e cinque atroci omicidi di ragazzini dopo tutto era finito.
La scelta di Thomsono di rievocare, sia pure in un modo «assente» e ambiguo un’assassina che oggi definiremmo un’icona mediatica ha dei precedenti. Red Riding Quartet di David Peace sulla caccia allo squartatore dello Yorkshire, Border Crossing di Pat Barker (Labili confini) che, al di là della finzione letteraria si ispira profondamente al caso reale di Mary Bell; Il romanzo breve di Gordon Burn Alma Cogan, ispirato anch’esso al personaggio di Myra Hindley e i saggi di Peter Sutcliffe (Somebody’s Husband, Somebody’s Son) e di Fred e Rosemary West (Happy Like Murderers) sulla coppia Hindley-Brady.
Ma Morte di un’assassina è un romanzo ellittico, che prende il via da Hindley per approdare al centro profondo della nostra coscienza e oltre. Thomson, infatti, non ripercorre i passi degli assassini, non cerca di comprenderne o almeno di esplorarne le motivazioni, le cause, i nessi. Infatti non menziona mai il nome di lei, indicandola semplicemente come Lei, la donna e decide, intanto, di contenere la narrazione in 12 ore, la sera e la notte che l’agente di polizia Billy Tyler resta di guardia al cadavere di Hindley, appena morta (15 novembre 2002) in un ospedale per un attacco di cuore. Fuori, l’ospedale è circondato da persone indignate e rabbiose che non intendono sopportare che la presenza di lei (declinabile ormai soltanto al passato e ridotta ad un’assenza) possa contaminare le loro vite, perché – come gli ricorda sua moglie Sue – «non è sano entrare in contatto con una cosa del genere».
Rifiutando l’identificazione di Myra con «il Male», Billy inizialmente considera l’incarico una semplice occasione di lavoro straordinario e meglio pagato: «alla fin fine è solo un codice due nove, no?», dice il suo superiore. Si dispone quindi a trascorrere la serata e parte della notte lavorando a relazioni e verbali di casi appena conclusi. Sono vicende dolorose ma saldamente legate alla realtà ordinaria, eppure assumono un peso che trascende il dolore per sprofondare nelle contraddizioni della natura umana e nel significato del nostro posto nel mondo.
La mente di Billy oscilla tra il presente e il passato, la felicità dei primi anni trascorsi con la moglie,
Lei aveva alzato lo sguardo verso il cielo, e un sorriso di beatitudine le era sbocciato sul viso, come se stesse ripensando a qualcosa che era accaduto tanto tempo prima, durante l’infanzia.
le confidenze angoscianti di un vecchio compagno di scuola sulla sua fuga dalla tana di Hindley e Brady, la scoperta che Emma, la figlioletta tanto desiderata, è affetta da sindrome di Down… L’interesse, al limite dell’infatuazione, provato da ragazzo per Raymond Percival, un carismatico bastardo che viveva di pose e menzogne, l’odio gravato di disprezzo verso Newman, il suocero ricco, che non lo considera all’altezza di Sue e che sporca intenzionalmente tutto ciò che tocca… L’antica passione per Venetia, la ragazza strana e affascinante che, molti anni prima, gli aveva scaricato sulle spalle il proprio odio verso il padre per una (presunta) storia di abusi… I sussurri sul caso Hindley, scambiati dalle vicine di casa della nonna, incapaci di resistere ma timorose di essere udite da lui bambino…
E, al fondo della coscienza, mentre scribacchia relazioni o rievoca viaggi, trasferimenti, incontri, una cena al ristorante con la madre, le accuse velenose della moglie, l’amore un po’ disperato un po’ opprimente provato per Emma, c’è la presenza oscura di Lei, la donna appena morta.
E Lei non si nega e non si abbandona. Appare, risponde, sussurra, accende una sigaretta dietro l’altra, interlocutrice assurda e necessaria nel viaggio intrapreso da Billy, scompare, ritorna. Tra i due nasce una contorta intimità, basata sul sapere e sull’ignoranza: come nei sogni, entrambi sanno e ignorano dell’altro soltanto ciò che sa e ignora Billy… Lui chiede, tenendosi ben lontano dalla domanda impossibile: «perché». Si domandano a vicenda chi abbiano amato di più, entrambi negano ciò che all’altro pare evidente: Ian; Venetia e Percival. E il lettore si sforza di ricordare che tutto avviene nella mente di Billy.
Un gioco di specchi in cui per Billy è impossibile ricomporre l’immagine vera di Myra, com’è impossibile scorgere la propria. Lei rimarrà un’icona inafferrabile:
quello che hai compiuto era inimmaginabile ma tu hai costretto la gente a immaginarselo. Gliel’hai sbattuto in faccia, anche se cercavano di non guardare.
E Billy dalla notte insonne ha guadagnato più domande su di sé e nessuna risposta.
Scabra e lenta, la narrativa di Thomson è intessuta di differenti stili, influenze e intenzioni diverse: nero e gotico, allegoria e satira, un forte tocco di realismo e molti elementi surreali. Un romanzo che non è un pastiche ma una complessa costruzione onirica, tenuta insieme non dalla logica consapevole ma da un ritmo profondo e continuo che ingloba ed evoca sentimenti, paure profonde, malesseri e mistero. Thomson non è uno scrittore «impegnato», nel senso che non parla del qui e ora, però descrive con una attenzione scrupolosa e sottotraccia il mondo di Billy, la sua vita precedente, il suo malessere personale che si innesta su un malessere sociale più ampio e quasi inavvertito. La gente che circonda l’ospedale dove il corpo di Hindley è custodito ha indirizzato tutto il suo orrore e le sue paure per esorcizzare quello che percepisce come «il male», ma chi legge non può fare a meno di chiedersi quanti e quali altri motivi di malessere e paure ordinarie possa avere.
Rupert Thomson
Morte di un’assassina
Einaudi Stile Libero 2011, pp. 300, € 15,00
Trad. C. Palmieri
Ulteriori informazioni sul caso e sul libro qui:
http://www.guardian.co.uk/books/2007/mar/25/fiction.crimebooks
http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/books/reviews/death-of-a-murderer-by-rupert-thomson-442380.html
http://bostonreview.net/BR31.2/hynes.php
http://mostrodifirenze.forumup.it/about68-mostrodifirenze.html
The Smiths scrissero una canzone sui Moor Murderers, inserito nell’album The Smiths (1984), la musica è di Johnny Marr
http://www.worldofmorrissey.com/template.asp?id=119