L’agente Mollel della polizia di Nairobi – protagonista del primo romanzo poliziesco del giornalista e produttore inglese Richard Crompton – è un poliziotto che ama il suo lavoro e lo svolge con un impegno tanto onesto e tenace da mettere in secondo piano le regole. Proprio per questo, e per il suo passato doloroso (ha perso la moglie nell’attentato terroristico del 1998 all’ambasciata Usa di Nairobi), è stato rimosso dal suo incarico di ispettore e mandato letteralmente a dirigere il traffico. Mollel è un masai che ha superato il rito di passaggio per diventare Moran (guerriero) e ne porta il segno: gli i-maroro, i lunghi lobi forati ad anello, emblema di forza guerriera fra la sua gente e oggetto di scherno più o meno benevolo tra i colleghi.
L’autore ci presenta il suo protagonista pochi giorni prima del 27 dicembre 2007, fatidico giorno delle elezioni presidenziali. Mollel viene richiamato al dipartimento di investigazione per occuparsi dell’omicidio brutale di una prostituta. La ragazza era una masai, e questo motiva ulteriormente Mollel. Accompagnato da Kiunga, un collega di etnia kikuyu, egli scopre che nel caso sono coinvolte persone molto importanti: un potente faccendiere, un predicatore con grande seguito popolare e sua moglie, una ginecologa affermata. Nel corso delle indagini, che si allargano a vari strati sociali e gruppi etnici, i due poliziotti vengono a contatto con un informatore cieco, con ragazzi di strada e con l’ex membro di una gang criminale, ora assistente del predicatore. Ma soprattutto incontrano Honey, una masai amica e collega della vittima, che li accompagnerà nell’indagine. La ricerca del colpevole porterà gli investigatori e i lettori a vagare attraverso la gigantesca Nairobi, dalle periferie ai quartieri più ricchi e moderni. La trama, quindi, colloca il romanzo al crocevia di molti sottogeneri: il police procedural, il giallo sociale e il noir metropolitano nel quale la città stessa diventa coprotagonista.

Nairobi
All’indagine criminale si intreccia la particolarissima situazione del Paese, abitato da 50 milioni di abitanti divisi in una settantina di etnie appartenenti a quattro famiglie linguistiche; i kikuyu sono i più numerosi e potenti dal punto di vista politico. Abitano nel Paese anche minoranze arabe e indo-pachistane; gli europei operano nei settori industriale, commerciale, turistico e direttivo. Come Crompton ha messo in evidenza in una intervista recente, «Le singole tribù coesistono talvolta serenamente e talvolta sono in conflitto una con l’altra, e talvolta si soffermano sui rispettivi pregiudizi» La diffidenza e le esperienze negative accumulate in passato condizionano le relazioni fra i gruppi; nulla di strano, quindi, nel fatto che il momento delle elezioni presidenziali sia fonte di tensioni e timore fra le etnie. Mollel respira l’atmosfera di quei giorni, piena di paura e di rancori irrisolti, e ricorda la visione religiosa del suo popolo: Enkai, l’unico Dio, è un’ Entità duplice: Enkai narok, il dio nero e benevolo verso il suo popolo, e Enkai Nanyokie, il dio rosso, irato e ostile. Questa, pensa Mollel, è Esaa Enkai Nanyokie, l’ora del dio rosso, quando giunge la follia.
Il protagonista di Crompton è un personaggio complesso e non sempre accattivante: Considerato un eroe per aver salvato tante vite durante l’attentato all’ambasciata Usa, è dipendente da psicofarmaci e indifferente verso chiunque non sia il figlioletto Adam, a cominciare da se stesso; è un segugio inarrestabile e caparbio che talvolta non si rende conto di trascurare la famiglia o di mettere in pericolo gli amici. Il suo senso della giustizia è intenso ma astratto, tanto che – gli fa notare la suocera che spesso si occupa di Adam al posto suo – non sempre tiene conto delle priorità che deve avere un padre.
Uno dei pregi del romanzo è la potente descrizione di Nairobi, della sua natura multietnica potenzialmente conflittuale e delle forti contraddizioni fra i quartieri dei nuovi ricchi che la fanno somigliare a una metropoli occidentale e gli slum, le baraccopoli sterminate dove, povere e spesso sieropositive, sopravvivono quasi due milioni di persone.
– Sai – dice Honey, – cento anni fa questa città non esisteva neppure […] Guarda la strada qui sotto: secondo te, quante persone ci sono?
– Cinquecento, seicento? » calcola Mollel.
– E pensa che è soltanto una stradina secondaria. A Kitengela ce ne saranno venti, trenta, di strade così, e Kitengela è soltanto uno dei tanti distretti, Ci sono Mlorongo, Athi, South B, South C, Embakasi, Donholm, Pipeline, Industrial Area… e tutti hanno strade come questa, piene di gente. E stiamo parlando soltanto dei distretti di questa parte della città. Che cos’è un quartiere, un ottavo della città? […] E poi ci sono tutte le aree più ricche, Karen, Hardy, Lavington, Westlands, i distretti indiani e poi Somali-Town,Eastleigh. E non ho ancora nominato Mathare, Kibera, Kawangware, Dagoreti.
L’ora del dio rosso ha diversi limiti: come romanzo di genere funziona soltanto a tratti – prima si apre troppo, come un grosso ventaglio difficile da maneggiare, poi improvvisamente cade a imbuto precipitando verso una conclusione arzigogolata –; come romanzo mainstream è affollato di personaggi, in genere ben gestiti ma così numerosi da farsi ombra a vicenda. Ma, oltre a quelli già evidenziati ha un paio di pregi che lo rendono non solo meritevole di lettura, ma irrinunciabile.
Il primo è il coraggio di porre un interrogativo sul quale i cittadini di ogni Paese che speri nella democrazia dovrebbero riflettere: c’è qualcosa di più importante della giustizia? Otieno, il capo del dipartimento investigativo, cerca di spiegarlo a Mollel:
Mollel , tu sei nel paese sbagliato. Nel continente sbagliato. Non lo sai che qui c’è qualcosa che è più prezioso della giustizia? […] La pace … la giustizia è un lusso. La pace una necessità. Se vuoi la giustizia valla a cercare in qualche nazione del primo mondo […] a noi viene soltanto chiesto di mantenere la pace.
Il secondo pregio è ancora più importante. I giorni del Dio rosso del 2007 furono terribilmente cruenti; quando l’allora presidente uscente Mwai Kibaki, di etnia kikuyu, fu dichiarato vincitore contro il luo Raila Odinga, il Kenya si trovò sull’orlo di una vera guerra etnica; spiega l’autore nella prefazione:
Si ritiene che nell’ondata di violenze post-elettorali abbiano perso la vita tra gli ottocento e i millecinquecento keniani. Moltissimi altri [secondo alcune fonti almeno 400 mila] rimasero senza casa e privi di mezzi di sostentamento e conobbero il terrore e la miseria.
A romanzo finito, le parole di Crompton mi sono rimaste nella mente per giorni e quando il Kenya, con lo spettro degli scontri del 2007 ancora nella mente di tutti, ha affrontato le elezioni di agosto 2017 io mi sono informata ogni giorno sulla situazione, perché le sorti del paese mi stavano a cuore come se lo conoscessi in maniera più personale. L’elezione di Uhuru Kenyatta, figlio di Jomo Kenyatta, contro lo stesso Odinga ha dato esiti incerti, tra grandi tensioni e accuse di brogli da parte dei seguaci di Odinga. In seguito la Corte Suprema ha annullato le consultazioni dell’8 agosto per irregolarità e le nuove elezioni sono state fissate per il 17 ottobre. Il governo ha comunque dichiarato che la Commissione elettorale non si dimetterà, rigettando la richiesta di Odinga che ne riteneva i membri corrotti. La vicenda quindi non è ancora stata risolta.
Richard Crompton, L’ora del dio rosso, Giano, 2013, pp. 250, € 14,90, trad. Daria Restani
Idem, ed. in e-book, € 7,99
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